Abbiamo l’acqua alla gola, e speriamo sia acqua. C’è gente che non arriva alla metà del mese (ah, i bei tempi in cui si faticava a raggiungerne la fine…). La sanità pubblica è a pezzi. L’istruzione ha toccato il fondo…
Potremmo continuare l’inutile giaculatoria di luoghi comuni, ma è impossibile confrontarsi con ben più eloquenti calami come quello del Generale Vannacci, idolatrato dai più e prossimo a rappresentarci nel Parlamento Europeo.
A mutuare Ennio Flaiano, la situazione è grave, ma non è seria. Lo conferma l’incessante strombazzare di proclami che evocano le stridule voci che si levano dagli altoparlanti sul tettuccio del furgone e che avvisano chi è nei paraggi che “è arrivato l’arrotino…”.
L’audace crociata contro le “celebrità” dei social network identifica in maniera nitida la caratura dell’odierno management istituzionale e comprova la totale assenza di altri problemi erroneamente percepiti ogni giorno dai comuni cittadini. Se abbiamo il tempo di legiferare su chi sfrutta la propria fama su Internet per pubblicizzare prodotti o servizi nell’ambito della rispettiva serrata catechesi virtuale, è segno inconfondibile che non ci sono altre urgenze.
La cosa ci rassicura, anche se è legittimo domandarsi perché ci si ostini ad avere una percezione della quotidianità difforme da quella suggerita da chi governa il Paese.
Sia chiaro. E’ sacrosanto perseguire chi abusa della credulità pubblica, ma sorprende che il legislatore non si sia accorto che certe bricconate – compiute con artifizi e raggiri – siano già da tempo previste dal codice penale…
Indubbiamente in un momento di crisi, pardon, in una fase delicata della crescita dell’Italia il quisque de populo (prossimo a recarsi alle urne) saprà apprezzare il fatto che anche i VIP online non sfuggono all’inflessibilità che oggi è caposaldo ineludibile.
Sanzioni e pugno di ferro prendono il posto di un processo di educazione e sensibilizzazione da fare a scuola e forse anche in maniera più indiscriminata a vantaggio dell’intera collettività. Probabilmente sarebbe stato un errore spiegare ai connazionali la necessità di “farsi furbi”, smettendola di farsi abbindolare da chi ostenta ricchezza, indirizza a determinati consumi, regala sogni irrealizzabili, fa credere che una certa merce sia l’ascensore sociale o – come con i pandori – faccia sentire tutti “più buoni”…
I maligni si lasciano trascinare dai soliti cattivi pensieri. A loro dire, la ratio della norma di prossima applicazione è una sostanziale invidia. Raccontare cose “quasi vere” o “non proprio quelle” è un privilegio esclusivo di chi si candida in una qualunque consultazione nazionale o europea.
Gli “influencer” rappresentano una pericolosa concorrenza per la classe politica. La pubblicità ingannevole è cosa per pochi. Per pochi eletti.