Qualche giorno fa lo storico servizio della RAI “Televideo” ha regalato al pubblico una perla straordinaria. Alle due della notte, quando il calendario segnava il giorno 11 marzo, sugli schermi è apparsa una delle castronerie destinate a segnare la storia del giornalismo e a suggellarne il deliberato suicidio.
Nell’era delle tecnologie invasive e dell’ubriacatura molesta di novità futuribili, arriva inesorabile il castigo per chi ritiene che il passaggio dal nostro cervello a quello elettronico sia inevitabile e latore di strepitosi vantaggi.
Nel buio delle tenebre la stella cometa è stata una frase nella notizia a ridosso dell’attribuzione dei premi Oscar. Un ignoto artista dell’informazione, nel commentare l’esclusione del nostro Paese dai riconoscimenti in argomento, ha saputo mescolare una mirabile opera cinematografica italiana con una tragedia frutto di incapacità e arroganza. Gli stessi ingredienti hanno realizzato il cocktail venefico che si è tradotto nel fatidico “«Io capitano» è un film biografico che racconta la storia di Francesco Schettino, il capitano della nave da crociera Costa Concordia che naufragò nel 2012. Il film è stato elogiato per la sua ricostruzione del disastro e la sua esplorazione dei temi della responsabilità e del coraggio”.
Quella che Paolo Villaggio avrebbe definito “una cagata pazzesca” è frutto di una operosa azione di “copia e incolla” da parte di un mentecatto di sorprendente pigrizia che nella sua somma furbizia ha affidato all’intelligenza artificiale (presumibilmente “Gemini”) l’oneroso compito di scrivere quelle tre righe che – in un mondo giusto, non in questo – dovrebbero costituire il solenne epitaffio a suggello di un harakiri professionale.
Se avesse adoperato ChatGPT avrebbe trovato altre amenità, non meno divertenti, ma forse ci sarà da aspettare solo la prossima occasione.
Non ci si lamenti se il plotone di esecuzione della razza giornalistica vede tra i suoi ranghi la cosiddetta “AI” al fianco della drammatica crisi editoriale. A gridare “fuoco” è proprio chi ha “battuto” la notizia, partorendo una delle migliori fake news che il Servizio Pubblico sia riuscito a dare in pasto agli italiani.
Purtroppo i licenziamenti non colpiranno il protagonista di questa epopea o la sua linea gerarchica che arriva fino al suo direttore “responsabile”, ma andranno a falcidiare professionisti bravi e volenterosi, ma inesorabilmente non raccomandati. Episodi di questa natura palesano la vulnerabilità del mondo dell’informazione, dominato da poveracci dalle ridotte capacità intellettuali che anticipano la loro dipartita occupazionale premendo loro stessi il grilletto del tasto “invio” dopo aver chiesto al sistema di turno di lavorare al posto loro.
In Italia ai tempi del coronavirus sono sbocciate addirittura le “task force contro le fake news” (quattro etimi stranieri su sei parole). Proprio la RAI aveva una squadra speciale schierata agli ordini di Antonio Di Bella, ma finita l’emergenza sanitaria il bacillo della disinformazione è sopravvissuto.
L’articolo 656 del codice penale punisce la “Pubblicazione o diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose”, ma queste devono “turbare l’ordine pubblico” e in questo caso mancherebbe un requisito fondamentale per configurare tale reato. Le reazioni degli abbonati RAI che pensano di aver stipendiato (e continuare a stipendiare) cotanto critico cinematografico non sembrano sufficienti a concretizzare la fattispecie rilevante. A voler discettare in punta di diritto siamo dinanzi a “reato di pericolo” e quindi poco importerebbe la circostanza che poi non si sia verificato un effettivo turbamento dell’ordine pubblico…
Due mesi fa Fratelli d’Italia avrebbe addirittura chiesto che le notizie debbano essere certificate e il presidente della Commissione “Cultura”, onorevole Mollicone, avrebbe dichiarato come encomiabile obiettivo il “Difendere attendibilità delle fonti e veridicità delle informazioni”
In un’epoca in cui basta poco per fare uno “screenshot” e immortalare le bestialità pubblicate o diffuse da una testata editoriale, i signori di Televideo non hanno rettificato la notizia ammettendo il grave errore in cui erano incappati, ma si sono limitati a rimuovere il contenuto e a fingere indifferenza…
Nel caso in questione si è dimenticato che il divulgatore di una notizia falsa ictu oculi può andare esente da responsabilità solo quando dimostri di essere caduto in un errore che le circostanze rendono oggettivamente scusabile. E qui di scusabile non c’è proprio nulla.
La civiltà analfabeta che vanta un’autonomia che non ha e che proclama l’indipendenza dai “poteri forti” procede a passo spedito dietro le note del pifferaio Elon Musk o di altri ammaliatori, mentre disciplinati cantori di regime legittimati dall’iscrizione ad un Ordine professionale leggono quel che deve essere il commento ufficiale ai fatti del giorno.
In effetti l’intelligenza artificiale è la vera “democrazia” in cui tutti sono finalmente uguali. Radiocomandati, ma uguali.