Spiegate ai bambini che la guerra è una cosa orribile ma utile e necessaria. Con l’occasione dite loro che tra i criminali più efferati ce ne sono alcuni che non hanno la faccia feroce, indossano abiti eleganti e sorridono con apparente simpatia.
I piccini sono terribilmente testardi e, vai a capire perché, non trovano entusiasmanti i bombardamenti e i massacri a colpi di fucile mitragliatore.
Forse vale la pena di leggere loro l’articolo “Chi sono i 21 imprenditori diventati miliardari grazie alla guerra in Ucraina. C’è anche un italiano”. Non è stato pubblicato dalla stampa alternativa, non è un “ciclostile” distribuito nel volantinaggio di gruppi antagonisti, ma è uscito sulla testata non proprio proletaria “Forbes”.
I più piccoli non sanno che “pecunia non olet” e che – in assenza di esalazioni maleodoranti – il denaro è bello anche se macchiato di sangue di persone innocenti.
Facciamola finita con le fiabe e con la deprecabile istigazione ad amore, solidarietà, accoglienza. Se educati secondo gli standard etici correnti i bimbi impareranno i veri valori della vita.
Altro che fratelli Grimm…l’Andersen di riferimento non sarà più il tradizionale Hans Christian delle favole, ma piuttosto il “leggendario” Arthur protagonista di numerosi scandali finanziari.
Sapranno gioire e restare estasiati nel leggere che – ad esempio – il nostro colosso industriale Leonardo nel 2023 ha aumentato i suoi ricavi del 6,4 per cento rispetto l’esercizio precedente. Capiranno agevolmente che la fine dei conflitti – e ce ne sono anche tanti di cui non si parla – potrebbe riverberarsi negativamente sul bilancio e intristire gli azionisti che auspicano la pace e poi investono i loro denari in aziende che producono strumenti di morte.
Questa azione educativa non squisitamente montessoriana richiederà un po’ più di tempo per far comprendere i meccanismi delle triangolazioni commerciali e del dribbling di qualsivoglia embargo stabilito per frenare l’approvvigionamento di armi da parte di Paesi come la Russia che non ne fanno un uso “venatorio” o “sportivo”.
Si può prendere spunto da un’inchiesta giornalistica dell’IRPI (Investigative Reporting Project Italy). Scorrendone i dettagli. non ci si lasci impressionare dall’evidenza dei fatti, ma se ne distilli l’efficace percorso metodologico, grazie al quale l’industria italiana ha saputo far affari con una committenza che provvedimenti restrittivi avevano escluso da una potenziale generosa clientela.
E’ senza dubbio educativo imparare come 6.254 tra fucili e pistole e 1.107.600 cartucce, di fabbricazione italiana o di proprietà di marchi nazionali, siano arrivate in Russia dopo il 24 febbraio 2022.
Poca roba, dirà qualcuno, ma un piccolo esempio di briosa imprenditorialità che i giovanissimi possono identificare come “business model”.
Niente di male (e qui dico sul serio) perché il commercio di armi tramite intermediari e triangolazioni non è vietato.
Dove non arrivano le leggi, dovrebbe giungere la coscienza. Ma quest’ultima non è obbligatoria e sarebbe davvero insulso invogliare i ragazzini a crescere con principi, valori e ideali che non hanno alcuna redditività.