Nell’articolo di questa testata del 24 gennaio scorso dal titolo “Un brutto sogno”, tra le altre funeste previsioni, si scrisse: “La stampa e la televisione sono libere di pubblicare e parlare dei successi del Governo e delle deprecabili iniziative dell’opposizione, ormai ridotta al lumicino perché totalmente ininfluente”.
Si parlava di fine del terzo decennio del XXI secolo ma pare che il sogno sia decisamente più vicino di quanto prospettato, almeno per la libertà di stampa ed espressione nei media.
Il caso Sanremo è una prova generale di quanto si può dire e non? Amadeus, grande professionista, occupa spazi televisivi quotidianamente ed è stato contestato addirittura dal Presidente del Senato Ignazio La Russa. La seconda carica dello Stato non ha meglio a cui pensare che intervenire su una frase di Amadeus in merito alla commemorazione delle vittime delle foibe. Amadeus, sollecitato dalla seconda carica delle Repubblica, ha parlato del “regime di Tito”.
Avrebbe dovuto dire “regime comunista di Tito” corregge il Sen. La Russa. Poi, atteso che non è particolarmente impegnato nella sua carica istituzionale, commenta il televoto affermando che “è tutto un trucco, dipende da chi compra più call center”. Aspettarsi dalla seconda carica dello Stato pensieri e parole più impegnati è forse una pia illusione? Se ne ha le prove, considerato che è anche un brillante avvocato, perché non denuncia la cosa alla Magistratura? Perché non allietarci con un video dei busti di Mussolini che ha in casa per farci ben comprendere il suo pensiero politico?
Domenica Mara Venier letteralmente stoppa Dargen D’Amico quando accenna ai versamenti previdenziali degli stranieri in Italia (quelli non sfruttati al nero). Adducendo che si tratta di far cantare lo blocca e dice, fuori audio, ai giornalisti: “Mettete in imbarazzo me, non vi faccio parlare più, perché non è questo il posto per dire alcune cose”.
L’amore nazionale, perché la Venier è amica di tutti e chiama tutti “Amore”, questa volta non ha chiamato “amore” i giornalisti. Viene il sospetto che non rammenti i nomi dei suoi ospiti e li chiama tutti “amore” perché non ne ricorda il nome, come nella celebre barzelletta di Proietti che chiama la moglie “amore” perché non rammenta più il suo nome. A quale titolo una conduttrice molto seguita in un canale pubblico, che tutti i contribuenti pagano, intima il silenzio alla stampa?
Benevolmente diciamo che ci sono state delle intrusioni sulla libertà di espressione di alcuni artisti, fatto almeno discutibile.
La realtà è ben altra, si assiste ad un progressivo, non proprio lento, processo di occupazione dei mezzi di informazione pubblica che tende a dare solo le notizie care al Governo, ovviamente nella forma edulcorata e travisata nel puro interesse non della verità ma della maggioranza.
Un banale esempio è quello relativo al tasso di inflazione. Fortunatamente il tasso di inflazione sta diminuendo ma gli aumenti dei prezzi passati sono ormai acquisiti, lasciati liberi di correre sino all’adeguamento dei listini (fine estate, così tutti hanno potuto aumentare a proprio piacimento).
Qualcuno ricorda o hai mai visto il promesso blocco di prezzi su un paniere di generi alimentari da ottobre 2023? Pubblicizzato ed intravisto per meno di una settimana in pochi supermercati. Il decremento del tasso vuol significare che i prezzi aumentano di meno, non deflazione. La notizia viene passata quasi come una diminuzione di prezzi senza la dovuta chiarezza.
Si sa che in caso di golpe le prime strutture ad essere occupate sono quelle delle comunicazioni radio e televisive poiché sono strategiche per dare alla popolazione solo le notizie che possono essere utili, manipolare chi ascolta e fare propaganda a senso unico.
Oltre che nei colpi di stato tale tecnica è impiegata nella disinformazione e dai regimi non democratici che, notoriamente, aborrono la pluralità delle notizie e la libertà di pensiero. Il pensiero deve essere unico e conformato a quello dettato da chi detiene il potere. In caso contrario le contromisure sono molto efficaci. Le modalità sono sperimentate da secoli. Senza dover riscrivere tomi di storia, da Socrate in poi.
Non dimentichiamo i vari provvedimenti legislativi in itinere e domandiamoci: entro quanto tempo sarà ancora possibile pensare autonomamente, scrivere e parlare senza incorrere in sanzioni?
Un lento “de profundis” alla libertà di stampa, di parola e di tutto in generale.