I casi sono due.
O si ha a che fare con le azioni di uno o più yes-men che per interesse, solo personale, hanno deciso di bloccare il commento televisivo dello scrittore, giornalista, docente universitario Antonio Scurati per farsi bello o belli nei confronti della proprietà ultima dei media di Stato, ovvero il Primo Ministro, oppure abbiamo assistito all’esecuzione di una raffinata strategia di diversione, perfettamente realizzata per amplificare la visibilità e credibilità del capo del governo, evitando possibili attacchi e imbarazzi in occasione della ricorrenza del 25 aprile.
Opportuno ricordare che in tale data si commemora la liberazione d’Italia dall’occupazione nazista e dal regime fascista, a coronamento della resistenza italiana al nazifascismo. Il 25 aprile 1945 è il giorno in cui il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) proclamò l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia, facenti parte del Corpo Volontari della libertà, di attaccare i presìdi fascisti e tedeschi, imponendo la resa, giorni prima dell’arrivo delle truppe alleate. Giorno fondamentale per la storia d’Italia, simbolo della lotta condotta dai partigiani e dall’esercito a partire dall’8 settembre 1943 (giorno in cui gli Italiani seppero dell’armistizio di Cassibile, frazione di Siracusa, firmato con gli alleati). (Fonte Wikipedia).
Pochi sanno che il 25 aprile come festività fu istituita con decreto del 22 aprile 1946 dal capo di stato di allora, il luogotenente generale del Regno d’Italia Umberto di Savoia, proprio a testimoniare come quella lotta fosse stata di popolo, fatto di monarchici, liberali, cattolici, azionisti, socialisti e comunisti.
Se si ha a che fare con l’ipotesi “yes-men”, termine traducibile in italiano adottando la nomenclatura proposta da Leonardo Sciascia nel “Giorno della Civetta” con “Quaquaraquà”, ovvero “ominicchi” che rappresentano quell’uomo mediocre e pavido che evita di prendere posizione in ogni situazione, preferendo rimanere nel suo confortevole stato di immobilità, è inutile perdere altro tempo. Niente di nuovo sotto il sole. La solita Italia dei furbetti in cerca di potere, capaci solo di combinare guai.
L’ipotesi “strategia” merita di essere approfondita. Non c’è strategia senza almeno un obiettivo. Nella fattispecie se ne possono indentificare almeno due: evitare imbarazzi al capo del governo e continuare a riscrivere la storia.
Gli imbarazzi al capo del governo, possono derivare dalla sua antica (dal 1993) e assidua frequentazione di una ben nota sede romana del Movimento Sociale Italiano (MSI) di cui le cronache si sono spesso occupate.
Opportuno ricordare che il Movimento Sociale Italiano (MSI), dopo il 1972 Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale (MSI-DN), fondato il 26 dicembre 1946 da reduci della Repubblica Sociale Italiana ed ex esponenti del regime fascista è stato un partito politico italiano d’ispirazione neofascista voluto «in opposizione al sistema democratico per mantenere viva l’idea del fascismo» nell’Italia repubblicana, non condannandolo espressamente; allo stesso tempo e a differenza di altri movimenti neofascisti sottolineò ripetutamente di non aver alcuna intenzione di riportare in vita il vecchio regime, ormai fuori dal tempo. Tale atteggiamento trovò efficacia nella formula «Non rinnegare, non restaurare» coniata da Augusto De Marsanich, segretario dal 1950 al 1954 e presidente dal 1954 al 1972.
Successivamente il MSI-DN si è dichiarato post-fascista e ha assunto posizioni anti-globaliste e legate all’idea corporativa, scettiche verso il libero mercato, come dimostrato in occasione dell’adesione dell’Italia al trattato di Maastricht e delle privatizzazioni del Governo Amato. (Fonte Wikipedia).
Vero che la Capo del Governo ha dichiarato di non essere fascista, ma non ha mai affermato di essere antifascista. Di certo non ha mai manifestato un qualsivoglia disaccordo con il suo collega e amico Fabio Rampelli quando dichiara che c’è stato del buono nel fascismo. Insomma la sua posizione la si può definire “afascista”: allo stesso tempo non antifascista, ma nemmeno fascista. Ottimo modo per accontentare tutti, senza farsi mettere in angolo.
Quindi quale è la strategia in questione?
Semplice.
Individuo un soggetto conosciuto per la sua trilogia dedicata a Benito Mussolini e lo invito a tenere un monologo in televisione nell’ambito di un Talk-show, ovvero rotocalco, che “ragiona sulla contemporaneità con l’idea progressista di far avanzare il pensiero. Ci sono dei comici, per uno sguardo ironico sulla realtà, e poi interviste a grandi personaggi, con uno sguardo più orientato al futuro che alla nostalgia”. Televisione di Stato, RAI 3. Gli si chiede di prodursi in un monologo per celebrare il 25 aprile e conoscendo la sua opera e posizioni, facile potersi aspettare una critica pesante al fascismo.
Si mette in piedi un teatrino sul compenso:1500 euro. No, 1800. D’accordo, allora 1500 + IVA. Patetica contrattazione il cui scopo è sia la stesura e raccolta di un numero significativo di messaggi di posta elettronica, sia la costruzione di un pretesto per non mandare in onda quanto proposto dall’autore.
Si raccolgono poi le evidenze, ovvero testo del monologo e messaggi di posta elettronica, per dare tutta la colpa della mancata messa in onda non ad attività di censura preventiva, ma alle eccessive pretese economiche dell’incauto e ingenuo autore che è caduto nel trappolone. Si innesca feroce polemica su censura sì, censura no, censura forse che coinvolge quotidiani, televisioni, media vari e chiunque possa parlarne. In contemporanea, testo del monologo, email e altre innegabili prove vengono fatte avere al Primo Ministro.
Opportuno riportare la parte conclusiva del monologo di Antonio Scurati, tanto per sapere di che si parla:
… “Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via”.
“Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023)”.
“Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana”.
Con mossa elegante e assai tempestiva, a dimostrazione della sua totale onestà e buona fede, il Primo Ministro pubblica sul suo sito il testo di Scurati, dicendo che nessuno ha censurato nulla, che il solo motivo della mancata messa in onda è perché non si sono messi d’accordo sul compenso, come documentato dai messaggi di posta elettronica. Ovviamente in suo possesso.
Il risultato della strategia è perfetto.
La tempistica è più che azzeccata. Scandalo esploso abbastanza giorni prima dell’evento perché se ne parli e per fare in modo che il tutto evapori prima della data fatidica.
La ricaduta sul soggetto più importante è quella desiderata.
Non è lei la cattiva. Lei non censura, anzi, condivide.
Non ha dovuto rispondere a domande imbarazzanti. Nessuno le ha fatto qualsivoglia domanda sulla sua posizione nei confronti del fascismo. Non ha dovuto prendere posizione. Il già citato afascismo, termine coniato da Giuseppe Berto (1914-1978), anche lui, caso strano, scrittore, drammaturgo e sceneggiatore, indica un atteggiamento di chi non prende posizione nei confronti del fascismo né in un senso, né in un altro, forse perché lo sente lontano nel tempo e nello spazio. L’afascismo viene rafforzato. La riscrittura della storia può continuare.
L’immagine della leader di Fratelli d’Italia ne esce migliorata e con le elezioni europee vicine non si poteva chiedere di più. Gran bel risultato.
I cattivi sono altri, scrittori che chiedono troppi soldi per un paio di minuti, dice la Primo Ministro, più di quanti ne guadagni un dipendente RAI in un mese. Unico errore da ascriverle. Qualcuno avrebbe dovuto farle presente che per scrivere quel paio di minuti di testo ci sono voluti decenni di studio, applicazione, duro lavoro. Sarebbe stato il caso di ricordarle un famoso aneddoto su Pablo Picasso: Pablo Picasso, seduto a un caffè di Parigi, viene riconosciuto da una signora che gli chiede di disegnarle qualcosa di veloce su un tovagliolo. Assecondandola, Picasso inizia a disegnare.
“Dovrei chiederle un milione di dollari!”, le dice sorridendo, una volta finito.
Confusa e presa alla sprovvista, la signora sottolinea che gli ci sono voluti solo 30 secondi per disegnarlo.
“No, mia cara signora, ti sbagli! Mi ci sono voluti 30 anni per disegnarlo in 30 secondi”.
Viste le prossime nomine e avvicendamenti, ben venga la sciagura sulla Rai, dove i vertici non vanno d’accordo, dove i giornalisti dichiarano di non essere liberi, dove i migliori se ne vanno.
Chi ci rimette è il povero Scurati. Quanta amarezza nel suo dichiarare: “Non polemizzo con nessuno, non aggredisco mentalmente e verbalmente nessuno.
All’improvviso mi ritrovo al centro di una polemica per aver fatto lo scrittore.
È stato duro, faticoso, doloroso.
Sono un privato cittadino che legge e scrive libri”.
Inoltre non viene pagato e non va in onda.
Se di strategia si è trattato, consiglio la Primo Ministro di prendere l’autore o autrice nel suo staff.
Così avrà almeno uno, o una, intelligente e che conosce bene il suo mestiere su cui contare.