Basta poco per lasciare il segno, restare nella memoria collettiva, suggellare ancor meglio che con la ceralacca il proprio “status”.
Ci sono occasioni in cui chi è bravo sa dosare e miscelare l’eleganza alla cordialità, la sfolgorante “noblesse” alla timida manifestazione di umiltà di chi è pacatamente orgoglioso di appartenere al popolo che rappresenta.
Lo si vede dall’approccio con chi si incontra, in quei momenti in cui ci si presenta e si vuole essere ricordati. E’ l’istante dell’impressione che si vuole lasciare e che certamente rimarrà scolpito negli annali. E’ il lampo che rimane storico e indimenticabile come il cadenzato “Bond, James Bond” che è indelebile in ciascuno di noi.
La stretta di mano diventa il biglietto di visita, in cui al proprio nome si antepone il titolo accademico o il grado. Pensiamo all’impavido “Ragionier Fantozzi” o ad altri memorabili “shake hands”: il tempo è breve e – non potendo sciorinare il lungo elenco di qualifiche, diplomi o ruoli – si deve scegliere l’etichetta che meglio possa intimidire la persona cui si dà la mano, i presenti nelle immediate vicinanze, quelli che potranno vedere e rivedere la propria presentazione grazie all’immancabile telefonino che filma tutto e propaga all’infinito.
“Quella stronza della Meloni” – ipse dixit – è rimbombato nelle case degli italiani stagliandosi nitidamente come il fatidico “In hoc signo vinces” apparso all’imperatore Costantino poco prima della battaglia di Ponte Milvio.
L’appellativo scelto è indice di grande self-control e di umiltà. Un’altra persona, magari traboccante di superbia, avrebbe detto “Quella grande stronza” e una megalomane forse avrebbe sussurrato “Quella grandissima stronza”, ma è proprio in certi dettagli che si profila il saper contenere i propri meriti, il non sfoggiare qualificazioni magari conquistate con anni di impegno e sacrificio, il non voler sottolineare la propria naturale superiorità.
In un’epoca in cui l’usurpazione di titolo è regola rigorosa, sincerità ed essenzialità devono prevalere.
Un grande esempio. Quella stretta di mano a Caivano incenerisce altri memorabili incontri: da Teano a Yalta, tutto passa in secondo piano.
Orgoglio e patriottismo si condensano nella telegrafica incisività che rende banale persino il “Veni, vidi, vici” che molti hanno sempre ritenuto un simpatico scioglilingua delle scuole elementari.
La spontaneità diventa la nostra bandiera. Anche se nessuno (o quasi…) ha voluto evidenziare l’episodio sulla stampa, è stata una lezione che il mondo intero ha dovuto incassare.
L’imminenza del G7 a presidenza italiana infonde nei connazionali il desiderio di dare un contributo di idee perché quell’evento superi la notorietà planetaria che con fatica abbiamo guadagnato in analoga circostanza a Genova una ventina di anni fa.
Alla già pianificata “gara di rutti” che vedrà impegnate le delegazioni nella masseria che ospiterà i lavori, si aggiungono le proposte del “popolo” che meglio identifica la collettività. Al momento solo una indiscrezione è filtrata dalla plumbea cortina di riservatezza che avvolge i preparativi. Pare che nel kit distribuito ai Capi di Governo ci sia un “cuscino scoreggione”, che i leader potranno utilizzare posizionandolo sulla sedia del vicino di tavolo così da creare una armoniosa atmosfera di simpatia nel rispetto dei protocolli formali…