Ai tempi di Shakespeare non c’era l’informatica e quindi ad Amleto tocca in sorte un banale dubbio esistenziale. Imprenditori e dirigenti pubblici – non contemplati nella storica letteratura inglese – devono invece rispondere a quesiti legati ad una quotidianità sempre meno rassicurante.
E’ stagione di attacchi hacker e ogni giorno la disperazione esplode come un geyser facendo affiorare situazioni di estrema difficoltà e balenare epiloghi tragici.
Gli “incidenti” tecnologici, così piace chiamare eventi drammatici che forse si potevano evitare, fanno inciampare la corsa dell’Italia produttiva che per esser competitiva ha messo da parte la zavorra costituita dalla sicurezza.
Se leggiamo continuamente di morti nei cantieri o nel mondo delle tute blu, con la medesima frequenza dovremmo trovare sui giornali le notizie di imprese cadute dalla loro impalcatura informatica in cui mancavano le dovute protezioni. Ad onor del vero non se ne parla e – singole disavventure a parte – varrebbe la pena affrontare l’argomento per capire cosa stia succedendo e perché non lo si riesca a scongiurare.
I pirati informatici – o meglio i “corsari” al soldo del Cremlino – stanno dominando i mari di Internet e non esitano ad arrembare qualunque “vascello” che navighi su quelle acque.
“Salgono a bordo”, saccheggiano tutto quello che hanno a portata di mano, devastano i tesori che si pensa non siano riusciti a caricare sulle scialuppe virtuali. L’equipaggio preso a bersaglio dorme, si riposa perché magari è “weekend”, non immagina nemmeno cosa si stia verificando.
Gli incursori se ne vanno indisturbati, forse persino un po’ delusi per non aver dovuto duellare e combattere, dispiaciuti di non aver provato emozionanti confronti…
Prima di sbarcare lasciano un biglietto, chiedendo un riscatto e minacciando altre azioni di veemenza inaudita.
Con calma, assoluta calma, il lunedì chi trova il “post-it” dei criminali esclama “ullallà” o – se volgare – si lascia scappare il tradizionale “occheccazzo!” che sintetizza la sorpresa.
Trasponendo il racconto ai giorni nostri, una mail sveglia dal torpore chi – annoiato dalla inossidabile routine – finalmente (e involontariamente) si ubriaca di adrenalina.
I sistemi sono inchiodati, gli archivi elettronici illeggibili, le applicazioni stordite da dati avvelenati: il patrimonio informativo è stato crittografato da qualche maledetto e non è più utilizzabile. Chi ha nervi saldi indica nel “back-up” la soluzione del problema, perché teoricamente le copie di salvataggio dovrebbero attutire l’impatto di una simile sciagura.
I più prudenti, spesso derisi per il loro approccio primordiale di riporre i dischi di emergenza in cassaforte, sanno che il fastidio sarà quello di recuperare il lavoro svolto dal momento del back-up alla ripartenza.
I più “scafati”, quelli che “il back-up costa e rallenta le attività”, ammetteranno di non averlo fatto e quindi il problema del ripristino non si pone…
Gli “efficientisti”, quelli che “il back-up è sempre in linea e non conosce interruzioni”, riveleranno che i criminali hanno ovviamente avuto accesso anche a quello e altrettanto ovviamente lo hanno criptato…
Diamo per buono che solerzia e precisione di inarrestabili scrupolosi IT manager abbiano messo spalle al muro chi in azienda vuole risparmiare e comincia sempre tagliando i costi superflui della sicurezza.
Immaginiamo che il back-up ci sia, che le macchine siano state bonificate o sostituite, che il “restore” abbia funzionato a perfezione (operazione che nessuno azzarda mai a simulare “in tempo di pace”), che si sia colmato il gap creatosi tra incidente e completamento del ripristino, che tutto sia tornato alla normalità…
L’argomento sembra chiuso. In realtà resta una domanda. Forse più di una.
Che dire dei dati rimasti nelle mani delle persone sbagliate?
Cosa se ne faranno mai di tutte quelle informazioni? Le venderanno al miglior offerente o le pubblicheranno per spianare la strada ad un “concorrente” che non è interessato a montagne di byte ma si accontenta di polverizzare la reputazione della realtà con cui contende il mercato?
I criminali sembrano buoni e promettono – dietro lauto compenso – di non divulgare quel che hanno sgraffignato. In alcuni casi si mostrano persino disponibili a fare uno “sconticino”… Ma si può fare affidamento sulla discrezione e il riserbo di birbaccioni matricolati?
Torneremo a parlarne….