Nella baraonda del blackout digitale ho avuto la fortuna di leggere un articolo de Il Giornale intitolato “È bastato un difetto per far cadere tutto”.
Le emozioni sono state contrastanti. Se da una parte ho di colpo ritrovato il sorriso per una serie di espressioni “atecniche”, dall’altra sono stato seppellito dai sensi di colpa per non aver – a più riprese – fatto mistero della mia sincera preoccupazione per il nostro futuro.
Le parole del direttore generale dell’Agenzia Cyber mi hanno rasserenato, regalandomi l’opportunità di capire finalmente cosa davvero è accaduto.
Le dichiarazioni del numero uno della difesa hi-tech nazionale sono illuminanti. Facendo riferimento al fatale aggiornamento del software di sicurezza Crowdstrike, “questo programma aveva un difetto, e applicato sui sistemi Windows ha determinato un crash”.
Un difetto. Già, un “difetto” che ha provocato danni per qualche decina di miliardi di dollari. Certamente non proprio un “difettino”, che – se tale – poteva esser rilevato nella fase di collaudo e verifica antecedente il “rilascio” dell’aggiornamento e la sua distribuzione urbi et orbi.
L’asserzione “La società ha clienti in tutto il mondo, e questo ha determinato la propagazione” è un pochino imprecisa. I pignoli dicono che si debba parlare di propagazione o diffusione quando un virus rimbalza da un computer all’altro, non quando tutte le “macchine” vengono direttamente raggiunte dal fornitore di una procedura in esercizio. Nessuna contaminazione o infezione, ma avvelenamento senza intermediazioni di sorta, senza contagi occasionali o fortuiti…
E’ bello poter apprezzare lo sforzo divulgativo di un grand commis, ma chi ricopre un incarico vagamente tecnico dovrebbe tentare di fornire chiarimenti vagamente professionali.
Sentirsi dire che “si è trattato di un incidente che porta il monitor del computer del fruitore a bloccarsi e diventare blu” può mettere di buon umore e magari far immaginare una semplice mutazione cromatica dello schermo in uso. Fortunatamente il top manager pubblico aggiunge “In termini tecnici si chiama lo schermo blu della morte” e imbruttisce i creativi del marketing di Taffo.
Fermiamo qui e lasciamo – a chi lo desidera – la possibilità di leggere l’intervista integrale sul quotidiano in questione e di soppesarne il contenuto.
Chi riveste un ruolo di vertice – sia nel privato sia nelle Istituzioni – normalmente si avvale di un ufficio stampa che suggerisce il modo migliore per ben figurare dinanzi ai media. Con i giornalisti del proprio staff si instaura un rapporto di stima e simpatia che portano alla genesi di interventi sui mezzi di informazione che risultino calibrati ed esenti da facili obiezioni. Probabilmente quel feeling all’Agenzia Cyber non è scattato…