Nel libro Omero, Iliade (Feltrinelli, 2004) lo scrittore Alessandro Baricco ha riletto e adattato ai fini teatrali il poema omerico che narra l’assedio e la caduta di Troia (Ilio dal nome del fondatore) ad opera degli Achei. La guerra, durata dieci anni, secondo la leggenda, ebbe origine dal rapimento di Elena, moglie di Menelao re di Sparta, da parte di Paride, figlio di Priamo re di Troia.
Baricco spiega che l’opera, così com’era, avrebbe richiesto una quarantina di ore per essere rappresentata, sempreché ci fosse, da qualche parte del mondo, un pubblico così paziente. L’ha quindi rielaborata estraendo ventuno monologhi, corrispondenti a venti personaggi, che si muovono sui campi di battaglia, nei palazzi e dentro le mura di Troia durante l’assedio, e un Fiume che scorre da quelle parti.
Baricco ha eliminato gli interventi degli Dei, molto presenti nell’Iliade per indirizzare gli eventi e l’esito della guerra. Li ha tolti per lasciare gli uomini al proprio destino nonché per collocare quegli eventi millenari nella contemporaneità, secondo i precetti di Gyorgy Lukacs: il romanzo è l’epopea del mondo disertato dagli dei (Teoria del romanzo, Berlino, 1920).
Per creare un maggiore coinvolgimento del pubblico, i personaggi narrano “in soggettiva”, cioè sostituendosi al narratore omerico, i diversi temi dell’opera: la vendetta, il rispetto per la morte e per il nemico, la pietas, la vicinanza uomo-divinità e la guerra, descritta come desiderio, destino, fascinazione, condanna.
Che la guerra sia condanna emerge dalle parole di Nestore (il più vecchio e saggio dei comandanti achei) che racconta di aver visto Ettore (eroe troiano) uscire dalle porte Scee di Troia e, fermato l’esercito troiano, gridare: “Ascoltatemi, Troiani, e voi, Achei, vi dirò quello che ho nel cuore. Gli Dei ci illudono con le loro promesse ma poi non fanno che condannarci a sofferenze e sventure, e così andrà avanti fino a che Troia vincerà o sarà presa”.
Che la guerra sia morte lo racconta persino il Fiume (lo Scamandro o Xanto): “Avevo visto anni di guerra, perché un fiume non corre cieco in mezzo agli uomini. E per anni avevo udito lamenti, perché un fiume non corre sordo, dove gli uomini muoiono”.
Nell’Odissea, l’altro massimo poema della letteratura greca, Omero narra che un aedo canta come il divino Ulisse (eroe acheo) s’inventò la trappola del Cavallo di legno che segnò la fine di quella guerra infinita, che durava ormai da dieci anni. Ulisse, per convincere i Principi Achei, disse loro: “Amici, voi continuate ad avere fiducia nelle vostre armi, e nel vostro coraggio. Ma intanto invecchiamo qui, senza gloria, consumandoci in una guerra senza fine. Credetemi, sarà con l’intelligenza, e non con la forza, che noi prenderemo Troia”.
I Principi lo ascoltarono e Troia fu presa. Ma lo ascoltarono anche divinità avverse che, prima di fargli rivedere Itaca, lo fecero vagare nel Mediterraneo altri dieci anni.
Dieci anni è durata la guerra di Troia, dieci anni il viaggio di ritorno di Ulisse e alla possibilità di un “confronto decennale con la Russia” deve prepararsi l’Alleanza atlantica, secondo il Segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg che, nel corso dell’intervista rilasciata a un quotidiano tedesco (Welt am Sonntag, secondo la Redazione ANSA, Berlino, 10 febbraio 2024, ore 15:54), dopo aver premesso che “la NATO non vuole una guerra con la Russia”, ha invitato i Paesi membri a espandere più rapidamente l’industria della difesa, “passando da ritmi lenti da tempo di pace a ritmi di produzione veloci da conflitto”.
Cassandra, figlia di Priamo Re di Troia, “a cui – secondo Baricco – gli Dei avevano inflitto la fortuna di leggere il futuro e la pena di non essere mai creduta”, alla vista del Cavallo, urlò “Miserabili, cos’è questo cavallo di sventura che spingete come dei pazzi? Voi state correndo verso la vostra notte più profonda… Padre, Madre, io vi supplico, tornate in voi, e allontanate l’orrore da tutti noi”.
Ma nessuno volle ascoltarla, “finché non diverrà necessario”.