Il 23 agosto 2004 con la legge n. 226 in Italia è stata messa la parola fine al servizio militare obbligatorio. Voglio subito dichiarare che per me è stata un’ottima cosa concedere ai giovani un anno e mezzo in più da dedicare all’impegno personale per organizzare la propria vita sociale e di lavoro, praticamente il loro futuro. Però non si deve dimenticare il beneficio che la leva obbligatoria ha portato in generale al Paese ed, in particolare ai giovani nel periodo in cui è stata in vigore. Proprio su questo argomento desidero proseguire l’articolo.
Certamente nella nascente Repubblica, la leva ha svolto una funzione importante nel promuovere la rottura dell’isolamento regionale, occasione di mobilità e di contaminazione dell’allora dominante uso dei dialetti con la lingua italiana. Praticamente ha contribuito a costituire l’unità d’Italia. Avendo provato personalmente per circa 18 mesi la vita militare posso scriverne con cognizione di causa.
Oltre all’aspetto positivo sopra descritto, a me sembra che il periodo della leva militare abbia insegnato ai giovani l’autocontrollo, la cura della propria persona e del proprio fisico, saper gestire il tempo, conoscere l’Italia per gli spostamenti imposti, imparare a vivere in una comunità e sapersi muovere in ambienti disciplinati.
Ma non solo, in un periodo in cui le famiglie erano completamente impegnate alla ricostruzione di un tessuto sociale economicamente migliore e quindi restava poco tempo da dedicare all’educazione dei figli, il servizio militare è intervenuto a coprire tale carenza.
Infine, credo che abbia insegnato ai giovani a capire quali siano i doveri di un cittadino nei confronti del Paese in un periodo di pace e anche a praticarli. Pensiamo al sostegno ai Servizi civili. A me ha fatto molto bene per affrontare i disagi iniziali del successivo periodo di lavoro.
Da tempo con il governo Meloni si è tornato a parlare della leva militare obbligatoria, ne parla soprattutto Matteo Salvini, a me sembra una boutade elettorale; i tempi sono completamente cambiati da quando era in vigore tale legge e i motivi positivi che la giustificavano non esistono più tranne alcuni che devono essere coperti però da altre strutture sociali come la scuola.
Purtroppo gli italiani sembra la pensino diversamente. A domandarlo agli italiani ci ha pensato IZI, società specializzata in indagini di mercato e demoscopiche. Ecco il dato che balza subito all’occhio: la maggioranza degli intervistati è favorevole a reintrodurre la leva militare obbligatoria.
Il 53,5% dice sì, il 46,5% è contrario. Comprensibile, ovviamente: i più anziani vedono di buon grado l’idea di dare ordine e disciplina ai più giovani, tanto non tocca a loro sottoporsi alla leva. Mentre i ragazzi farebbero volentieri a meno di un anno (infatti si parla di solo un anno) investito nell’esercito o nella Protezione civile.
Ho voluto cercare un contributo di tecnici esperti (psicologi e psicoterapeuti) per capire come la pensano sulla reintroduzione del servizio di leva obbligatorio, ne ho trovato due.
Eccoli: contraria all’obbligatorietà la psicoterapeuta Alessia Tombesi, che la vede più come una scelta facoltativa dei ragazzi. «Per certi versi potrebbe essere utile per svincolare i ragazzi da casa e porli in un contesto dove ci sono delle regole precise, specie in una fase storica in cui c’è una forte tendenza al lassismo. Tuttavia occorre un’accurata organizzazione e non è pensabile rendere la leva obbligatoria, non può essere imposta, deve essere una libera scelta dei ragazzi.
Fondamentale la presenza della figura dello psicologo sia nella fase di ingresso, tramite un’accurata diagnosi, sia durante tutto il periodo con un affiancamento periodico. In caso contrario si rischiano fenomeni come il nonnismo con conseguenti traumi e crolli psicologici. Importante la formazione psicologica anche per il personale militare che si troverà ad approcciare i ragazzi».
Contrario alla leva militare obbligatoria anche il dottor Mauro Mario Coppa, psicologo, psicoterapeuta e direttore dei Servizi Educativi della Lega del Filo d’Oro, che non vede di buon occhio quello che definisce «un ritorno al passato, poco in linea con i tempi» e che già in passato aveva fatto registrare fenomeni di «nonnismo ed altre situazioni critiche».
Meglio optare per il servizio civile, spiega, dal momento che «rende i ragazzi consapevoli dei bisogni della società nel campo della disabilità, dell’ecologia, delle scuole, delle istituzioni, senza trascurare il fatto che stimola l’empatia e che i ragazzi hanno un piccolo stipendio».
Altro argomento su cui soffermarci è quello della domanda sulla compatibilità del servizio militare con la fede cristiana. Mi avvarrò di ciò che ne pensano gli esperti. Un sacerdote, Padre Angelo Bellon – Teologia morale – Giustizia, la pensa così. Paolo VI, parlando all’ONU (4.10.1965), disse: “Se volete essere fratelli, lasciate cadere le armi dalle vostre mani. Non si può amare con le armi in pugno”. E poi soggiunse: “finché l’uomo rimane l’essere debole e volubile e anche cattivo, quale spesso si dimostra, le armi della difesa saranno necessarie, purtroppo.
Il servizio militare, che è come una sorta di esercito permanente, viene giustificato per due motivi: l’instabilità dei rapporti internazionali (per cui senza un sistema di difesa gli Stati più forti sarebbero tentati di ledere i diritti dei più deboli) e le possibili conflittualità, tensioni, disordini, sopraffazioni all’interno di un Paese.
Il fine del servizio militare mira dunque alla conservazione dello Stato e alla tutela del bene comune. Non è dunque una situazione ottimale, ma una dolorosa necessità”. Che il servizio militare obbligatorio sia ormai considerato superato come modo da praticare per garantire la sicurezza di un Paese democratico è dimostrato dal fatto che in Europa è attivo (al 15 maggio 2023) in soli otto Paesi: Danimarca, Estonia, Finlandia, Lituania, Svezia, Austria, Cipro e Grecia.
In Italia come siamo messi con la situazione giovanile? Non troppo bene e per questo il Servizio militare obbligatorio nei sondaggi è ritenuto positivo dalla maggioranza degli italiani. Si pensa che potrebbe contribuire a risolvere le carenze della formazione giovanile prima di affrontare il lavoro.
Penso questa sia un’analisi della situazione un po’ troppo superficiale: credere che la leva obbligatoria possa risolvere le carenze della famiglia, della scuola e di tutte le altre organizzazioni associative che dovrebbero lavorare meglio sui giovani per formarli alla vita.
In quest’ultimo gruppo ci metto pure la Chiesa in quanto le sue parrocchie non richiamano ed aggregano come dovrebbero con sport, spettacoli, musica ed altre fonti culturali i giovani che così si allontanano pure dalle cerimonie religiose.
A me sembra che le funzioni in questo periodo siano frequentate un po’ dagli adulti e soprattutto dai vecchi, quasi per niente dai giovani.