I non più giovani forse ricordano che l’11 febbraio era vacanza nelle scuole per la ricorrenza dei Patti Lateranensi. I Patti Lateranensi vennero firmati l’11 febbraio 1929 tra lo Stato Italiano e lo Stato Vaticano. Vennero apposte le firme da Benito Mussolini, Presidente del Consiglio del Regno d’Italia, e dal Cardinale Pietro Gasparri, Segretario di Stato vaticano. Divennero esecutivi con la Legge n. 810/1929.
Il Trattato aveva quattro allegati: territorio dello Stato della Città del Vaticano, immobili con privilegio di extraterritorialità e con esenzione da espropriazioni e da tributi, immobili esenti da espropriazioni e da tributi, convenzione finanziaria. In sostanza erano composti da un Trattato e da un Concordato che dettero vita allo Stato Città del Vaticano nella forma tutt’ora in essere e regolamentavano i rapporti tra lo Stato della Chiesa e quello italiano.
La Chiesa cattolica riconosceva lo Stato italiano, ponendo fine alla così detta “questione romana”, abbandonando ogni pretesa giuridica sul territorio della città di Roma. Il Trattato definiva i rapporti sul piano del diritto internazionale (vi erano anche disposizioni di carattere concordatario) ed il Concordato disciplinava i rapporti tra il Regno d’Italia e lo Stato vaticano.
Tra le varie clausole la “religione cattolica, apostolica e romana” veniva confermata come la religione di Stato; confermata in quanto era già contenuta nell’articolo 1 dello Statuto Albertino del 4 marzo 1848. Costituzione ottriata del Regno di Sardegna, poi divenuta Costituzione del Regno d’Italia sino alla promulgazione di quella della Repubblica italiana (2 giugno 1946).
I Patti Lateranensi andavano a sostituire la così detta Legge delle Guarentigie (13 maggio 1878 n. 214) che aveva regolamentato i rapporti tra Stato sabaudo e Chiesa, riconoscendo alcune prerogative al Pontefice, palazzi e territori benché non vi fossero rapporti bilaterali tra i due Stati.
Sempre con detti Patti la persona del Papa venne dichiarata “sacra e inviolabile”. Al patrimonio immobiliare della Santa Sede furono concesse esenzioni, soprattutto di natura fiscale, e liquidate tutte le pendenze economiche, non ancora chiuse, ancora essere tra i due Stati. Di fatto il Regno d’Italia versò considerevoli somme, in titoli e denaro, a titolo di indennizzo dei danni subiti dalla Santa Sede con l’annessione allo Stato sabaudo ed alla liquidazione di gran parte dell’asse ecclesiastico.
Il Concordato, inoltre, assicurava alla Chiesa la libertà nell’esercizio del potere spirituale, garantendo alcuni privilegi agli ecclesiastici (tra cui l’esonero dalla leva militare ed uno speciale trattamento penale), riconosceva gli effetti civili del matrimonio religioso e delle sentenze di nullità dei Tribunali ecclesiastici (Tribunale della Rota Romana o della Sacra Rota). Veniva, inoltre, garantito l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali e l’assistenza spirituale alle Forze Armate e negli ospedali.
La conciliazione tra la Chiesa cattolica e lo Stato italiano è stata accolta dalla Costituzione repubblicana la quale, all’art. 7, sancisce: “Lo Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine, indipendenti e sovrani. I loro rapporti sono regolati dai Patti Lateranensi. Le modificazioni dei Patti, accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale”.
Difatti, il 18 febbraio 1984, dopo lunghe e non facili trattative, il Segretario di Stato vaticano, Cardinale Agostino Casaroli, ed il Presidente del Consiglio, On. Bettino Craxi, siglarono a Villa Madama un accordo per la revisione di alcuni aspetti del Concordato (non del Trattato).
Da quel momento il clero cattolico viene finanziato attraverso il meccanismo dell’8 per mille e la nomina dei Vescovi non ha più bisogno dell’approvazione del Governo italiano. Altre clausole riguardano il matrimonio, le sentenze di nullità della Sacra Rota e l’ora di religione nelle scuole che da obbligatoria è divenuta facoltativa.