Per un attimo mettetevi nei panni dell’ufficiale pilota che con il suo aereo militare sta riportando a Londra il Ministro della Difesa Grnat Shapps che ha appena concluso una serie di riunioni in Polonia.
Quando il velivolo – non un giocattolino volante poco attrezzato – è in quota a poca distanza dalla baia russa sul Mar Baltico nella zona di Kaliningrad, la strumentazione di bordo comincia ad avere qualche problema e smette di funzionare regolarmente.
Non si sa cosa sia effettivamente successo (e forse è meglio, perché si propagherebbe il panico), ma è certo che i segnali satellitari di localizzazione GPS si sono incredibilmente interrotti e che i passeggeri hanno constatato che erano sparite le connessioni telefoniche mobili e quelle ad Internet.
Mentre qualcuno immagina che il “secondo” abbia cominciato a suggerire al comandante un possibile “dopo quella nuvola viri un po’ a destra”, è facile comprendere che si sia trattato di una aggressione di guerra elettronica che fortunatamente non ha avuto altre conseguenze. Uno “scherzo” durato circa mezz’ora in cui la bravura e l’esperienza dei piloti ha sopperito alla grave mancanza di informazioni, ma che ha reso evidente la fragilità dei sistemi tecnologici che animano non solo i mezzi militari ma qualunque aeromobile che possa finire a tiro delle armi del cosiddetto “electronic warfare”.
Il giochetto si chiama gergalmente “jamming” e – a volerne elementarizzare la dinamica – si traduce in una forte interferenza che manda in tilt le apparecchiature che, non schermate adeguatamente, cominciano a dare segni di inaffidabilità e a compromettere la sicurezza del volo.
La Royal Air Force conosce bene questa minaccia e da tempo lamenta problemi nel decollo dei propri aviogetti dalla base di Akrotiyi a Cipro. In quel caso si pensa che le potenti attrezzature russe siano posizionate in Siria e riescano ad ottenere “buoni risultati” anche da una certa distanza. Normalmente le “apparecchiature di disturbo” hanno un raggio contenuto anche per non compromettere l’operatività stessa di chi attacca e sono trasportate con veicoli terrestri o su droni aerei che permettono di agire “in mobilità”.
Probabilmente non è il primo episodio di questo genere, ma certo la prima volta che i mezzi di informazione dedicano spazio ad una notizia simile. Non manca chi ipotizza una preoccupante evoluzione del conflitto in corso in Ucraina e il ricorso a determinati strumenti per dissuadere i Paesi occidentali dal mantenere rapporti di supporto con Kiev.
Stavolta l’aereo era nelle mani di piloti addestrati ad affrontare questo tipo di emergenza. I voli di linea sono pronti dinanzi ad un rischio di tale sorta?