Le elezioni europee sono ormai alle porte, mancano meno di quaranta giorni ma le sorprese continuano a rincorrersi. Dapprima sembrava che nessuno dei leader dei partiti volesse candidarsi in prima persona, ora quasi tutti si stanno candidando “mettendoci la faccia” come si suol dire.
La gran parte dei commentatori politici, anche ex esponenti di partito che avrebbero potuto farlo in passato, reputano poco opportune queste discese in campo. Candidature “farlocche” si potrebbe dire con una dizione gergale in quanto nessuno dei candidati leader dei partiti andrà a sedere sugli scranni di Bruxelles. Le candidature di facciata, specie se in più o tutte le circoscrizioni nazionali, sono un elemento che ancor di più disorienta l’elettore, già poco propenso a recarsi alle urne.
Qualche elettore si domanderà: che significato ha votare qualcuno che poi non va al Parlamento europeo? Si tratta di un’elezione o di un sondaggio elettorale sulla persona? Troppi leader vogliono mutare la consultazione elettorale europea in un sondaggio personale, di partito, di coalizione, di governo, qualsiasi sia l’area di appartenenza politica. Sulla serietà della scelta c’è da discutere anche perché, sinora, non è mai accaduto in modo così massivo. Le elezioni sembrano mutarsi in sfide personali che potevano ben compiersi in confronti sui media.
Chi ascolta i dibattiti politici? Meglio telenovele, giochi di varia natura, partite ed altro. Sante “tribune elettorali” di un tempo che veramente davano un indirizzo di scelta all’elettore perché gli oratori erano chiari e diretti, intervistati da giornalisti di calibro, politici di ogni schieramento che, al di là delle idee molto diverse, si rispettavano e non fomentavano tifoserie con insulti non troppo velati.
Per sottolineare quanto la candidatura sia un fatto anche personale il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nella convention di Pescara, ha dichiarato che sulla scheda elettorale sarà sufficiente scrivere soltanto ”GIORGIA”. Sicuramente geniale, ha spiazzato tutti gli altri leader politici. Lo stesso Silvio Berlusconi si era limitato a cori da stadio, nelle varie kermesse, che inneggiavano a “SILVIO”.
Chi da anni segue la politica sa bene che negli ultimi giorni, talvolta nell’ultimo giorno utile, qualche leader tira fuori dal cilindro una promessa vera o falsa o deleteria; non importa occorre solo che l’elettore (ormai pochi) voti con il suono di quella promessa che ronza nel cervello. Per cui da ora all’ultimo giorno utile sentiremo tante amenità.
Tornando alla personalizzazione del voto, si ventila che il candidato della Lega Roberto Vannacci potrebbe far scrivere sulla scheda elettorale semplicemente “GENERALE”. Se la cosa si avvererà saremo alla farsa, qualcosa di tragicomico. In passato, per i non più giovani, avvenne per Bettino Craxi. Il suo nome di battesimo era Benedetto per cui sulla scheda era scritto “Benedetto Craxi detto Bettino”. Come per ogni altro che soleva farsi chiamare con altro nome o con un diminutivo, più o meno fantasioso, la scelta trovava una logica non strumentale o personalistica o populista.
Ce lo immaginiamo se Andretti avesse detto scrivete solo “GIULIO” o Fanfani solo “AMINTORE” e via di seguito? O qualcuno il “Divo” o lo “Squalo” o un nome di copertura utilizzato in altri momenti. A questo punto ben ne avrebbe diritto Sergio Di Caprio a far scrivere “Capitano Ultimo”. Ciascun candidato potrebbe trovare uno pseudonimo più o meno realistico. Anche letteratura, arte, cinema, musica ed altro potrebbero indicarci tanti esempi.
Qualcuno, però, forse invano, si ostina pervicacemente a sperare che la politica possa offrire qualcosa di serio al cittadino. Pie illusioni?
Al di là del populismo sfrenato che va a coincidere con personalismi, tali scelte creano dei precedenti, tutt’altro che positivi, che confondono un già stanco e svogliato elettore che vede nell’Europa un’Istituzione politica molto lontana dal suo personale quotidiano. Questo senza aggiungere che buona parte della campagna elettorale per le elezioni europee si sta concentrando contro l’attuale Europa, ovvero cambiare le sue politiche, politiche sconosciute allo sconcertato elettore medio. Solo slogan ad effetto, per lo più difficili da realizzare, poiché i Paesi sono ben ventisette ed ognuno partecipa con diverse finalità politiche.
Se si è contro l’Europa, come taluni fanno intendere con chiarezza, perché recarsi al voto? Non si capisce se il voto sarà esilarante o deprimente con nuove esternazioni, dichiarazioni, programmi fantasiosi, fantasmagorici ed altro. Al netto di tutto ci attendono terremoti politici sui quali è difficile preconizzare a livello europeo mentre sono abbastanza scontati quelli a livello domestico.