Le attività che stimolano l’esercizio mentale, come la soluzione di quesiti, l’elaborazione o la memorizzazione di nuove informazioni, sono oggi considerate fondamentali e terapeutiche, e non solo per gli anziani, cui esse forniscono una valida terapia per la lotta contro la demenza senile o l’alzheimer, riducendone l’insorgere, secondo gli ultimi studi, fino all’11%.
Efficace rimedio anche per colmare vuoti culturali nei giovani, le attività mentali ludiche per eccellenza sono i celeberrimi cruciverba e parole crociate varie che costituiscono, ufficialmente e universalmente, oltre che un divertimento, un modo per mantenere allenata la mente.
Tutto ciò, per introdurre l’inventore delle parole crociate che, orgogliosamente, e direi a nostra beata insaputa, è italiano; ma anche ammesso che qualcuno lo abbia mai saputo, certo è che lo abbiamo dimenticato. Le rivendicazioni nostrane in merito, inoltre, sono state abbastanza soft e anche molto dibattute, purtroppo a tutt’oggi tentennanti, anche se immeritatamente.
Vero è che il lombardo Giuseppe Airoldi (1861-1913) è il creatore delle universalmente famose parole crociate, divenute ormai passatempo di milioni di persone da oltre 100 anni, e palestra per la mente, palesata sotto forma di gioco. Ma è un’invenzione che a livello mondiale non gli è mai stata riconosciuta, essendo opinione comune che l’ideatore sia invece il giornalista inglese, naturalizzato americano, Arthur Wynne, che proprio l’anno della morte di Airoldi (1913), ossia 20 anni dopo di lui, pubblicò su un giornale un word-cross puzzle, divenuto poi cross-word puzzle per un errore di stampa.
Il suo successo fu immediato, ed è a tutt’oggi longevo. In realtà circa vent’anni prima Airoldi aveva già pubblicato uno schema di “parole incrociate”, denominandole esattamente in questo modo.
Il gioco, un quadrato di caselle quattro x quattro, con definizioni verticali e orizzontali, era in realtà un omaggio romantico alla sua città: verticali come le montagne di Lecco, orizzontali come il suo lago. Questo gioco enigmistico venne pubblicato nel 1890 su Il Secolo, all’epoca il quotidiano più diffuso d’Italia. Ma Airoldi, che era un impiegato del comune di Lecco, appassionato di musica e di enigmografia, collaborava come giornalista con Il Corriere della Sera, quindi per discrezione decise di pubblicare le sue parole crociate in modo anonimo.
Nel periodo successivo usò poi uno pseudonimo (Inno Minato Monza), pubblicando altri giochi e tralasciando quelli incrociati, sul cui successo confidava poco. Purtroppo, furono proprio la sfiducia nell’innovazione della sua invenzione e la sua scelta di mantenere l’anonimato a contribuire al suo oblio. Airoldi non volle mai firmare con il suo nome perché il giornale era in concorrenza con il Corriere della Sera, all’interno del quale egli redigeva la cronaca, e decise di dismettere le sue “parole incrociate” convinto che i lettori non gradissero un gioco così diverso dai consueti rebus e sciarade.
Sarà invece proprio questo errore di valutazione a favorire il successo dello schema di Wynne, oltre vent’anni più tardi, pur essendo esso in realtà estremamente simile a quello di Airoldi; consisteva infatti in un rombo centralmente vuoto, con caselle numerate, che ottenne nella mentalità americana un successo immediato, giungendo tempo dopo in Europa e poi in Italia, come moda e come import dagli USA.
Fino al 1959, quindi per più di 40 anni, il nome di Airoldi fu del tutto ignoto. Ma in quell’anno si svolse in Lombardia il VII Convegno Nazionale dei Cruciverba; l’enigmista Angelo Zappa, all’epoca direttore di una rivista di settore, riuscì a provare che la vera paternità delle parole crociate spettava ad Airoldi e non a Wynne, ritrovando e mostrando lo schema originale pubblicato dall’italiano nel 1890.
Negli anni 60 dello scorso secolo Airoldi ricadde comunque nel dimenticatoio, tranne che per pochissimi esperti, tra cui lo scrittore Giorgio Spreafico, autore, nel 2018, del libro L’uomo delle Parole Incrociate.
La breve notorietà dei primi anni del 1960 non ha purtroppo reso giustizia a Giuseppe Airoldi, che ancora non gode appieno del merito della sua invenzione, poiché le rivendicazioni italiane non furono accolte con la scusa che la griglia proposta dall’enigmista lombardo non prevedeva né caselle nere, né spazi tra le diverse parole.
Comunque, per fortuna, a godimento di tutti gli amanti dell’enigmistica, che non conosce razze né confini, che ha solo pregi e niente difetti, a qualunque latitudine e longitudine, negli anni venti dello scorso secolo il gioco ebbe una tale diffusione in Europa, che nel 1932 nacque in Italia la prima rivista specializzata, la Settimana Enigmistica, tutt’ora longeva ed ammirabile, che da quasi 100 anni coccola tutti gli italiani estimatori dell’arte dell’enigmografia.