È stato sciolto uno dei dilemmi delle imminenti elezioni europee: il generale Vannacci lo candida la Lega di Salvini.
Tanto si è parlato e dibattuto del suo libro e della sua candidatura, a mio parere non cogliendo alcuni elementi fondamentali, pratici, che consentono di comprendere la vicenda al netto dei pregiudizi ideologici. Provo, al solito, a ricostruire la vicenda, e si deve partire da lontano.
L’epilogo della vicenda giudiziaria conseguente l’attentato di Nassiriyah vide la condanna del generale italiano comandante il contingente, ma da più parti si alzarono voci che avrebbero voluto coinvolgere nelle responsabilità i vertici politico-militari della Difesa. Questi si organizzano e blindano, con l’estensione ai contingenti all’estero della normativa sulle responsabilità del datore di lavoro in materia anti-infortunistica.
In quel momento il Vannacci era comandante la missione in Iraq e intravide che, ad esempio, ove si fosse stabilita una diretta correlazione fra tumori e esposizione a uranio impoverito, avrebbe pagato i danni da solo, in quanto non avrebbe tutelato i propri dipendenti. Da cosa? Come? Non si sa ancora, ma in Italia ci sta che possa finire così. Reagisce chiedendo lumi su come prevenire certe sindromi, e nessuno gliene dà, perché non è che sia agevole darne. A quel punto non gli resta che blindarsi giudizialmente, riferendo a procure militare e ordinaria la situazione, e l’assenza di indicazioni dall’alto.
La cosa non passa sottotraccia, in via XX Settembre. Quando scoppiò il problema dell’uranio impoverito il presidente della Repubblica in carica era ministro della Difesa, e mentre Vannacci era in Iraq a capo del Comando di Vertice Interforze vi era colui che diventerà capo di Stato Maggiore della Difesa e poi chairman della struttura militare della NATO a Bruxelles.
Non c’è bisogno che si siano adombrati e abbiano chiesto la sua testa, le strutture piramidali, militari e civili, son fatte così. Cantare fuori dal coro dà fastidio, e ammesso che ci sia qualcuno che la pensi come il reprobo, vale la regola di tacere: l’incauto verrà messo da parte e sarà un concorrente in meno.
Vannacci allora rotola giù in graduatoria alla promozione a generale di brigata, perde terreno, molto, tanto da non poter ragionevolmente più rientrare fra coloro che verranno promossi a generale di corpo d’armata, grado vertice. Certe perdite di terreno, diciamolo pure, normali non sono.
A quel livello, con le note caratteristiche al massimo e impreziosite di tutte le paroline magiche e criptiche, difficile giustificare la perdita o il guadagno di una posizione. In questo caso se ne erano perse 3 o 4. Sì, esistono i ricorsi amministrativi, ma occorrono anni e arriva prima il pensionamento.
Neanche un miracolo riporterebbe il generale incursore in lizza per la promozione, e del resto gli viene assegnato comando di seconda categoria quale l’Istituto Geografico Militare. Trombato.
Neanche un miracolo, a meno che non si faccia ricorso all’arma della politica, quella che evidentemente l’interessato mai ha coltivato. Lo dimostra il fatto che non abbia trovato subito una sponda.
Nasce allora “Il mondo al contrario”. Serve per attirare l’attenzione, non si sa mai. Potrebbe parlare dei suoi trascorsi, delle sue guerre, di dove-come-quando ha rischiato per l’Italia. Non servirebbe: lo comprerebbero gli amici e commilitoni. Da perfetto stratega sceglie di trattare di argomenti che, bene o male, vedono concordi decine e decine, magari centinaia di migliaia, forse milioni, di elettori. E sbanca. Con le vendite e con le polemiche, ottenendo ciò che voleva, l’attenzione della politica, che si nutre di polemiche.
Purtroppo per lui gli si scaglia contro il ministro della Difesa, che senza attendere di aver capito la situazione, lo definisce “farneticante”, si affretta a informare la stampa di averlo redarguito per essersi presentato in borghese all’udienza, gli appioppa la sanzione di stato della sospensione dal grado per 11 mesi. Purtroppo per Vannacci perché ciò rende impossibile una sua candidatura col partito sicuramente più vicino al suo mondo. Purtroppo anche per il ministro che si trova contro una bella fetta di militari, prima tutti con lui per genuflessioni e dichiarazioni grondanti amor di Patria.
Non par vero a Salvini, che qualche anno fa ha visto erosa la sua leadership della destra con lo spostamento di voti verso Fratelli d’Italia, e comprende che può rendere il servizio, e lo candida.
Ora, in attesa del verdetto delle urne, il disegno operativo del generale Vannacci si delinea e si concretizza. Trombato dalla propria amministrazione che non intende farlo giungere al grado di generale di corpo d’armata, lui ha trovato il modo, con le vendite dei libri e la probabile elezione al Parlamento Europeo, di raggiungere e superare i guadagni stipendiali e pensionistici preclusigli dalla mancata promozione.
“Già – dirà il solito critico – però la soddisfazione della “terza stella con la greca” gli viene preclusa!”
E invece no.
Se eletto, al termine del mandato, fra 5 anni, vedrà la carriera ricostruita e dovrà essere posizionato, ope legis, davanti al 1° della sua aliquota di promozione che, in quei 5 anni, sarà per forza diventato generale di corpo d’armata. Oppure ciò accadrà appena andrà in pensione, da parlamentare. Del resto un incursore che non ha o non ha potuto bazzicare l’arena della politica, non credo potesse aspirare ai ruoli politici connessi alla “4^ stella”.
Non so come la pensi il generale Vannacci sui temi da lui dibattuti e fonti d’inenarrabili polemiche su tutti i media. Al netto di ciò che ha scritto per davvero, e di ciò che hanno cercato di fargli dire o d’interpretare dal suo best seller, rimane che in 35 anni e passa di carriera nessuno abbia potuto testimoniare di suoi comportamenti sessisti, intolleranti verso minoranze gay, razzisti. Alla fine c’è persino da dubitare che pensi davvero ciò che gli vogliono far teorizzare i suoi avversari, atteso che è stato anch’egli giovane e impulsivo, e se avesse avuto idee del tipo aggredite da alcune testate e da politici di sinistra, almeno qualche volta le avrebbe incautamente manifestate. Invece nulla: come se davvero di quei problemi mai davvero si sia interessato.
In sintesi, quindi, chapeau a lui, per come ha condotta la sua battaglia. Non m’interessa sapere se meriti o meno, se abbia ragione o meno nello scontro con la sua amministrazione, se il suo comportamento sia eticamente riprovevole o meno. Tra l’altro quest’ultimo aspetto può essere valutato risolvendo prima un altro interrogativo: fu etico il comportamento della sua amministrazione?
Non essendo io in grado di rispondere a tutte queste incognite, mi basta osservare che, tecnicamente, abbia condotto la sua battaglia in modo magistrale.
Fra l’altro, con una casa editrice – la PIEMME, la stessa di Salvini col suo “Controvento” – sarà più facile essere tradotto in lingue europee più appetibili, innescando un processo di diffusione delle sue opere che potrà solo essere facilitato dal suo assidersi al Parlamento Europeo.
Non amo discettare di ideologia, preferisco limitarmi alla valutazione della capacità tecniche. Vannacci ha vinto.