Non si vuol qui parlare dei risultati delle recenti elezioni regionali in Sardegna né, tantomeno, di previsioni per le prossime tornate elettorali. Parliamo, invece, di chi, in questi ultimi anni, ha sempre stracciato, in termini di percentuali, ogni contendente nell’agone della politica.
Il vero vincitore è l’astensionismo, il primo partito, che raggiunge sempre percentuali intorno al 45%. Nessun partito da solo ha mai raggiunto un tale livello. Il consenso maggiore è il non voto, il partito degli astensionisti.
Questo “partito” deve allarmarci perché, di fatto, solo poco più della metà degli italiani si reca alle urne. Un tempo le percentuali sfioravano il 90%. Non si pretende tanto ma almeno si auspicano percentuali che si avvicinino all’80%. Pia illusione si dirà. Purtroppo la disaffezione a recarsi alle urne è un fenomeno tanto dilagante quanto preoccupante.
Nei discorsi che si ascoltano in giro, non parliamo di quelli tra amici, tutti hanno un qualcosa da recriminare. Tutti si lamentano ma sarebbe da domandare loro: ha votato? Se sì la parte o non ha vinto o, se ha vinto, per costoro non fa a sufficienza. Se non ha votato, e sappiamo che all’incirca è uno su due di chi si lamenta, di cosa osa lagnarsi? Poteva scegliere e le cose sarebbero potute andare diversamente se il suo pensiero si annida nell’opposizione od avrebbe rafforzato chi è al governo. In ogni caso protesta senza il minimo diritto perché non ha votato.
Si sente dire: tanto con il mio voto non cambio nulla ed i politici sono tutti uguali. Parole perniciose perché, senza eccessi di ottimismo, un 25-30% in più potrebbe cambiare o rafforzare o equilibrare in modo diverso i risultati. Poi nessuno ha pacchetti di voti ma ciascuno contribuisce con il suo voto; il risultato finale è la somma del singolo voto di ogni elettore.
Ciò è sconfortate. Certo la classe politica non stimola molto alla partecipazione. Non ultimo, forse primo, il meccanismo elettorale distanzia l’elettore dal potenziale eletto che è poco propenso a fare, come un tempo, una campagna elettorale “porta a porta”. Non si pensa di proporre un irrealistico ritorno, sic et simpliciter, ad un passato ormai remoto. Non si chiede di tornare ai comizi oceanici od alle “Tribuna Politica” dove si scontravano statisti e cavalli di razza.
Ogni potenziale eletto è conosciuto dagli elettori per il volto su un manifesto, seppure accade. Quanti osservano i manifesti o leggono i nomi riportati nelle liste affisse fuori dei seggi? Una percentuale prossima allo zero. Per il resto il candidato è un nobile sconosciuto scelto nei palazzi con metodologie non sempre cristalline che ben poco hanno a che fare con le capacità del candidato.
Purtroppo la strategia politica ha lasciato spazio ad una misera tattica, spesso miope, per l’incapacità politica di fare analisi e progetti politici di lungo respiro.
Il voto è un diritto-dovere per tutti. Il partito degli astensionisti dovrebbe pensare a quanti hanno lottato nei due secoli passati per avere il diritto di voto e per renderlo a suffragio universale. Non poche volte a costo della vita o di lunghi periodi di detenzione. Ancora in molti Paesi non è così oppure, con metodologie varie, è una semplice tragica farsa. Astensionisti meditate.