Non mi si venga a raccontare che è un segno del progresso. E, soprattutto, mi si spieghi perché questo genere di allarmi debba arrivare da Oltre Manica e mi si dica perché nessuno da queste parti si degna di affrontare seriamente una questione basilare se si ha a cuore il futuro delle nuove generazioni.
Ofcom, l’autorità di regolamentazione delle telecomunicazioni del Regno Unito, ha rilevato che quasi un quarto dei bambini di età compresa tra i cinque e i sette anni possiede uno smartphone. Se questo dato è inquietante, il colpo di grazia ci viene dato dalla medesima fonte che rappresenta che una percentuale simile di bimbi utilizza i social media senza supervisione.
E mica è finita. A guardar bene il numero maggiormente preoccupante – in quella fascia di età – si riferisce all’incremento dell’uso dei social rispetto l’anno precedente che ha visto passare dal 30 al 38 per cento dei piccolissimi che si rincretiniscono con Tik Tok e cose simili a dispetto dei limiti di età previsti per la fruizione di certe piattaforme.
Ofcom ha scoperto che i bambini in età scolare sono sempre più online e ricevono maggiore indipendenza digitale da parte dei genitori. Solo il 42 per cento dei piccolissimi accede ai social media sotto la “regia” di mamma e papà, mentre il 32 per cento si muove liberamente a proprio piacimento senza alcun controllo o guida.
In Gran Bretagna il Parlamento ha approvato nello scorso settembre l’Online Safety Act, la normativa quadro per la sicurezza in Rete, e ha conferito all’Autorità competente il potere di multare le aziende fino a 18 milioni di sterline (circa 21 milioni di euro) o al 10% delle loro entrate annuali globali, a seconda di quale valore sia maggiore.
Dalle nostre parti l’inerzia regna sovrana. Lo storico “Comitato Media e Minori” – nonostante le proposte di una minoranza interna ad impegnarsi su Internet e Social – ha continuato a preoccuparsi di tubi catodici e di programmi televisivi a distanze siderali dagli interessi dei giovanissimi. La cecità di quel conclave ha portato alla sua meritata soppressione stabilita dal decreto legislativo 25 marzo 2024, n. 50, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del successivo 17 aprile.
Si aspetti a sorridere di questa plateale fucilazione. Il futuro ci riserva qualcos’altro di altrettanta inefficacia.
Adesso inizia la stagione del “comitato consultivo interistituzionale con compiti di promozione e ricerca sui temi di alfabetizzazione mediatica e digitale, di esprimere parere nella fase di adozione dei codici di autoregolamentazione e co-regolamentazione dei fornitori di servizi media diffusi tramite qualsiasi canale o piattaforma, a tutela dei minori”.
Il comitato appena istituito è già avvolto dalle spire della burocrazia e deve aspettare i regolamenti di attuazione. L’importante sarà potersi vantare di farne parte e magari rimediare una “comparsata” in tv ogni tanto. Il resto conta poco.
La colpa dei minori in balia delle tecnologie digitali sarà di genitori e insegnanti, ma nessuno si chiede quali strumenti – educativi anzitutto – lo Stato abbia pensato di dare loro…