Il sottotitolo del libro, “mafia e politica da Portella della Ginestra ad oggi”, scritto da due famosi magistrati per anni impegnati nella lotta al crimine mafioso, fa subito comprendere che si parli dello “stato illegale” perseguito dalla mafia.
Il termine “mafia” ha avuto origine in Sicilia. Con l’introduzione dell’articolo 416 bis del Codice Penale (associazione di tipo mafioso) il concetto di “mafia” si è esteso ad altre forme di criminalità organizzata: nazionali e non. Parlando di mafia in Sicilia sarebbe più esatto definirla “Cosa Nostra”.
I contenuti, a parte alcuni giudizi, sono suffragati dagli esiti delle sentenze che negli anni hanno tentato (o evitato) di colpire il crimine mafioso. Dalla strage di Portella della Ginestra (1 maggio 1947) ad oggi vi è stato un intreccio tra criminalità mafiosa, politica, finanza, massoneria ed elementi infedeli allo Stato. La mafia ha pervaso e condizionato non solo la Sicilia ma tutto il nostro Paese.
Una lunghissima e tragica scia di sangue ha stroncato la vita di uomini fedeli allo Stato che cercavano di arginare crimine e collusioni a livello amministrativo e politico. Ricordiamo alcuni come gli investigatori Boris Giuliano, Giuseppe Russo, Emanuele Basile, Giuseppe Montana ed Antonino Cassarà, i magistrati Cesare Terranova, Rocco Chinnici, Gaetano Costa, i politici Piersanti Mattarella e Pio La Torre, l’imprenditore Libero Grasso e tanti altri come gli uomini di scorta.
Tutti ebbero un enorme effetto nell’incrementare la lotta al crimine mafioso ma in particolare gli omicidi di Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, dei loro familiari e degli uomini preposti alla loro sicurezza. La lista, tragicamente, è molto lunga; si sono nominati solo alcuni, senza nulla togliere al sacrificio ed all’abnegazione di tutti gli altri.
Cosa Nostra, nel tempo, ha creato uno “stato illegale” che ha gestito, e gestisce, con le sue relazioni esterne, i rapporti politici, la riscossione delle sue imposte (il pizzo), l’amministrazione della sua giustizia, feroce ed immediata, che contempla tortura, omicidi, sparizioni di persone (la lupara bianca) vendette trasversali anche contro i bambini (Giuseppe Di Matteo, reo di essere figlio di un pentito!!!).
La sua forza è sempre stata il collegamento nefasto con il mondo legale tramite corruttele, coperture e favoritismi. Complicità con il mondo amministrativo, politico, finanziario e giudiziario. Da sempre ha costruito carriere ed introdotto uomini di sua fiducia negli apparati vitali dello Stato. La mafia non è solo crimine, è politica, economia e società: “una sanguisuga che zavorra lo sviluppo economico” ed impedisce un armonioso sviluppo sociale e culturale.
Ha una struttura verticistica, unitaria, pervasiva con capacità offensive, di controllo del territorio ed intimidisce chiunque; è organizzata con “funzioni e competenze”, una sorta di “ordinamento giuridico” alternativo a quello statuale. Mira all’assoggettamento degli altri che non sono “uomini d’onore”. Mediante il riciclaggio dispone di denaro a costo zero ed altera la concorrenza economica.
Interessante l’analisi psicologica del “mafioso” e del “killer”, figure pervase da una sorta di “sacralità atea” a fini criminali. “L’’identità mafiosa” e le leggi del “dovere e dell’onore” sono quelle di lottare contro lo Stato di diritto. Il tutto viene “sacralizzato” da una serie di rituali antichi, tramandati nei decenni, comuni ad altre associazioni criminali, non troppo difformi da quelli massonici.
I primi successi nel contrasto si sono avuti grazie al lavoro di molti ed al sacrificio delle vittime uccise per la loro onestà. I pentiti, il regime carcerario duro (l’art. 41 bis dell’ordinamento penitenziario), la confisca dei beni hanno inferto duri colpi ma la reazione è stata altrettanto dura con attentati ed omicidi “eccellenti”.
La creazione della DIA, della DNA e di appositi “pool” investigativi hanno determinato indubbi successi. Ma, come affermava Falcone, “ci si pente contro la mafia solamente se ci si fida dello Stato”. Si parla della trattativa Stato-mafia ed una giusta attenzione è rivolta alle figure di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Cosa Nostra negli anni duemila ha rivisitato la strategia aggressiva verso le Istituzioni: un diverso modo di controllare politica, economia e società. La mafia è meno violenza e più impresa, con solo una parvenza esteriore di legalità, meno strada e più consigli di amministrazione. Sarà necessaria una sempre maggiore cooperazione internazionale per il contrato, adeguandosi alla globalizzazione del crimine.