I giovani non conoscono la storia del modesto appartamento al numero 14 di Boulevard Principesse Charlotte che ha segnato l’eclissi di un affermato leader politico.
Chi ha letto la notizia della condanna a 2 anni e 8 mesi per riciclaggio inflitta in primo grado all’ex Presidente della Camera dei Deputati, probabilmente non avrà la visione globale di uno scenario opacizzatosi con il trascorrere del tempo.
Penserà all’ennesima congiura delle “toghe rosse”, che uccidono “un uomo morto” come Maramaldo alle prese con Francesco Ferrucci, e non immaginerà gli intrecci di una certa politica con una certa “imprenditoria”. In effetti il protagonista della vicenda giudiziaria è già stato giustiziato dall’oblio, cancellato da una provvidenziale “damnatio memoriae”, vittima di una eutanasia mediatica in un raro momento di coscienza dell’essere impresentabili.
Sullo sfondo c’è l’epopea delle “slot machine” e delle infinite irregolarità e violazioni di legge che ne hanno caratterizzato l’eutrofia. Proprio per questo mi riesce difficile scrivere e descrivere.
Se mi chiamassi Pirro canterei vittoria. Non sono il Re dell’Epiro e non vedo proprio nulla di che gioire. Il mancato freno al gioco d’azzardo ha bruciato le radici della società, moltiplicato a dismisura l’ampiezza del fenomeno della ludopatia, arricchito proporzionalmente il famelico popolo degli usurai, coperto d’oro i gestori di quello sporco affare, depredato economicamente e moralmente milioni di famiglie.
Si continua a legiferare tutelando attività che hanno palesi capacità distruttive, speculando sulla disperata ricerca della fortuna di malati dell’azzardo e sventolando come vessillo il “tanga” dei magri introiti che ricava lo Stato.
Soltanto uno sparuto manipolo di coraggiosi continua ad opporsi a questo orripilante train de vie.
Ammiro chi si ostina a combattere una battaglia impari contro la fabbrica della disperazione costituita dalle “macchinette mangiasoldi” ormai presenti ovunque e accessibili a tutti.
Ero ostinato anch’io. Con dolore ho gettato la spugna dodici anni fa, vedendomi persino preclusa la possibilità di mantenere il ruolo di protagonista delle pagine di Cervantes.
Quando mi hanno tolto i mulini a vento mi sono arreso. Il 23 marzo 2012 il Comando Generale ha pianificato di destinarmi alla frequenza del corso del Centro Alti Studi Difesa (CASD, dove insegnavo da una quindicina d’anni), mi ha convinto della mia residuale utilità alla GdF e mi ha indotto a trovare altrove opportunità in cui profondere le mie energie.
La mia vita è cambiata dinanzi al fatidico “ad impossibilia nemo tenetur”. Nessuno è tenuto a cimentarsi in imprese impossibili.
E così, mettendo in fila una serie di fatti puntuali, ho cercato di colmare il mio vuoto pensando di non aver studiato adeguatamente il campo di battaglia.
Non ricordo – e nemmeno lo voglio fare ora – tutte le concatenazioni che palesavano la mia ingenuità, ma posso provare a rielencarne qui alcune, invitando chi legge a seguire il percorso e lasciarsi andare liberamente alle rispettive personali considerazioni.
Cominciamo.
Gianfranco Fini era notoriamente legato ad Amedeo Laboccetta, ora ex parlamentare del Partito della Libertà.
Amedeo Laboccetta era il rappresentante legale in Italia della Atlantis World Group of Companies, una delle concessionarie del cosiddetto “gioco legale”.
La Atlantis faceva capo a Francesco Corallo, figlio di Gaetano Corallo il re dei casinò in area caraibica che tra le proprie amicizie vantava quella di gentiluomini come Nitto Santapaola.
Nel 2004, secondo quel che scrisse la PM Barbara Sargenti, Fini è stato ospite dei Corallo a Saint Marteen con altre 14 persone per due settimane.
Generosità ed accoglienza a casa Corallo non sono mai mancate, perché due anni prima in occasione del capodanno 2002 era stato – se è vero quel che uscì sulle pagine de La Verità – coccolato una quindicina di giorni Adolfo Urso con una coppia di amici.
La famiglia Corallo ha ricevuto un finanziamento da 148 milioni di euro dalla BPM Banca Popolare di Milano grazie ad un presunto interessamento del suo Presidente pro tempore Massimo Ponzellini (incidenter tantum, cugino del bocconiano Giancarlo Giorgetti che a sua volta è stato alla Corte di Prodi e poi di Tremonti).
Tornando ai fatti, sono sempre i Corallo che mettono i soldi per la casetta di Montecarlo…
Vabbè, dai… Non andiamo oltre.
La mia indagine sulle “slot machine”, quella degli oltre 90 miliardi di danno erariale poteva meritare un premio? Qualcuno parlò di “sanzioni mostruose”, non sapendo che quella somma era solo il totale delle penali contrattuali il cui importo era stato regolarmente pattuito tra Monopoli di Stato e Società concessionarie…
La sentenza di questi giorni – per condannati ed entità della pena – è proporzionale al numero di metri quadri dell’immobile monegasco, ma la superficie del malaffare che ruota attorno al gioco d’azzardo è pressochè infinita e coinvolge la politica di ogni colore…
Ci si limiti a trovare la maniera di spiegare a chi è stato stritolato dalla ludopatia o dissanguato dagli usurai che non c’è speranza. Il Paese è questo e certe liason tra politica e “affari” sono parte del suo ciclo biologico. Chi cerca di intralciarne il corso è “fuori gioco”. Viene ammonito più volte (si legga ad esempio l’ultima pagina di questo link) e, alla fine, arriva sempre il “cartellino rosso”….