chiacchiere con il Copilota e con Claude…
Abbiamo completato l’elenco delle promesse non mantenute della democrazia, secondo la profetica, visto che ha compiuto quarant’anni, analisi di Norberto Bobbio.
La domanda logica che ne consegue è ovvia, ma complessa: erano promesse che si potevano mantenere?
Bobbio è sicuro della risposta: “Direi di no. Pur prescindendo dal naturale divario, cui ho accennato all’inizio, tra ciò che è stato concepito come “nobile alto” e la “rozza materia”, il progetto politico-democratico fu ideato per una società molto meno complessa di quella di oggi. Le promesse non furono mantenute a causa di ostacoli che non erano stati previsti o che sopraggiunsero in seguito alle “trasformazioni” (in questo caso credo che il termine “trasformazione” sia appropriato) della società civile. Ne indico tre.”
Vale la pena dunque di passare in rassegna queste tre trasformazioni e chiediamo, al solito, aiuto all’intelligenza artificiale generativa, per gli approfondimenti.
Prima trasformazione; scrive Bobbio: “… via via che le società sono passate da un’economia familiare a un’economia di mercato, da un’economia di mercato a un’economia protetta, regolata, pianificata, sono aumentati i problemi politici che richiedono competenze tecniche.
I problemi tecnici richiedono esperti, uno stuolo sempre più ampio di personale specializzato. Se n’era già accorto più di un secolo fa Saint-Simon che aveva auspicato la sostituzione del governo degli scienziati a quello dei legisti.
Col progresso degli strumenti di calcolo che Saint-Simon non poteva neppure lontanamente immaginare e che solo esperti sono capaci di usare, l’esigenza del cosiddetto governo dei tecnici è smisuratamente aumentata.
Tecnocrazia e democrazia sono antitetiche. Se il protagonista della società industriale è l’esperto, non può essere il cittadino qualunque. La democrazia si regge sulla ipotesi che tutti possano decidere di tutto. La tecnocrazia, al contrario, pretende che chiamati a decidere siano i pochi che se ne intendono. Ai tempi degli stati assoluti, come ho detto, il volgo doveva essere tenuto lontano dagli “arcana imperii” perché lo si riteneva troppo ignorante. Ora il volgo è certamente meno ignorante. Ma i problemi da risolvere, problemi come la lotta all’inflazione, del pieno impiego, della più giusta distribuzione del reddito, non sono diventati sempre più complicati?
Non sono questi problemi tali da richiedere cognizioni scientifiche e tecniche che non sono meno arcane per l’uomo medio di oggi (anche se più istruito)?
Proviamo a riassumere il Bobbio pensiero. Le decisioni politiche, sempre più complesse, non solo rendono difficile per i cittadini comprenderle e valutarle, ma richiedono le conoscenze specialistiche di un numero crescente di esperti e tecnici. Il che rappresenta una sfida alla democrazia rappresentativa: l’aumento del ruolo dei tecnici può mettere in discussione il principio della rappresentanza politica tradizionale. Si crea così una tensione tra la necessità di competenze specifiche e l’ideale di partecipazione democratica diffusa. Tensione che per essere gestita richiede la definizione di un equilibrio tra competenza tecnica e partecipazione democratica.
Continua Bobbio: “La seconda trasformazione, il secondo ostacolo non previsto e sopraggiunto è stata la continua crescita dell’apparato burocratico, di un apparato di potere ordinato gerarchicamente, dal vertice alla base, e quindi diametralmente opposto al sistema di potere democratico. Configurato un sistema politico come una piramide sul presupposto che in una società ci siano diversi gradi di potere, nella società democratica il potere va dalla base al vertice, in una società burocratica, al contrario, dal vertice alla base.
Stato democratico e stato burocratico sono storicamente molto più connessi l’uno all’altro di quel che la loro contrapposizione possa far pensare. Tutti gli stati che sono diventati più democratici sono diventati nello stesso tempo più burocratici perché il processo di burocratizzazione è stato in gran parte una conseguenza del processo di democratizzazione.”
Dunque, lo stato moderno tende a espandere costantemente il suo apparato amministrativo, che acquisisce un potere crescente, spesso autonomo rispetto agli organi politici elettivi.
L’aumento della complessità delle funzioni statali richiede una burocrazia sempre più estesa e specializzata che tende a garantire continuità amministrativa, ma può anche resistere ai cambiamenti voluti dal potere politico.
Molte decisioni vengono di fatto prese a livello burocratico, basandosi su competenze tecniche specifiche.
La burocrazia può diventare un potere autoreferenziale che, nel perseguire i propri interessi, può entrare in conflitto con i principi di trasparenza e partecipazione democratica rendendo difficile, se non impossibile, il controllo effettivo del suo operato da parte dei cittadini e dei loro rappresentanti.
L’espansione dell’apparato burocratico, pur necessaria per la gestione dello stato moderno, rappresenta una sfida significativa per l’ideale democratico.
Siamo giunti alla terza trasformazione. Scrive, sempre Bobbio: “Il terzo ostacolo è strettamente connesso col tema del rendimento del sistema democratico nel suo complesso: un problema che in questi ultimi anni ha dato vita al dibattito sulla cosiddetta “ingovernabilità” della democrazia. Di che si tratta? In sintesi, lo Stato liberale prima e il suo allargamento nello Stato democratico poi hanno contribuito a emancipare la società civile dal sistema politico. Tale processo di emancipazione ha fatto sí che la società civile sia diventata sempre più una fonte inesauribile di domande che vanno verso il governo, il quale per bene svolgere la sua funzione deve dare adeguate risposte. Ma come può il governo rispondere se le domande che provengono da una società libera ed emancipata sono sempre più numerose, sempre più incalzanti, sempre più onerose? Ho detto che la precondizione necessaria di ogni governo democratico è la protezione delle libertà civili: ebbene, la libertà di stampa, la libertà di riunione e di associazione, sono tutte vie attraverso le quali il cittadino può rivolgersi ai suoi governanti per chiedere vantaggi, benefici, facilitazioni, una piú equa distribuzione delle risorse. La quantità e la rapidità di queste domande sono tali che nessun sistema politico per quanto efficiente è in grado di adeguarvisi. Di qua deriva il cosiddetto “sovraccarico”, e la necessità in cui si trova il sistema politico di fare drastiche scelte. Ma una scelta esclude l’altra. Le scelte non soddisfatte creano malcontento.
Inoltre, con la rapidità con cui vengono rivolte le domande al governo da parte dei cittadini, è in contrasto la lentezza con cui le complesse procedure di un sistema politico democratico consentono alla classe politica di prendere le decisioni adeguate. Si crea cosí una vera e propria sfasatura tra il meccanismo dell’immissione e quello della emissione, il primo a ritmo sempre più accelerato e il secondo a ritmo sempre piú lento. Proprio il contrario di quel che accade in un sistema autocratico, che è in grado di controllare la domanda avendo soffocato l’autonomia della società civile, ed è effettivamente molto piú rapido nella risposta non dovendo osservare complesse procedure decisionali come quelle proprie di un sistema parlamentare. Sinteticamente, la democrazia ha la domanda facile e la risposta difficile; l’autocrazia, al contrario, è in grado di rendere la domanda più difficile e dispone di una maggiore facilità nel dare le risposte.”
Sintesi aiutata dall’intelligenza artificiale.
La democrazia reale spesso non riesce a mantenere le promesse della democrazia ideale perché la efficacia decisionale, ovvero la capacità del sistema democratico di prendere decisioni efficienti e tempestive, non è sufficiente.
La capacità di risposta, ovvero quanto il sistema sia in grado di rispondere alle esigenze e alle domande dei cittadini non è sufficiente.
Il che ha un impatto negativo sul grado di legittimità e consenso che il sistema democratico riesce a mantenere nel tempo.
Il che riduce non solo la capacità del sistema di garantire stabilità politica, pur permettendo il cambiamento, ma anche quanto il sistema rappresenti la volontà popolare, consenta la partecipazione dei cittadini, garantisca la trasparenza delle istituzioni pur essendo capace di adattarsi alle sfide e ai cambiamenti sociali.
Promesse mancate, trasformazioni non previste, complessità crescente: tutti motivi che hanno alimentato le imperfezioni della democrazia.
Nonostante tutto ciò, Bobbio riconosce che la democrazia rimane il sistema preferibile, sottolineando l’importanza di una costante riflessione critica per migliorarne il rendimento.
Se dotati di buon senso si deve essere d’accordo. La democrazia, i suoi contenuti essenziali nonostante le trasformazioni sociali, non sono venuti meno: garanzia dei diritti di libertà, esistenza di più partiti in concorrenza tra loro, elezioni periodiche, decisioni prese in seguito al libero dibattito tra le parti o tra gli alleati di una coalizione di governo.
Dice Bobbio: “Vi sono democrazie più solide o meno solide, più invulnerabili e più vulnerabili; vi sono gradi diversi di approssimazione al modello ideale, ma anche la più lontana dal modello non può essere in alcun modo confusa con uno stato autocratico e tantomeno con uno totalitario.”
Mai dimenticarlo. Difendiamo la nostra democrazia. Ne vale la pena.