La massima sventura è la solitudine, tant’è vero che il supremo conforto − la religione − consiste nel trovare una compagnia che non falla, Dio. (Cesare Pavese “Il mestiere di vivere”)
Stiamo vivendo un brutto periodo in cui si cerca di evitare la partecipazione a qualsiasi tipo di comunità. Isolarsi in se stesso non è più solo una patologia psichica, ma quasi una prassi determinata da una serie di fattori che in Italia hanno influito nella vita sociale più che in altri paesi occidentali: al massimo ci si rifugia nella propria famiglia. Chiusa la porta di casa, si chiude il mondo dei rapporti sociali. Ma cosa ha determinato tutto ciò? In primis lo strano rapporto creatosi con la burocrazia della Pubblica Amministrazione. Un rapporto diritti/doveri completamente sbilanciato a favore dei burocrati e dove il cittadino conta poco e niente. Ma non solo: la delusione all’appartenenza ad un qualsiasi partito politico, ad un sindacato o movimento aggregativo, in pratica il disamore per la partecipazione a ogni attività comunitaria, anche religiosa. I parroci in genere si lamentano per la scarsa adesione, anche delle persone che frequentano assiduamente la Chiesa, alle attività che prevedono aggregazione, come le preghiere comuni, l’adorazione del SS. Sacramento, le conferenze, i gruppi operativi parrocchiali per l’assistenza ai bisognosi. Fanno eccezione solo “i movimenti”, affiliazioni tra persone molto legate a particolari principi e rapporti rassicuranti, quasi dei clan, o come dice papa Francesco delle élites. Il fedele normalmente crede di potersi salvare da solo. Non c’è dubbio che l’atteggiamento di isolamento ha contagiato tutte le attività del vivere sociale. E questo non è bene, né per la democrazia, né per l’essere cristiani. Una dimostrazione di questo tipo di atteggiamento si è avuta nel rifiuto di alcuni presidenti di Regione e sindaci ad accogliere i rifugiati politici che scappano dalle guerre per salvarsi la vita.
Alessandro Gassman ha lanciato recentemente un accorato appello per reagire al degrado di Roma e all’inefficienza dell’Amministrazione comunale: “Roma sono io. Armiamoci di scopa, raccoglitore e busta per la mondezza e ripuliamo ognuno il proprio angoletto della città“, non tutti hanno però accettato, anzi, le polemiche contro hanno subissato le buone intenzioni dell’attore. Dal fallimento di queste piccole iniziative, che richiedono un minimo di aggregazione sociale, si nota come il cittadino romano, ma più in generale l’italiano, sia restio a qualsiasi attività che
preveda una forma associativa. Siamo così nauseati dalla corruzione che impera ormai in qualsiasi forma di comunità, (alcuni amministratori pubblici sono riusciti a rubare anche le poche risorse destinate agli extracomunitari) che perdiamo la fiducia in ogni tipo di governo della cosa pubblica. Le democrazie più mature della nostra ci insegnano, invece, che le comunità sono quelle che operano e decidono per il bene comune dei cittadini, dai livelli più piccoli, i quartieri delle città, ai
Comuni, alle Regioni (Lander tedeschi, Cantoni svizzeri, Contee inglesi), allo Stato centrale.
A questo punto una domanda è d’obbligo “si riuscirà, in breve tempo, a ridare il giusto spazio alla collettività e a ridefinire il ruolo e la libertà individuale nell’ambito dell’impegno collettivo”? Zygmunt Bauman nel suo libro “La solitudine del cittadino globale” indica prioritario che la politica ritrovi il suo spazio. E questo lo individua nell’antica “agorà”, luogo privato e pubblico al tempo stesso. Qui l’uomo occidentale potrà tornare a interrogarsi, e le sofferenze private potranno essere finalmente pensate e vissute come problemi condivisi, comuni e politici. Non dico che in assoluto abbia ragione e che il suo pensiero teorico possa attuarsi sic et simpliciter, ma penso che dovrebbe essere un argomento da mettere all’ordine del giorno della politica in termini urgenti. Altro suggerimento per la politica è quello, a mio avviso, di togliersi di dosso lo stato di soggezione verso la burocrazia e, finalmente, avviare un serio programma di semplificazione della P.A. con l’uso di nuovi modelli di gestione e di governo della cosa pubblica. Speriamo che la legge delega di riforma della P.A. approvata definitivamente dal Senato apra la strada che porti infine ad un serio snellimento burocratico. Ultimo, solo in termini descrittivi, ma primo per importanza, combattere senza esclusione di colpi e tentennamenti la corruzione che oggi, come asserisce Alfonso Sabella, ex magistrato, è radicata nella burocrazia più che nella politica.
Per quanto riguarda questo capitolo in Italia si registra un qualche miglioramento che fa sperare che stiamo sulla buona strada, nell’ultimo anno l’Italia è migliorata ancora nella classifica di Transparency International, dopo il balzo di dieci posizioni dello scorso anno, secondo i dati dell’indice della percezione della corruzione 2022 diffusi il 31 gennaio 2023 siamo al 41° posto su una classifica di 180 paesi. Speriamo che si continui su questa strada.
Per confermare ancora meglio il titolo di quest’articolo aggiungo che sulla solitudine e la tendenza ad isolarsi è stato pubblicato nella rivista Scientific Reports il risultato di una ricerca condotta dal dipartimento di Psicologia dell’Università Sapienza di Roma in collaborazione con l’Università inglese di Bournemouth. Ecco cosa spiega la docente di Psicologia delle emozioni alla guida del gruppo di ricercatori: “Un alto livello di solitudine influenza la capacità di riconoscere e ricordare le persone non familiari che per la loro espressione sorridente inviano messaggi di apertura e quindi potrebbero essere importanti per instaurare nuove relazioni”. E aggiunge: “La solitudine è un’emozione, uno stato d’animo, anche doloroso, attiva infatti dei circuiti neuronali che producono un effetto a livello fisico, e deriva dalla valutazione dei propri contatti come soddisfacenti o meno”. Solo questo sarebbe necessario per evitare assolutamente la tendenza ad isolarsi.
Ed è subito sera di Salvatore Quasimodo
Ognuno sta sul cuor della terra,
trafitto da un raggio di sole:
ed è subito sera.
Parafrasi
Ognuno è fermo e immobile, solo, nell’illusione di essere il/al centro della terra, illuminato (ma anche ferito) da un raggio di sole: e all’improvviso sopraggiunge la sera (la morte inaspettata).
Commento
Una delle liriche più significative ed espressive di Quasimodo.
Tre soli versi liberi per esprimere, alcuni concetti chiave dell’esistenza e della condizione dell’uomo: la sua situazione di solitudine, la sua lotta per raggiungere una felicità fugace, il suo soccombere alla Morte.