Voglio riprendere ad occuparmi di donazione e trapianti di organi, focalizzando l’attenzione sul trapianto di rene perché su questo versante la situazione nel nostro Paese è purtroppo ancora grave: “…il tempo di attesa medio per un trapianto è di 3 anni. In Italia vi sono attualmente circa 50.000 persone in trattamento dialitico, e il costo annuale di questo trattamento è per il SSN di 2.4 Miliardi. Sempre secondo i dati 2023 del Centro Nazionale Trapianti, le cose stanno per fortuna leggermente migliorando: sono stati effettuati oltre 4.400 i trapianti nel solo 2023 (+15%), anno nel quale per la prima vota in Italia si è superata la quota 4.000 trapianti.”.
A presentare oggi i dati – esageratamente definiti da record – sono il Ministro della Salute Orazio Schillaci e il direttore del Centro nazionale trapianti Massimo Cardillo in apertura degli Stati generali della Rete trapianti, che riunisce a Roma fino al 26 gennaio oltre 400 operatori da tutta Italia.
“Gli straordinari risultati raggiunti nel campo trapiantologico – ha detto il ministro Schillaci nella sua relazione di apertura – devono renderci quindi orgogliosi ma anche stimolarci a proseguire con rinnovato impegno per far diventare sempre più efficiente e sicura la rete dei trapianti e per rafforzare la cultura della donazione, essenziale per offrire ai pazienti in attesa di trapianto una vita nuova o una prospettiva di vita migliore. Promuovere la cultura della donazione è un obiettivo prioritario e sono certo che da queste giornate arriverà un apporto significativo al raggiungimento di questo importante traguardo”.
In Italia ha aggiunto il Ministro “Ci sono molti pazienti in attesa e il fabbisogno non è purtroppo ancora del tutto soddisfatto. Questo perché ci sono alcune criticità che ancora persistono che siamo impegnati a superare: penso, in particolare, alle differenze regionali che sussistono nel tasso di donazione tra Nord e Sud e ai tassi di opposizione al prelievo, gli unici indicatori che sono rimasti sostanzialmente invariati. Senza donazione non può esserci alcun trapianto. Per questo resta fondamentale avviare tutte le iniziative necessarie affinché sempre più persone si rendano disponibili a donare”.
A questo proposito il Ministro ha annunciato che nel 2024 è attesa una importante novità: l’attivazione del portale digitale della CIE che permetterà ai cittadini di registrare la propria dichiarazione direttamente da casa e non solo negli uffici anagrafe.
Ottimo il segnale di miglioramento degli ultimi anni in Italia rispetto al numero di trapianti effettuati annualmente ma ancora è fondamentale accelerare per ridurre il divario esistente rispetto alla necessità e sensibilmente inferiore anche a quelli che si eseguono negli altri Paesi Europei. Non vogliamo pensare che ci sia una qualche convenienza economica delle strutture che effettuano le dialisi. Si tratta sicuramente di una arretratezza che ha necessità di un intervento di tipo “culturale”. Ad esempio, ancora oggi manca una diffusa conoscenza esatta di come stanno le cose nel trapianto di rene dal punto di vista medico-chirurgico per la donazione da vivente; e manca nelle Istituzioni, o quantomeno andrebbe implementata e migliorata, l’organizzazione del processo di donazione e prelievo d’organi da donatore deceduto.
Forse a questo punto è opportuno chiarire al lettore il perché l’argomento donazione e trapianto d’organi mi appassioni talmente per spingermi a dedicare una buona parte del mio tempo a sostenere e divulgare gli obiettivi delle organizzazioni onlus che si occupano di “donazione di organi” da vivente e da non vivente.
Il 6 dicembre 2017 mia figlia Laura, malata di una grave disfunzione cronica renale, dopo mesi di dialisi, finalmente è riuscita ad avere trapiantato un rene da donatore vivente. Da allora è tornata a vivere! Tanto bello è stato l’evento che merita raccontarlo. Qualche anno prima del trapianto, durante il periodo drammatico della dialisi, tutta la famiglia – nella forma allargata ad affini e acquisiti – si era sottoposta alle analisi per il controllo della compatibilità per fare la donazione di un proprio rene, ma nessuno risultò compatibile.
Laura e il marito Paolo si iscrissero allora in una lista per il cross over che, fortunatamente, ebbe il suo epilogo positivo il 6 dicembre 2017. Paolo ha ceduto un suo rene ad un signore, la cui moglie lo ha ceduto a Laura. L’operazione chirurgica di cui sono stati attori Paolo e Laura si è svolta all’Ospedale San Camillo e l’altra coppia (che vuole rimanere anonima) sono stati operati al Policlinico Gemelli, entrambi ospedali di Roma. Bene affermò papa Benedetto XVI nel discorso ai partecipanti al Congresso internazionale “Un dono per la vita, considerazioni sulla donazione di organi” promosso dalla Pontificia Accademia per la vita del 7 novembre 2008 sul significato della donazione e del trapianto:
“… Del valore di questo gesto dovrebbe essere ben cosciente il ricevente; egli è destinatario di un dono che va oltre il beneficio terapeutico. Ciò che riceve, infatti, prima ancora di un organo è una testimonianza di amore che deve suscitare una risposta altrettanto generosa, così da incrementare la cultura del dono e della gratuità…“.
Infatti, deve essere proprio il ricevente dell’organo trapiantato a farsi partecipe delle azioni atte ad incrementare la cultura della donazione e del trapianto. Così sta facendo mia figlia Laura aderendo attivamente alla Fondazioni che si occupano della promozione di tale cultura. E un suo importante atto è stato quello di rendere pubblico il suo trapianto fornendo la propria testimonianza diretta, al Progetto del Corriere della Sera “Malattia come opportunità” con un suo articolo pubblicato domenica 12 agosto 2018. Ritengo utile riportare qui di seguito alcune parti importanti dell’articolo. Potrebbero essere utili a qualcuno che soffre per capire come si può aprire una speranza con un semplice atto d’amore di un proprio familiare, amico o addirittura solo un’anima buona (un samaritano).
Malattia come opportunità: Non dimenticherò mai il giorno in cui sono rinata: il gesto d’amore infinito di due persone mi ha permesso di ricevere un rene nuovo.
“La mia malattia è stata – o forse è – un lungo viaggio che ha attraversato buona parte della mia vita. Un lungo viaggio durato oltre 10 anni, nel quale sono stata sempre e costantemente accompagnata dalla mia famiglia che non mi ha mai lasciata sola. Un viaggio fatto di tappe, di percorsi, di resilienza e di sorrisi, di scoperte e di terapie, e di una malattia subdola, silenziosa, ramificata dentro di me da sempre, una di quelle che vengono definite «malattie croniche» che piano piano ha provato a rubarmi pezzetti, sempre più ampi, di vita.
Un viaggio fatto di una lunga battaglia per la vita, per una vita normale, che ho combattuto e combatto ancora supportata per fortuna da tanto amore: la mia famiglia, le persone speciali che mi amano e non mi hanno mai abbandonata; gli angeli, gli infermieri, i medici, gli altri malati che ho incontrato lungo questo viaggio nei posti più incredibili e mi hanno teso la loro mano stringendo la mia, e talvolta hanno raccolto anche le mie lacrime. Dicono di me che sono una combattente. Forse è vero ma è altrettanto vero che le battaglie non si combattono e soprattutto non si vincono mai da soli. E diciamo la verità: anche i combattenti più coraggiosi devono fare incontri con le paure più profonde, spesso piangono e talvolta urlano dalla rabbia.…
Il giorno nel quale sono rinata, grazie al trapianto, e al gesto d’amore infinito di mio marito Paolo e di una coppia a me ignota, non lo dimenticherò più. La bellezza è questo. È un dono incondizionato di vita, nel mio caso un rene, che si è realizzato grazie alla determinazione e la volontà di due soggetti sconosciuti tra loro: mio marito e la mia donatrice. Tecnicamente si chiama «cross over». Risultato: hanno donato la vita a me e ad un secondo ricevente. Non va di moda oggi parlare di amore profondo e incondizionato in questo mondo moderno. Ma questo lo è. Come non va di moda parlare d’imperfezione in una società che mette sotto i riflettori la perfezione.
La malattia per molti è imperfezione, lo sono i tubi fissi che ci impiantano nel corpo per consentirci di tenerci in vita e purificare il nostro sangue, il nostro corpo, il nostro cervello. La cicatrice che mio marito porta con orgoglio sul suo fianco destro per molti è imperfezione; per me è l’immagine più vera del suo amore; ogni volta che i miei occhi si posano su di essa non possono che riempiersi di lacrime. Questo impulso di generosità che è stato passato al vaglio da giudici e psicologi, ma nessuno può davvero sapere che cosa spinga un essere umano, nel pieno possesso delle sue facoltà, a fare il bene incondizionato.
Qui sta la meraviglia: più ancora che nel privarsi di un pezzo non essenziale, ma comunque rilevante, del proprio corpo per regalarlo a uno sconosciuto, per salvare anche la persona che si ama e con la quale si sta condividendo una malattia usurante. Il tutto ne silenzio e nel riserbo. I gesti sono contagiosi più delle parole ha scritto qualcuno. Forse perché, a differenza delle parole, non parlano alla pancia delle persone ma direttamente al cuore. E aggiungo che questo gesto di amore dobbiamo imparare a riceverlo e a proteggerlo e questa è la responsabilità più grande che ora sento.
Il 6 dicembre 2017. Il giorno di San Nicola è stato il giorno del mio trapianto. E anche questo ha un senso profondo per me. Sono rinata grazie anche alla ricerca scientifica, alla perseveranza, alla tenacia e alla professionalità dei medici che mi hanno seguito e alle mani «magiche» che hanno rinnestato la vita nel mio addome e nel mio corpo cosi consumato. Ricordo perfettamente quando la sera del 6 dicembre ho aperto gli occhi in terapia intensiva. La prima domanda: mio marito come sta? La seconda domanda: come sta l’altra coppia? La terza quasi sussurrata: funziona? Furono tutte risposte positive e il miracolo prendeva vita… I miei figli mi ripetevano costantemente «mamma ce la facciamo». …
Ogni tanto guardo le mie cicatrici che segnano la mappa geografica della mia malattia, e continuamente mi incanto mettendo la mano sempre li, sul fianco destro, dove pulsa e lavora il mio nuovo rene come volessi proteggerlo con questo gesto. Questo racconto è una piccolissima parte del mio taccuino di viaggio nel quale continuo ad appuntare oggi la mia vita post trapianto. Solo il destino traccerà la strada, la mia strada. Spero possa rappresentare una testimonianza di positività a tutte le persone che vivono situazioni simili in modo da restituire un pezzettino del bene che ho ricevuto in questi lunghi 10 anni…
Laura Di Raimondo
Questa testimonianza rientra nel Progetto «Malattia come opportunità» di Corriere Salute.