Ricordate il povero Bobbitt?
Spen(n)ato dalla moglie, per rimediar conforto entrò nel business a luci rosse, dopo il tentativo chirurgico di un ‘’alzati e….’’ fa il tuo lavoro. Più o meno moscio. I miracoli, si sa, hanno destinatari incerti e spesso inconsapevoli.
La causa del miracolo, invece è sempre certa: alle nozze di Canaan il vino era finito; gli amici di Maria erano in difficoltà ospitale. Potendo, senza mesmerismi o illusionismi Rol-liani, anziché far comparire un autentico-falso Reycend, morbido di pigmenti, contestualmente (o poco prima, poco importa) stesi su tela o tavoletta, solitamente di piccola/media dimensione per poterlo immediatamente alienare a prezzo conveniente al credulone spiritato di turno o al gallerista di piazza Solferino [checché ne dica la sensitiva Spedicato, medium adorante dello spiritista], potendo acconsentire alla richiesta della Madre, il Christòs agì. Nessuna biblica descrizione supera l’emozione poetica che Stefano Jacomuzzi insegnava al liceo San Giuseppe, a Torino: ‘’E l’acqua, davanti al Dio, arrossì’’.
Il “miracolo” è un evento ‘am-mir-evole’, che va contro le leggi (conosciute!) di natura. Si racconta che marinai in una bettola del porto di Newark raccontassero loro storie di eventi sovrannaturali che rafforzavano le loro superstizioni. Il francese si riteneva miracolato perché il maestrale che aveva spezzato l’albero di maestra, pregando il Dio cristiano, era subito cessato, salvandolo. Il cinese, salito sul tetto della casa per l’alluvione del Fiume giallo, pregando Ch’en Hsu, divinità dei Fiumi e Ynglong il drago alato divinità della pioggia, fece terminare temporale ed esondazione.
Il carovaniere Tuareg pregando Allah e coprendosi col caffetano si salvò dalla tempesta del ghibli, mentre i cammelli fuggivano dispersi nel Sahara…. ‘’Ma questi non sono miracoli’’, sospirò Aaron, cameriere a New York. ‘’Tutti questi sono eventi naturali che hanno un inizio ed una fine; la fine benevola è solo una coincidenza. Un miracolo va contro tutte le leggi naturali; a mè si, che è capitato un miracolo: era sabato, tornavo dalla Sinagoga. Giro l’angolo della Quinta Strada e inciampo in un portafoglio gonfio, pieno zeppo di bigliettoni verdi. Oh, my God! Noi ebrei ortodossi haredim, al sabato non possiamo toccare il denaro. Allora sapete che cosa ho fatto? Mi sono inginocchiato e ho pregato, ho pregato intensamente Javèh, e, ci credereste? Tutto intorno era sabato, ma lì sull’angolo del marciapiede era già domenica. Questo sì che è un miracolo!’’.
Uno degli autori assistette, con uno scomparso ma indimenticato amico, ad un ricevimento in Tunisi in onore di un cugino reale saudita del regno hashemita del Hijaz, affetto da cecità. Curioso, per noi blasfemi materialisti, non tanto l’eunuco a braccia conserte che impediva al volgo di rivolgersi alla bionda, bellissima, giovanissima, nuova ulteriore sposa del principe, quanto la sfilata di bicchieri con un dito (orizzontale) di Coca Cola, sul tavolo delle bevande. L’alcool è bevanda proibita: ma se il whisky va nella Coca Cola, quale dio può riconoscerlo? Miracolo.
Peraltro, il miracolo talora richiede decisioni brutali o conoscenze alchemiche sconosciute, come il solfuro ferroso che liquefa con scuotimenti o batteriologiche, come le colonie di Serratia marcescens che secernono prodigiosina, un pigmento rosso, talora ‘lacrimevole come sangue’.
Chiudiamo il cerchio: l’esplosione del petardo tra le gambe del giovane improvvido festaiolo, sprovveduto e sfortunato, con conseguente necessità di decisioni brutali, che danneggiano anche la fidanzata. Recita la stampa: ‘’I medici hanno capito subito la gravità esplosiva della situazione del ragazzo, a cui sono stati costretti a tagliare i genitali per salvargli la vita.’’
Il miracolo sarebbe un futuro da voce bianca nel coro della RAI.
Pier Enrico Gallenga e Massimo M. G. di Muzio