Grazie ad Hamas e all’onnipresente – in termini temporali – antisemitismo, dall’8 ottobre la guerra di Volodimir, che poi costituisce solo “operazione militare speciale” per Putin, è pressoché sparita dai radar dei media, con la controffensiva annunciata da mesi e trascinata per mesi.
Che poi le controffensive non vanno annunciate, né trascinate.
Fecero tanto per insegnarcelo i generali tedeschi con la “blitzkrieg”, e il vietnamita del nord Vo Nguyen Giap negli anni ’60 del secolo scorso, sfottendo i nostri alleati d’oltreatlantico che con i giornali che parlavano di tutto rendevano inutile lo spionaggio, ma evidentemente “l’ignoranzità è una brutta bestia, ma l’alfabetismo è più brutto assai”.
E del resto impelagandosi fra Afghanistan e Iraq in contemporanea, ovvero su due fronti, i nostri cowboys – che pure amo e cui son riconoscente per la libertà che ci hanno regalato 80 anni fa – avevano già dimostrato di non aver capito ciò che non va fatto, nonostante il duplice fallimento delle Germanie giuglielmina e hitleriana, ostinatesi a combattere a est e a ovest.
A volte, mi chiedo, chissà che non avessero manco loro compreso che Napoleone – che pure fu un grande – la sua fesseria la compì quando, col teatro iberico ancora in crisi, nel 1812 decise di spezzarsi le reni in Russia. La storia non pretende d’insegnare, a chi non la vuole studiare.
Bene. Ora l’orizzonte si tinge di tinte fosche per Volodimir.
Se Trump dovesse essere rieletto – i Democratici stars & stripes forse dovrebbero trovarsi un leader affidabile e fisicamente resistente – addio aiuti all’Ucraina. E farà un passo indietro – credo – anche la Gran Bretagna, che per ora è quella che sostiene di più, senza far parte dell’Europa.
E l’Unione Europea seguirà a ruota, a meno che non voglia cedere ciò che le è rimasto negli arsenali, già di per sé poveri perché tutto è più importante della difesa nella piccola penisola del grande continente afro-euro-asiatico, e salassati magistralmente per far resistere qualche mese in più l’Ucraina.
E Putin porterà a casa il risultato, perché se perde per lui è la fine, così accade nei paesi totalitari. E con le riserve di armi, uomini e risorse che ha non può perdere, era solo questione di tempo.
Zelensky cederà perché altro non potrà fare, lasciando Crimea e un altro pezzo di Donbas.
Ritengo comunque abbia fatto bene a resistere, accettando supinamente l’invasione e fuggendo avrebbe riportato il suo Paese a un regime comunista fantoccio, poco da discutere. Quando Stalin fagocitò gli stati-cuscinetto creati alla fine della Grande Guerra e parte dei Balcani, mise in piedi governi totalitari fantoccio e occorsero circa 50 anni per restituire loro la democrazia. Cedendo un pezzo di Ucraina Zelensky può sempre coltivare un sogno di riscossa, a mutate condizioni geo-strategiche, con tempi ridotti.
Cullare, ho detto, non realizzare. E del resto un popolo si può anche accontentare di un sogno.
E noi europei? Beh, smetteremo di parlare di difesa comune, tanto la pace sarà tornata, ci batteremo le mani – autoreferenziali anzichenò – per aver promosso il dialogo di pace, e attenderemo la prossima puntata, purché non coincida, per noi italici, con la serata finale di Sanremo.
Chiaramente con 10.000 riservisti – non abbiamo evidentemente memoria delle cifre delle perdite in Ucraina – non temiamo nulla.