Nel periodo del dilagare delle fake news, l’autore – uno storico medioevalista – ci richiama alla memoria quanto i falsi siano sempre esistiti. Ora sono velocissimi, diffusissimi, difficilmente controllabili ma non sono elementi nuovi.
I fatti accadono ma le interpretazioni ed i racconti li mutano. Ciò avviene in tutti i campi: arte, letteratura, cinematografia, fotografia ed altro. Si pensi ai video originali manipolati dai deepfakers, i montaggi di immagini, di video, di voci ed altro.
L’autore cita, quali esempi, tra i tanti falsi storici: la “Donazione di Costantino” (che tanto ha mutato il percorso della storia), l’incendio del Louvre nel maggio 1871, gli “Angeli di Mons” nell’agosto 1914 (gli Angeli, secondo la credenza diffusa, avevano reso invisibili alle truppe tedesche il Corpo di spedizioni britannico in ritirata), il “Trattato dei tre Impostori” (Mosè, Gesù e Maometto), il “Protocolli dei Savi di Sion” (creato dall’Ochrana, la polizia segreta zarista per diffondere l’odio verso gli ebrei nell’Impero russo; il falso documento ebbe un impatto notevole in alcune politiche antisemite), i diari di Hitler e di Mussolini. L’elenco sarebbe lunghissimo.
Poi vi sono le interpolazioni, come la scintilla che fece scattare la guerra, nel 1870, tra Prussia e Francia. Si pensi alle modifiche dei testi storici che, con abili manipolazioni, trasformano la realtà del passato.
I falsi, talvolta, sono stati esigenze del presente per ricostruire un passato “utile” alle scelte contemporanee. Si inquinano (o si creano ad arte) le fonti remote per modificare dal presente il passato. Il Medio Evo fu particolarmente prolifico di falsi; è stato una culla della creazione dei falsi per ricostruire la storia per mancanza di fonti documentali.
Viene definita “Pia fraus” (pia frode) quando in mancanza di documenti storici li si costruiscono. Vi sono, inoltre, le teorie complottiste che confutano la realtà. A volte si rifiutano tempi, luoghi e lo stesso metodo scientifico di calcolo dando origine a vere e proprie fake con negazione di interi periodi e post datazioni addirittura di secoli. In taluni casi vengono inventate le tradizioni o, peggio, taluni processi identitari. In altri casi le tradizioni ed i processi identitari vengono “rimodellati” per giustificare il presente.
“La storia diviene mezzo non di verificazione, ma di costruzione della realtà, sulla falsariga di quanto l’agenda politica richiede.” Ci si avvale anche della disinformazione che non è mai pura invenzione ma l’inserimento di falsità in un racconto coerente o ben costruito. Filone conduttore ed anima del libro è l’approccio storiografico, ovvero la non liceità dell’invenzione nella narrazione storica.
Occorre un filtro delle fonti poiché i fatti debbono essere filtrati da chi li scrive e poi dallo storico che se ne serve.
La fonte è il solo strumento in grado di porre in relazione un periodo antecedente che si studia nel presente. Anche la memoria è fonte della storia mentre la biografia corre su un sottile crinale tra storiografia e letteratura. Il metodo storico, oltre che scientifico, deve essere anche etico; nessun dialogo può esistere tra storici e negazionisti.
La libertà di parola non rende autorevole chiunque voglia parlare di un determinato argomento, così come un chirurgo non costruisce un ponte. “Lo storico è il passeggero di una nave, che legge nell’acqua i segni del viaggio.
Davanti a sé vede il mare intatto: la nave avanza scegliendo la rotta, potendo modificarla di continuo. Questo è il futuro, aperto alle possibilità. Dietro, lo storico vede la scia lasciata dalla nave. Questo è il passato. Uno solo, immodificabile.
Lo storico studia la scia – è questo il suo mestiere -, sapendo che prima di prodursi essa avrebbe potuto assumere altre forme, in altre direzioni.”