Il conte Pietro Paolo Savorgnan di Brazzà, nato a Roma (1852-1902) ma figlio di nobili friulani, fu un grande esploratore italiano e poi, dal 1874, cittadino francese (col nome di Pierre Paul François Camille Savorgnan de Brazzà). Visse in epoca coloniale, in un momento storico di fattivo ed attivo interesse da parte di governi, pionieri e viaggiatori, per le esplorazioni e per le scoperte di zone poco note di Paesi lontani, non solo a scopi commerciali, ma anche cartografici e geografici – nonché storici. Almeno questa fu la versione ufficiale.
L’avventuroso conte, infischiandosi dei seri pericoli cui gli esploratori a quel tempo erano soggetti, fu sponsorizzato dalla Société de Géographie di Parigi e si dedicò all’esplorazione dell’Africa equatoriale (trascinandosi dietro le valigie realizzate, su disegno di Brazzà stesso, da tal Louis Vuitton); poi, nel 1880, perlustrò la riva destra del fiume Congo, permettendo così alla Francia di fondare le sue colonie.
Anche se in patria è stato pressoché dimenticato, come esploratore e come essere umano il nobile Savorgnan di Brazzà ottenne successo: stabilì ottimi rapporti con i capi del Basso Congo; ottenne, per la Francia, la proprietà di vasti territori (che attualmente corrispondono più o meno al Gabon ed al Congo); fu nominato commissario generale per l’Africa Equatoriale Francese, poi promosso a governatore del Congo. Quindi fu grazie al suo operato, non solo come pioniere, ma anche come politico, che la Francia riuscì a strutturare le basi della sua colonia in Africa.
Come governatore, Brazzà fu amato e stimato dalla popolazione del posto, in quanto rispettoso della cultura e delle genti colonizzate, al contrario di quanto, notoriamente, accadeva nelle altre colonie: “…imporre loro bruscamente i nostri modi di fare e di pensare… li condurrebbe all’annientamento”, ma nessuno lo ascoltò.
In molti sapevano delle paghe oneste da lui corrisposte e delle ottime condizioni di vita degli autoctoni, verso cui il conte Pietro Paolo era particolarmente accorto: lo chiamavano il “padre degli schiavi” perché li difendeva dallo sfruttamento, li ricomprava e li liberava; era un mago che li stupiva con i suoi strumenti per esplorare, ma che camminava a piedi nudi con loro nella giungla; evitò l’ attacco di una tribù senza sparare un colpo, offrendo solo doni; convinse 40 tribù a fare la pace, facendo loro seppellire le armi in una fossa e piantandovi sopra una palma. Tant’è, che la capitale della Repubblica del Congo si chiama Brazzaville, come il mausoleo ivi eretto, in suo onore.
Purtroppo come spesso accade nella Storia, e nella vita, fu proprio questo successo che suscitò odio nei suoi nemici, che non ebbero pace finché non riuscirono a diffamarlo, ad isolarlo, in quanto personaggio scomodo: fu accusato di eccesso di filantropia, di necrofilia, di mancata colonizzazione, di aver dilapidato i fondi e di essere un pessimo amministratore.
In realtà il conte Savorgnan di Brazzà fu veramente una figura singolare per l’epoca (ma anche per la nostra lo sarebbe…): non condivideva la violenza dei suoi colleghi esploratori e colonialisti nei confronti dei “colonizzati”, ne odiava lo sfruttamento, il depauperamento da esso causato, aborriva ogni tipo di brutalità; era ovviamente personaggio scomodo al potere di tendenza.
E fu così che, nel 1898, il buon Governatore venne destituito d’improvviso, mentre stava tornando in Francia. Egli sparì, indignato, trasferendosi ad Algeri e mettendo su famiglia. Nel 1901 tentò di presentare un rapporto, puntualmente sabotato, per denunciare gli orrori del colonialismo europeo, in risposta ad una pubblicazione che invece osannava l’attività francese nei suoi insediamenti africani.
Ma quando, nel 1903, i giornali francesi cominciarono a diffondere notizie su stragi e abusi in quel d’Africa, ipocritamente il governo parigino decise di rivolgersi proprio a Savorgnan di Brazzà, per affidargli in loco le indagini sullo scandalo. Egli accettò per amore della verità, anche se era ben conscio che si trattava solo di una facciata direzionale, che avrebbe solo alimentato l’astio nei suoi confronti.
Il conte redasse un report spietatamente veritiero, in cui denunciava soprattutto il fenomeno della schiavitù e l’esistenza di un campo di concentramento a Fort Crampel. Era il 1905. Pietro Paolo Savorgnan di Brazzà non arrivò vivo a Parigi. Morì poco più che cinquantenne durante il ritorno in Francia, forse per una malattia tropicale o forse per avvelenamento.
La famiglia declinò l’offerta ipocrita del governo di una sepoltura in pompa magna al Pantheon ed il conte fu inumato ad Algeri. Nel 1906 il Ministero delle Colonie fece sparire il report del grande esploratore, amato dai congolesi al punto tale da trasportarne le spoglie a Brazzaville, nel mausoleo a lui dedicato. Quasi una presa in giro del destino, nel 1940 Brazzaville fu scelta come capitale della Francia libera e come quartier generale da Charles de Gaul.