L’editoriale odierno potrebbe fermarsi qui. Il titolo sarebbe sufficiente a descrivere lo stato d’animo della collettività silente che – in occasioni come queste – si lascia scappare un corale “Quanno ce vo’, ce vo’!” che infrange un mutismo di sudordinazione e certo non di condivisione.
La frase di Mattarella non è stata rubata con un microfono nascosto, non è stata redatta da una di quelle “manine” che ogni tanto fanno capolino in contesti istituzionali, non è frutto di una libertà arbitrariamente presa da qualcuno dello staff. Non è una sassata, ma un macigno che ricorda quelli che si spiaccicano sul povero Wilcoyote all’inseguimento di Beep Beep.
Il tweet del Presidente è rimbalzato in ogni dove.
“Il Presidente della Repubblica ha fatto presente al Ministro dell’Interno, trovandone condivisione, che l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine non si misura sui manganelli ma sulla capacità di assicurare sicurezza tutelando, al contempo, la libertà di manifestare pubblicamente opinioni. Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”.
Abituati a criticare repressioni brutali come “sudamericane”, ci ritroviamo – combinazione vuole in concomitanza con la Presidenza del G8 o del G7 – ad essere sotto i riflettori con episodi di macelleria indegni di un Paese progredito.
Non ci è bastata Genova. Dopo le brillanti performance alla scuola Diaz o nella caserma di Bolzaneto, qualcuno ha pensato di macchiare di sangue la credibilità delle Forze dell’Ordine e gettare infamia su chi indossa quell’uniforme o altra analoga con sacrificio e abnegazione.
Chi ha fatto o fa un certo mestiere non si riconosce e non può riconoscersi nella violenza gratuita di chi aggredisce ragazzini inermi che legittimamente manifestano per le strade della loro città. Si possono condividere o meno le opinioni dei dimostranti, ma chi è schierato in quell’istante rappresenta lo Stato e non una fazione. L’uomo o la donna in servizio hanno giurato fedeltà alla Repubblica e non al Governo, nemmeno quando quest’ultimo si dichiara “vicino” a chi opera per la sicurezza pubblica o per la difesa.
E’ difficile credere che sia stato ordinato, gergalmente, di “usare il pugno di ferro”. E’ impossibile immaginare che lo abbia fatto il Ministro dell’Interno, che era Prefetto di Roma il 9 ottobre 2021 quando ad un pacifico corteo fu consentito di raggiungere la sede della CGIL e dar luogo ad un energico flash-mob negli uffici di quel sindacato.
E’ altrettanto sbalorditivo che la rabbia sociale, quella del tutti contro tutti, impedisca di riconoscere errori e scelte inaccettabili e di constatare lo sbriciolarsi della democrazia e – banalmente – lo spegnersi del buon senso.
La visualizzazione del tweet di Sergio Mattarella da parte di due milioni e mezzo di utenti, gli oltre 12mila “repost”, i quasi 27mila “like”, i circa duemila commenti, sono un segnale che la gente – come il Marchese del Grillo nel celebre film – “s’è svejiata”? La prestazione da “influencer” dell’inquilino del Quirinale vale forse più di uno dei tanti sondaggi di opinione con cui si misura quel che bolle nella pancia dei connazionali? Arriveremo, finalmente, ad applicare quel “prima gli italiani” all’essere civili, al mostrarsi rispettosi delle leggi e magari anche della Costituzione?