Questo testo prende in esame le numerose componenti che concorrono alla definizione di una “identità italiana”. L’autore parte dalla peculiare posizione geografica del Paese; da ovest ad est si estende dalle Alpi al tacco dello stivale e da nord a sud dalla Vetta d’Italia a Lampedusa, che è circa a metà della Tunisia.
Una tale collocazione implica differenze molto marcate di clima, colture agricole e, ovviamente, di culture poiché gli eventi storici hanno portato gli abitanti a contatto con numerose civiltà sin dalla preistoria. La centralità mediterranea ha avuto proiezioni diverse (adriatica verso oriente e tirrenica verso occidente). La dorsale appenninica ha rappresentato una cesura (ancora segna le difficoltà nei trasporti) tra Adriatico e Tirreno.
Tutti questi fattori hanno contribuito a forme di sviluppo diseguali nei secoli (almeno dal 7-800 a.C.), anche in funzione di invasioni perpetrate da popoli e civiltà totalmente diversi tra loro. Tra gli aspetti di maggior rilievo culturale e politico non si possono non declinare i fondamentali influssi latino e cristiano, ambedue aventi come epicentro Roma.
La sovrapposizione della civiltà romana e del cattolicesimo ha avuto un ruolo unico e decisivo. Si sviluppano attività intellettuali e legislative che si muovono in parallelo creando le fondamenta della cultura (letteratura, filosofia, arte, architettura e molte altre discipline) e del diritto. Lo stesso sviluppo urbanistico italiano affonda, in misura consistente, all’epoca romana. Le radici della nostra lingua si originano in quelle utilizzate dalla Chiesa e nel campo del diritto. L’impiego di una lingua dotta allontanò il popolo dal potere ed alimentò la necessità di rivolgersi ad avvocati e giureconsulti (ricordiamo le pagine manzoniane di Azzeccagarbugli).
Si inserisce poi il potere del Cattolicesimo con la rete di chiese e monasteri, con il suo dominio spirituale e temporale, stabilendo un rapporto profondo ed organico con il popolo.
Di estremo interesse è la parte dedicata alla formazione dell’Italia unita. Due Regni, uno Stato Pontificio, il freno di alcuni Stati esteri ed il contributo di altri per il compimento dell’unità. Le grandi differenze dei tanti “campanili” (derivanti dall’età comunale), di un nord e di un sud, la cesura tra Stato nazionale e identità del passato sono un coacervo di aspetti a tratti confliggenti. Anche la lingua risente delle diversità territoriali. Il nord ed il sud si pongono in maniera molto diversa rispetto al potere della Capitale.
L’individuo e la famiglia sono al centro dell’organizzazione sociale ed economica italiana, mentre la politica è disprezzata e considerata un mezzo per l’arricchimento (venale), una scalata verso le oligarchie che si cementano nel trasformismo.
L’amalgama dello Stato ha sempre trovato ostacoli nei particolarismi di ogni tipo che hanno generato una non fiducia nelle Istituzioni.
L’autore fa chiaramente comprendere le ragioni storiche della distanza tra cittadino e Stato; cittadino che non si sente elemento dello Stato. Da ciò derivano i tanti giudizi poco lusinghieri sullo Stato e l’Italia, nonché la mancanza di senso civico.
Lo Stato rimane distante e calato dall’alto per la propensione dei cittadini ad accomunarsi in “gruppi”. In sintesi la mancanza di una cultura dello Stato, anche privo di élite amministrative. Le sfere della politica da una parte e dello Stato e delle Istituzioni dall’altra sono sempre state lontane. Non si è colmato il vuoto storico di statualità e civismo prodottosi nei secoli, fattori che ben illustra e motiva l’autore.
Un testo fondamentale per comprendere le tante (troppe?) diversità e contraddizioni che caratterizzano e penalizzano un’Italia ancora campanilistica, con uno sviluppo economico, politico e culturale diseguale che Galli della Loggia spiega con dovizia di particolari ed acuti approfondimenti