In Italia siamo, sventuratamente, abituati a registrare giornalmente plurimi decessi sul lavoro. I numeri si rincorrono con tristi primati, neanche fossero gare sportive, prove di capacità, record mondiali gioiosamente superati. Questa volta, diciamocelo francamente, si è andati oltre ogni possibile immaginazione. Siamo avvezzi ad ascoltare notizie di efferati delitti conseguenti ad enne motivazioni. Non è certo consolatorio ma scaricare un mutilato sul lavoro avanti alla sua casa come fosse un sacco dei rifiuti questo no, no, no!!!
Non è concepibile in un Paese civile. Lasciamolo alle ancestrali lotte tribali di ogni tipologia. In provincia di Latina lavorano come braccianti agricoli molti immigrati, prevalentemente indiani, in condizioni precarie. Inutile sottolineare che sono in gran parte al nero e sottopagati.
Fin qui nessuna novità, vanto per imprenditori privi di scrupoli che si sbellicano dalle risate quando parlano dei fessi (loro usano termini più coloriti) che pagano i tributi. Già, merce alla rinfusa, tanto sono immigrati in attesa di essere regolarizzati. Troppi si dimenticano che sono esseri umani. Dall’altra parte si parla esseri inumani, sfruttatori di persone ridotte in schiavitù, forse, sono quegli stessi che, probabilmente, vanno ogni domenica in Chiesa, forse prendono la Santa Comunione, si lavano la coscienza lurida di ogni nefandezza commessa nel corso della settimana.
Poi, con ogni probabilità, criticano il Santo Padre perché ci rammenta degli ultimi della terra, ci dice che ogni uomo è nostro fratello. In quel caso Papa Francesco viene, con spregio anticristiano, definito “comunista”. Forse costoro non hanno mai letto il Vangelo o pensano alla Religione Cattolica, quella con le iniziali maiuscole, come una convenzione da adempiere per forma, per far pensare agli altri di essere una brava ed onesta persona, un osservante cattolico dalle buone maniere. Certo le modalità di come scaricare un corpo mutilato non fa parte del cattolicesimo.
Torniamo all’efferatezza dell’episodio. Questo essere, definirlo uomo è come chiamare santo un pluriomicida non pentito, accortosi delle mutilazioni di un suo dipendente, al nero e sottopagato, soprattutto straniero, pertanto titolare di zero diritti perché inferiore, lo ha caricato su un camion di sua proprietà e lo ha “scaricato” avanti alla porta della casa del poveretto. Perché non portarlo in ospedale od altro luogo di cura affinché qualche medico tentasse di salvarlo? L’atto è premeditato, non come investire qualcuno e fuggire per una qualsivoglia paura. Premeditato, spregevole, disgustoso a dire poco.
Come direbbe qualche parlamentare che indegnamente ci rappresenta, non aveva i caratteri italiani. Di conseguenza, non è da escludere, che il datore di lavoro pensasse che non aveva diritto ad essere salvato, riferendosi al pensiero ben esplicitato del parlamentare. Forse era figlio di un “dio minore”. Perché sprecare denaro dei cittadini italiani, quelli che pagano i tributi, sicuramente non i suoi, per salvare merce lavoro indiana? Un numero, come un utensile vecchio e rotto da gettare nei rifiuti indifferenziati, troppo nobile gettarlo negli organici per questo essere che gestisce un’impresa agricola.
Ad essere gentili con il linguaggio, tali comportamenti fanno venire conati di vomito, non disgiunti ad umana rabbia infinita; non si parla di pietà cristiana ma almeno umana. Già non aveva caratteri italiani il povero indiano deceduto e gettato, eufemisticamente ma non troppo, alle ortiche.
Quanto è difficile trattenersi dagli improperi peggiori ma si scenderebbe ad un livello basso; per quanto basso sarebbe irraggiungibile per altezza da esseri privi di ogni minimo senso di umanità. Evocando il sommo poeta Dante forse meriterebbe, in vita e nell’Aldilà, la pena del contrappasso.
Rabbia, dolore, disgusto pervadono l’io delle persone normali e sensibili. Una preghiera per la vittima di un inumano comportamento.