Il Codice Penale italiano è strutturato sostanzialmente, senza voler scendere in tecnicismi, in libri, titoli ed articoli. A seconda del reato sono previste delle pene e, sin qui, tutti concordano. Di fatto, nel Codice Penale esistono dei “reati minori” ma nessuno li definisce tali. Per reati minori si vuole qui intendere quelli sui quali sia la Magistratura, sia la Polizia Giudiziaria non si impegnano particolarmente per perseguire il reato, considerato di minor rilievo.
Certamente la pena prevista è commisurata alla gravità che è elemento ben diverso dal non indagare perché non pagante. I reati particolarmente efferati, naturalmente e giustamente, debbono avere la priorità. Ad esempio si persegue, evidentemente, con maggiore impegno un omicidio rispetto ad un furto di autovettura. Si tratta, per lo più, di scelte obbligate in quanto il personale delle varie Forze di Polizia è insufficiente per impegnarsi su troppi fronti.
Altrettanto evidente è il fatto che chi è vittima di un reato ha un impatto/danno proporzionale alla gravità ed all’impatto del reato del quale è rimasto vittima.
Andiamo a casi concreti, seppur generali, di “reati minori”. Tra i reati più dimenticati vi sono, a titolo non esaustivo, quelli dei furti di auto, di mezzi a due ruote, furti con destrezza, in case, di strumenti informatici (PC e cellulari), scippi, truffe e via discorrendo.
Orbene, se per la Polizia Giudiziaria, inequivocabilmente subissata da un esorbitante numero di denunce e segnalazioni varie di tal guisa, si tratta di numeri, di reati catalogabili in caselle riconducibili ad articoli del Codice Penale, così non è per la vittima. Chiunque sia vittima di un “reato minore” subisce un danno economico più o meno rilevante. Tale perdita è attinente ad aspetti materiali, spesso di valore elevato, affettivo, di immagine, di perdita di elementi importanti per la vita od il lavoro e tanto altro che solo il soggetto che ha subito il reato può quantificare.
Non di rado, in particolare in caso di denunce per furti, viene fatta firmare la rinuncia alla notifica della chiusura indagini. Questo per non far perdere tempo alla Polizia Giudiziaria ed alla vittima del furto in un ulteriore, spesso inutile incontro. Già presentarla in questo modo sembra una aprioristica rinuncia all’indagine. Sicuramente le indagini su tali reati sono complesse anche perché quasi sempre prive di elementi utili per procedere e sottraggono personale ad altri impegni. Il cittadino, però, si sente abbandonato, tanto che molto spesso rinuncia a fare le denunce perché ritenute una perdita di tempo. Le uniche denunce che vengono sempre fatte sono quelle di automezzi, documenti di identità, carte bancarie e quanto, comunque, coperto da polizze assicurative. I motivi sono ben comprensibili: dal rischio di trovarsi implicati in reati ai rimborsi assicurativi ed altro.
Ciò è molto grave perché evidenzia una sfiducia nella possibilità, non nella capacità, delle Forze di Polizia di ottenere un risultato investigativo e recuperare i beni sottratti con il furto, la truffa od altro. Nessuno certamente, si aspetta di ritrovare denaro contante ma almeno l’auto, la moto, i gioielli trafugati, i documenti personali, strumenti informatici di lavoro ed altro anche per assicurare alla giustizia i colpevoli di tanti reati minori che feriscono l’individuo sia nell’animo, sia economicamente. Si vanificano, talvolta, anni di sacrifici in un attimo. Questa tipologia di reati, prevalentemente, viene commessa da bande specializzate, in parte conosciute, che nel volgere di poche ore fanno sparire ogni traccia della refurtiva. Ci si deve rassegnare al non perseguimento dei reati minori per carenza di personale? Il danno non viene da ciò lenito in chi lo subisce.