L’autorizzazione a fornire i caccia F16 a Zelensky è arrivata da Biden nell’agosto dello scorso anno. Il numero totale di velivoli racimolati in Europa potrebbe raggiungere la cifra di sessanta, tra quelli già consegnati e quelli che lo saranno entro il 2028. Contestualmente all’autorizzazione americana si è cercato di far cominciare ai piloti ucraini l’addestramento necessario per volare su questi velivoli. Attualmente vi sono molte difficoltà per immettere in linea piloti qualificati. I numeri al momento appaiono molto esigui.
Si parla di una dozzina di piloti addestrati in Danimarca, troppo pochi per formare un Gruppo di Volo che possa efficacemente operare contro i Russi. Scarseggiano di fatto i centri che potrebbero fornire l’addestramento necessario ad altri piloti. Negli Sati Uniti vi sono varie basi dell’aeronautica che erogano l’addestramento, come ad esempio a Tucson, in Arizona, dove è probabile che a breve comincino l’addestramento una decina di aviatori ucraini. Vi sono naturalmente altre basi come Luke in Arizona o San Antonio in Texas, che però non hanno disponibilità al momento. Si sta pensando di aprire un centro di addestramento in Romania, ma i tempi di allestimento non saranno brevi. Insomma, la componente umana è molto difficile da formare ed i tempi si allungano.
Dicemmo in passato e lo ribadiamo ora che l’F16 di per sé non potrà cambiare le sorti della guerra. I numeri di tali velivoli sono esigui. L’esperienza dei piloti per operare questo nuovo sistema d’arma troppo limitata. La logistica è drammaticamente indietro. Per operare l’F16 servono basi aeree opportunamente attrezzate ed atte a consentirne le operazioni: la pulizia delle piste e delle vie di rullaggio deve essere maniacale, poiché il velivolo data la conformazione della presa d’aria è prono a risucchiare qualunque cosa si trovi nelle sue vicinanze causando danni al motore anche di grande entità; in questo caso ovviamente il velivolo si ferma finché non si ripara o si sostituisce il motore.
La manutenzione di un velivolo non è cosa semplice e richiede un addestramento specifico per il personale preposto; anche qui occorre tempo e gente adatta allo scopo.
Il programma F16 è drammaticamente in ritardo su tutti i fronti e l’unica cosa che potremmo vedere nei prossimi mesi è un esiguo numero di questi velivoli che proveranno ad operare nei cieli ucraini.
Dico “proveranno” non a caso.
Data l’indisponibilità logistica delle basi Ucraine e l’impossibilità di allestire una completa linea di manutenzione, questi velivoli potrebbero essere basati in Polonia e Romania. Più probabile quest’ultima.
Quindi si tratterebbe di farli decollare da uno di questi aeroporti per farli operare nei cieli Ucraini. Ciò che viene raccontato è che decollerebbero scarichi (senza bombe o missili aria aria a bordo), atterrerebbero in una base Ucraina per essere riforniti di carburante e armamento e poi di nuovo in volo per compiere la missione di guerra.
Questa narrativa, ancorché tecnicamente possibile appare davvero ridicola nel suo enunciato ed appare ancor più ridicolo il maldestro tentativo di segnalare a Putin il non coinvolgimento delle forze occidentali nella questione.
Sorvolando chiaramente sul fatto che questi velivoli (pochi) sono forniti dai paesi europei ed anche l’addestramento, con questa soluzione diventerebbe del tutto evidente che l’operabilità di tale sistema d’arma è totalmente in mano alla Nato. Di più; chi potrebbe credere che i velivoli che decollano dalla Romania non vadano direttamente a compiere missioni in territorio Russo? Sarebbero certamente legittimi bersagli anche se fossero nello spazio aereo Rumeno ed anche le basi da cui fossero decollati diventerebbero target possibili. Insomma, lo scenario si complicherebbe notevolmente. A queste condizioni non credo che vi siano moti politici europei disposti ad innescare tali pericolose dinamiche. E nemmeno Biden. Ed ecco si spiega perché è così difficile trovare centri di addestramento negli Usa.
Come si vede questa storia degli F16 è ancora una volta il tentativo di dare a noi occidentali l’idea che questa guerra si possa in qualche maniera indirizzare verso un cambiamento che porti alla vittoria Ucraina. Che poi cosa significhi “vittoria Ucraina” questo non lo sa nessuno. O meglio , ciascuno da una propria versione , che va dalla completa liberazione dei territori in mano russa, Crimea inclusa, a tutta una serie di gradazioni di possibilità. Quando lo chiesero a Lloyd Austin (il ministro della difesa americano) in una audizione al Senato, fu palese la difficoltà con la quale dette la sua vuota risposta.
Tutta questa maldestra manfrina sugli F16 si colloca in uno scenario di guerra sempre più critico per gli Ucraini. È notizia di queste ore che alcune forze Cecene e della ex Wagner siano penetrate nel territorio di Sumy, a nord di Karkiv. Dall’inizio dell’anno la città di Sumy molto vicina a Kiev è stata fatta oggetto di lanci di missili, ma fino a ieri non si era mai registrato una penetrazione di soldati. Potrebbe essere solo un tentativo di saggiare le difese Ucraine, oppure mobilitare le forze di Aleksander Syrsky sottraendole al fronte limitrofo di Karkiv. In ogni caso la tattica russa sembra essere molto paziente e non si vede nessuna specifica azione che lasci pensare ad una avanzata travolgente per la conquista di nuovi territori. Piuttosto è una costante, forte, possente pressione sulla linea del fronte, per logorare sempre più le esigue forze dell’esercito ucraino.
Putin non sembra avere fretta; ha teso più volte la mano per aprire delle trattative di pace. Ma sempre ed anche in queste ore ne abbiamo una testimonianza diretta, tale offerta è stata sdegnosamente respinta da Zelensky e dai leader europei che sono comunque tutti in grave difficoltà dopo le ultime elezioni europee.
In questa guerra che da molti è stata definita di attrito, il tempo è a favore di Putin e non di Zelensky.
Un confronto di questo tipo può reggere fino ad un certo punto: poi può avvenire una rottura del fronte, rapida, improvvisa, non prevista; e tutto crolla rapidamente. È avvenuto così nella guerra civile americana, così avvenne nella Prima guerra mondiale e poi in Vietnam.
Una fine del genere sarebbe davvero una tragedia per l’occidente.
Meglio sarebbe non arrivarci.