Torno indietro nel tempo, quindici anni fa, mi trovavo in Colombia per conto dell’Unione Europea, immersa in una missione per la valutazione della minaccia e dei rischi connessi alla produzione e al traffico di cocaina. Durante un incontro di studio con i miei colleghi della Polizia Nazionale Colombiana coadiuvati dalla Fiscalia Nacional Antinarcoticos, mi resi conto del devastante impatto sociale e criminale che la produzione illegale di stupefacenti aveva causato nella popolazione colombiana. La conseguenza di ciò: l’anomia, l’incapacità di far rispettare le regole, sia esse basilari o complesse, aveva gettato la Colombia in un caos. Le istituzioni erano indebolite al punto di perdere ogni credibilità, mentre le mafie regnavano sovrane sul territorio. La popolazione sfiduciata ed inerme cercava soluzioni al di fuori della sfera politica ed istituzionale rivolgendosi direttamente ai criminali per avere soddisfazione ai propri bisogni. Lo scandalo dei “falsi positivi” aveva ulteriormente diminuito il livello seppur minimo di affidabilità delle autorità di governo. Ascoltavo con fervore i racconti dei miei colleghi che avevano realizzato uno studio molto approfondito sull’anomia; cercavo di trovare analogie con situazioni simili in Italia o in Europa, ma invano.
Negli ultimi anni, anche in Italia, mi sembra di cogliere gli inequivocabili segnali dell’anomia: anche in Italia, si sono verificati episodi di violenza sempre più gravi, dove l’affermazione di potere e la giustizia sommaria coinvolgono sempre più attivamente i minori, sia come aggressori verso i coetanei che verso gli adulti. Questi episodi hanno registrato un notevole aumento e le tecniche utilizzate sembrano ispirate a serie televisive, videogiochi o film, suscitando riflessioni profonde sulla qualità della vita condotta dagli adulti e dagli adolescenti in Italia. È evidente che vi sia una carenza di valori e insegnamenti, non confinata solo alle zone urbane marginali, ma che ha colpito pesantemente anche la classe media e le fasce sociali più agiate, come se la sindrome di “Arancia meccanica” avesse contaminato trasversalmente la società. Potrei fornire dati statistici a sostegno di queste osservazioni, ma credo che la cronaca quotidiana sia sufficiente a sottolineare solo la punta dell’iceberg di casi di violenza. Per coloro che fossero interessati, consiglio di consultare i link https://terredeshommes.it/comunicati/dossier-indifesa-2023-drammatico-record-di-reati-sui-minori/ e https://www.poliziadistato.it/statics/10/criminalita-minorile-in-italia-2010-2022.pdf.
Tornando agli incontri in Colombia, rifletto su come anche noi in Italia stiamo affrontando l’anomia. L’anomia rappresenta “l’assenza di norme” (dal greco “a-” per “senza” e “nomos” per “legge”); nell’ambito delle scienze sociali, questo termine descrive lo smarrimento di un individuo quando non si identifica più con il sistema sociale e non riesce a immedesimarsi nei suoi simili. Tre grandi studiosi hanno analizzato l’anomia nelle sue varie sfaccettature: Émile Durkheim, Talcott Parsons e Robert K. Merton. Personalmente, condivido l’interpretazione più ampia ma efficace proposta dal primo sociologo. Nel suo libro “La divisione del lavoro sociale” (De la division du travail social, 1893), Durkheim utilizza il termine per rappresentare la “deregolamentazione” che si verifica all’interno di una società quando le regole generali perdono efficacia e significato, e le persone si trovano disorientate.
Ad esempio in Italia, ove da anni i governi hanno sacrificato il sistema sanitario nazionale a favore delle imprese private, dove la sicurezza sul luogo di lavoro è trascurata sia in termini di normative sia di controlli, e dove ogni mese si assiste all’annuncio e alla realizzazione di sanatorie fiscali e amministrative, diventa sempre più evidente che le tasse che paghiamo finiscono per arricchire i politici e i loro accoliti, mentre noi dobbiamo ingegnosamente trovare soluzioni per problemi che lo Stato ha da tempo abbandonato.
Se un borseggio viene denunciato come smarrimento per evitare di incappare nel nuovo processo riformato che crea ulteriori problemi al danneggiato, se la violenza privata – importante reato sussidiario utile alla gestione dell’ordine pubblico (non quello degli agenti in tenuta antisommossa, ma la versione latina del diritto romano) è oggi un mero passaggio per il risarcimento del danno (sempre da dimostrare in altro processo civile) e mi fermo.
Anche io inizio a percepire un leggero sentimento di anomia verso lo Stato. Io vorrei, non vorrei ma se vuoi… Pago allo Stato quanto devo, non sono nelle condizioni di evadere il fisco, le tasse in generale, la mia vita è scandita da ritenute alla fonte operate direttamente dal gestore – lo stato appunto- e non ho idea di cosa vogliano dire “le innocenti evasioni” propugnate dai rappresentanti del Governo che reiterano condoni e pace fiscale a manovella. Ma lo Stato mi restituisce sempre meno in termini di servizi essenziali. Ditemi voi cosa ne pensate, io nel frattempo mi consolo con Lucio Battisti, senza guidare a fari spenti nella notte, anche perché, quando vedo un lampeggiante (Polizia, Carabinieri o Finanza) sorrido e rimpiango i tempi in cui il capopattuglia ero io.