Nella Galleria Nazionale delle Marche (Urbino) è conservato un dipinto, a tempera e olio su tavola, realizzato, tra il 1474 e il 1478, dal pittore Piero Della Francesca. Si tratta della Madonna di Senigallia che prende il nome dalla precedente collocazione nella chiesa di Santa Maria delle Grazie di Senigallia (AN). La scena mostra una Madonna con Il Bambino tra due angeli, all’interno di un’abitazione. Sullo sfondo, si apre una finestra da dove penetra un doppio raggio di sole che illumina il pulviscolo atmosferico.
Della polverizzazione della realtà – cioè dei granelli di polvere che turbinano in un raggio di sole in una stanza buia – già scriveva Tito Lucrezio Caro (Pompei/Ercolano 98/94 a.C. – Roma 50/55 a.C.) nel De rerum natura, la prima grande opera di poesia dell’invisibile, “in cui la conoscenza del mondo diventa percezione di ciò che è infinitamente minuto e mobile e leggero. Lucrezio vuole scrivere il poema della materia ma ci avverte subito che la vera realtà di questa materia è fatta di corpuscoli invisibili” (Lezioni americane, Italo Calvino, 1988).
Le infinite potenzialità dell’invisibile sono state colte successivamente da Savinien Cyrano de Bergerac (1619-1655), il primo filosofo, drammaturgo, scrittore del mondo moderno seguace dell’atomismo lucreziano. Scrive Cyrano nella sua opera Voyage dans la lune (1657): “Vi meravigliate come questa materia mescolata alla rinfusa, in balia del caso, può aver costituito un uomo, visto che c’erano tante cose necessarie alla costruzione del suo essere, ma non sapete che cento milioni di volte questa materia, mentre era sul punto di produrre un uomo, si è fermata a formare ora una pietra, ora del piombo, ora del corallo, ora un fiore, ora una cometa, per le troppe o troppo poche figure che occorrevano o non occorrevano per progettare un uomo. Come non fa meraviglia che tra un’infinita quantità di materia che cambia e si muove incessantemente, sia capitato di fare i pochi animali, vegetali, minerali che vediamo, così come non fa meraviglia che su cento colpi di dadi esca una pariglia. E’ pertanto impossibile che da questo lieve movimento non si faccia qualcosa, e questa cosa sarà sempre fonte di stupore per uno sventato che non pensa quanto poco è mancato perché non fosse fatta.”
L’atomismo lucreziano è stato poi ripreso da scrittori di minore spessore che però non ne hanno scalfito l’eterna attualità: “Si muovevano nell’aria microscopiche fibre di paglia e frammenti di cenere, insieme a impercettibili fili della lana che Rosa aveva tinto in quella stanza. Ruotavano su se stessi. Un attimo sospesi, per riscendere nuovamente e poi risalire più in alto. Scomparendo e ricomparendo nella luce. Sfiorandosi senza toccarsi mai, come impalpabili esistenze che abitano universi paralleli” (Questa notte ci sono le stelle, Spiridion P., 2022).
Della polverizzazione della realtà ha cantato, forse inconsapevolmente, Ghali con Casa mia, classificatasi quarta al Festival di Sanremo 2024, in cui descrive il dialogo con un extraterrestre che fa notare quanto il nostro pianeta sia bellissimo, nonostante le tragedie che lo affliggono.
“Di alzare un polverone non mi va/Ma, come fate a dire che qui è tutto normale/Per tracciare un confine/Con linee immaginarie bombardate un ospedale/Per un pezzo di terra o per un pezzo di pane/Non c’è mai pace”, dice Ghali parlando delle tante guerre che imperversano sul pianeta.
“Di alzare un polverone non mi va”, eppure tanta polvere ha sollevato, nonostante le continue, giornaliere, chiamate alle armi, strillate a destra e a manca dai governanti di questa Terra.
“Di alzare un polverone non mi va”, eppure tanta polvere ha sollevato, proprio come la materia dipinta da Piero Della Francesca, la materia di cui parlano Lucrezio, Cyrano de Bergerac e Calvino: la “materia mescolata alla rinfusa, in balia del caso”.
Auguriamoci che da questo caso – poiché in assenza di razionalità possiamo confidare solo sul caso – riaffiori la pace.