Continuiamo la rassegna delle promesse mancate della democrazia secondo Bobbio, da lui elencate nel suo saggio di quarant’anni fa “Il futuro della democrazia”: “Considero come terza promessa non mantenuta la sconfitta del potere oligarchico”.
Visto che sono sempre pronti, ricorriamo a Copilot e a Claude, nuova entrata nel mondo delle intelligenze artificiali generative, per definire cosa sia il “potere oligarchico”.
Il potere oligarchico si riferisce a un sistema politico, o amministrativo, in cui il potere è detenuto da un gruppo ristretto di persone o famiglie influenti, spesso ricche e potenti che possono avere ruoli rilevanti nelle istituzioni, nelle organizzazioni, o a livello sociale o culturale.
La parola “oligarchia” deriva dal greco antico “olígoi” (ὀλίγοι) che significa “pochi” e “arché” (ἀρχή) che significa “comando/governo”; quindi, “governo di pochi”. L’oligarchia è un regime politico caratterizzato dalla concentrazione del potere effettivo nelle mani di poche persone.
Nell’antica Grecia, l’oligarchia spesso indicava in modo più specifico il “governo dei ricchi”; lo si ritrova usato in questo senso sia da Platone ne “La Repubblica”, sia da Aristotele ne “La Politica”. Secondo Aristotele, l’oligarchia è la degenerazione dell’aristocrazia.
Oggi, le forme di governo in cui si accede al potere per nascita (cioè le aristocrazie in senso proprio) sono quasi scomparse. I componenti del gruppo oligarchico sono invece legati tra loro da vincoli di interesse, di appartenenza a un determinato corpo di pubblici ufficiali (militari, funzionari) o a un gruppo politico.
Il potere è concentrato nelle mani di pochi individui o famiglie che tendono a preservare il loro potere e i loro privilegi, spesso attraverso l’uso di connessioni politiche, economiche e sociali.
L’oligarchia limita l’accesso al potere e alle risorse, dando poche opportunità alla mobilità sociale ascendente. Ciò può comportare mancanza sia di democrazia, sia di veri meccanismi di responsabilità pubblica. Quindi, le decisioni chiave relative alla politica, all’economia e alla società vengono prese da un ristretto gruppo di élite.
Grazie alle due C, Copilot e Claude per le informazioni.
Il potere oligarchico si contrappone dunque a sistemi di governo più democratici in cui il potere è ampiamente distribuito.
Scrive Bobbio: “Il principio ispiratore del pensiero democratico è sempre stato la libertà intesa come autonomia, cioè come capacità di dar legge a se stessi, secondo la famosa definizione di Rousseau, che dovrebbe avere come conseguenza la perfetta identificazione tra chi pone e chi riceve una regola di condotta, e quindi la eliminazione della tradizionale distinzione, sulla quale si è fondato tutto il pensiero politico, tra governati e governanti. La democrazia rappresentativa, che è poi la sola forma di democrazia esistente e funzionante, è già di per se stessa una rinuncia al principio della libertà come autonomia. L’ipotesi che la futura computercrazia, come è stata chiamata, consenta l’esercizio della democrazia diretta, cioè dia a ogni cittadino la possibilità di trasmettere il proprio voto a un cervello elettronico, è puerile. A giudicare dalle leggi che vengono emanate ogni anno in Italia, il buon cittadino dovrebbe essere chiamato a esprimere il proprio voto almeno una volta al giorno”.
Breve nota: Caro Norberto, il “cervello elettronico” non esiste. Esiste una macchina in grado di memorizzare ed elaborare dati, secondo programmi prestabiliti, chiamata calcolatore elettronico, in inglese Computer. Il cervello è ben altra cosa.
Una breve domanda: il movimento 5 Stelle aveva letto cosa dice Bobbio sulla computercrazia quando hanno iniziato a spacciare il loro progetto di democrazia digitale o democrazia web, qual dir si voglia?
Continua Bobbio: “L’eccesso di partecipazione, che produce il fenomeno che Dahrendorf ha chiamato, deprecandolo, del cittadino totale, può avere per effetto la sazietà della politica e l’aumento dell’apatia elettorale. Il prezzo che si deve pagare per l’impegno di pochi è spesso l’indifferenza di molti. Nulla rischia di uccidere la democrazia più che l’eccesso di democrazia.
Naturalmente, la presenza di élites al potere non cancella la differenza tra regimi democratici e regimi autocratici. … Poiché sono partito da una definizione prevalentemente procedurale di democrazia, non si può dimenticare che uno dei fautori di questa interpretazione, Joseph Schumpeter, aveva colto perfettamente nel segno quando sostenne che la caratteristica di un governo democratico non è l’assenza di élites, ma la presenza di più élites in concorrenza tra loro per la conquista del voto popolare. … Un elitista italiano (NdA: Fabrizio Burzio, 1891-1948, giornalista, ingegnere e politologo) interprete di Mosca (NdA: Gaetano Mosca,1858-1941, giurista, politico e politologo che propose la teoria della classe politica chiamata Teoria delle élites), e Pareto (NdA: Vilfredo Pareto, 1848-1923, economista, sociologo e ingegnere), distinse in maniera sintetica e, a mio parere, incisiva le élites che si impongono da quelle che si propongono.”
In sintesi, nella sua analisi critica del fenomeno delle oligarchie all’interno dei sistemi democratici, Bobbio afferma che, nonostante la democrazia preveda formalmente l’uguaglianza politica dei cittadini, nella realtà esistono sempre gruppi ristretti, élites o oligarchie che dir si voglia, che detengono il potere effettivo e condizionano le decisioni politiche.
Bobbio sostiene inoltre che le oligarchie possono formarsi all’interno di qualsiasi organizzazione, dai partiti politici ai sindacati, dalle imprese alle pubbliche amministrazioni, minacciando il principio di uguaglianza su cui si fonda la democrazia.
Bobbio riconosce che le oligarchie sono inevitabili in una certa misura, ma avverte del pericolo che queste divengano chiuse, autoreferenziali e totalmente sconnesse dalla base sociale di cui dovrebbero rappresentare gli interessi.
Bobbio non fornisce un elenco dettagliato di regole e meccanismi specifici da adottare per contrastare questo rischio, suggerendo alcune linee guida generali:
- Limiti ai mandati e rotazione delle cariche: introdurre limiti temporali certi ai mandati elettivi e dirigenziali in modo da favorire un ricambio periodico ed evitare la cristallizzazione del potere nelle stesse mani.
- Democrazia interna ai partiti e associazioni: rendere effettivamente democratici i processi decisionali interni ai partiti, sindacati e altre organizzazioni di rappresentanza, con elezioni regolari, trasparenza e partecipazione della base.
- Decentramento del potere: promuovere un reale decentramento amministrativo e decisionale, ripartendo il potere su più livelli istituzionali (locale, regionale, nazionale) in modo da moltiplicare i centri decisionali.
- Controlli incrociati e bilanciamenti: rafforzare il sistema di pesi e contrappesi tra i poteri (esecutivo, legislativo, giudiziario) in modo che si controllino e bilancino a vicenda.
- Indipendenza dell’informazione: garantire un’informazione libera, pluralista e indipendente dai poteri forti per consentire un controllo diffuso dell’opinione pubblica.
- Formazione civica: promuovere l’educazione civica e la partecipazione attiva dei cittadini alla vita politica per contrastare l’apatia e il distacco dalle istituzioni.
L’obiettivo generale per Bobbio è allargare la base della sovranità popolare e distribuire il potere evitando concentrazioni oligarchiche pericolose.
Visto che non è proprio quello che sta facendo l’attuale governo, esiste un forte sospetto che i suoi membri non abbiano speso del tempo, nemmeno loro, a leggere il saggio di Norberto Bobbio sul Futuro della Democrazia.
Fosse che gliene importa poco?