Il primo maggio si celebra la Festa dei lavoratori, un evento che ricorda le battaglie operaie combattute a metà del 1800 per la conquista di diritti e sicurezza sul luogo di lavoro. In particolare, in questa data si festeggia l’orario di lavoro quotidiano fissato in otto ore: una richiesta oggi normale ma del tutto rivoluzionaria nel 1855 in Australia, quando si propagò il movimento che lanciò lo slogan “8 ore di lavoro, 8 di svago, 8 per dormire”.
Oggi primo maggio voglio dedicare il mio contributo di “approfondimento” alla Festa dei lavoratori. Questa bella festa nata a Parigi il 20 luglio 1889, non deve essere attribuita solo a una particolare classe di lavoratori in base all’appartenenza a un determinato partito politico, a una specifica fede religiosa o all’ateismo, ma non stancarsi mai di confermare che appartiene a tutti.
Un po’ di storia è necessaria per inquadrare bene le origini della festa del 1° maggio che nasce in quanto scelta dal movimento di lotta di tutti i lavoratori senza barriere geografiche e sociali per affermare i propri diritti e migliorare la propria condizione di vita. Si iniziò a dibattere sulle otto ore lavorative in Australia nel 1855 e da lì si aprì la strada per individuare un giorno in cui tutti i lavoratori potessero incontrarsi per far propria la lotta e affermare la loro autonomia e indipendenza. La “Prima Internazionale” dell’Associazione dei Lavoratori si riunì a Ginevra nel settembre 1866 e ne scaturì la proposta concreta delle otto ore come limite legale dell’attività lavorativa. Sempre nel 1866 lo Stato dell’Illinois approvò una legge che introduceva la giornata lavorativa di otto ore; ma ancora con molte limitazioni. La legge entrò in vigore il 1° maggio 1867 e quel giorno venne organizzata a Chicago una grande manifestazione di lavoratori.
A seguire, nell’ottobre del 1884 la Federation of Organized Trades and Labour indicò il 1° maggio 1886 come data limite a partire dalla quale gli operai americani si sarebbero rifiutati di lavorare più di otto ore al giorno. Finalmente a Parigi il 20 luglio 1889, durante la Seconda Internazionale, si decise di adottare il 1° maggio come festa dei lavoratori.
In Italia dopo la sospensione della festa del 1° maggio nel periodo fascista (sostituita dal Natale di Roma il 21 aprile) si riprese a festeggiare i lavoratori all’indomani della liberazione il 1° maggio 1945, ma stavolta se ne impossessarono le opposizioni e soprattutto il Partito Comunista con i propri simboli. In quel periodo, proprio per le contrapposizioni generate da quella festa, avvenne la strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano spararono contro i lavoratori che assistevano a un comizio comunista.
Negli anni successivi al 1948 le piazze del 1° maggio divennero lo scenario della profonda spaccatura in atto nella politica nazionale che portò anche alla scissione sindacale. Nemmeno la presa di posizione di Pio XII, con il discorso tenuto in Piazza S. Pietro il 1° maggio 1955 in occasione della solennità di San Giuseppe Artigiano, che fece aderire ufficialmente alla Festa del Lavoro laica anche i lavoratori cattolici, contribuì alla pacificazione degli animi troppo divisi dalle ideologie politiche. Bisogna arrivare al 1970 per assistere al miracolo del progressivo abbandono delle tradizionali forme di celebrazione del 1° maggio grazie alle trasformazioni sociali e alla crescente maturità democratica. Oggi, infatti, la festa dei lavoratori ha assunto il vero aspetto di una manifestazione unitaria che supera il momento delle contrapposizioni politiche e vede anche i sindacati (Cgil, Cisl e Uil) uniti con lo spirito originale esclusivamente rivolto al miglioramento delle condizioni di lavoro e, più in generale, di vita dei lavoratori. La festa è già, e lo diventerà sempre più, una riunione pacifica e unitaria per far acquisire ai lavoratori coscienza delle proprie forze, gioire delle prospettive per l’avvenire e richiedere alla politica obiettivi comuni.
Gli auguri formulati per la festa del 1° maggio 2018 da papa Francesco: “Celebriamo san Giuseppe lavoratore ricordandoci sempre che il lavoro è un elemento fondamentale per la dignità della persona”. E dal Presidente Mattarella: “Il Primo Maggio è anche una festa della nostra democrazia. La Costituzione pone il lavoro a fondamento della Repubblica. … Orgogliosi della nostra Carta costituzionale, la assumiamo come una costante sollecitazione a superare gli ostacoli che si frappongono a una piena affermazione del diritto al lavoro, a un buon lavoro”.
Mi piace terminare questo mio contributo al 1° maggio ricordando la festa del 1955 quando nel discorso in occasione del decimo anniversario delle ACLI, Pio XII ripropose san Giuseppe come patrono e modello al mondo del lavoro, e istituì la festa liturgica di san Giuseppe artigiano: “Il 1° maggio, ben lungi dall’essere risveglio di discordie, di odio e di violenza, è e sarà un ricorrente invito alla moderna società per compiere ciò che ancora manca alla pace sociale.
Festa cristiana, dunque; cioè, giorno di giubilo per il concreto e progressivo trionfo degli ideali cristiani della grande famiglia del lavoro”. Il pontefice aggiunse: “Amiamo annunziarvi la Nostra determinazione di istituire la festa liturgica di san Giuseppe artigiano, assegnando a essa precisamente il giorno Primo maggio… l’umile artigiano di Nazareth non solo impersona presso Dio e la S. Chiesa la dignità del lavoratore del braccio, ma è anche sempre il provvido custode vostro e delle vostre famiglie”.
Da allora tutti i Papi che sono seguiti hanno considerato il 1° maggio anche la festa dei lavoratori cattolici e, soprattutto, hanno contribuito a far sì che fosse una festa che unisce tutti i lavoratori nella pace e nella concordia sociale.
A me sembra che ci siamo riusciti anche grazie a loro.