Viene spesso da chiedersi come proceda la “invasione” dell’intelligenza artificiale nel mondo produttivo e le risposte si limitano a trasbordare nei discorsi e nelle impressioni degli esperti e degli osservatori.
Finalmente arriva un carotaggio che può dare indicazioni sulla tendenza in proposito. Dal 3 al 12 luglio Nikkei Research ha sottoposto una serie di domande a 506 aziende, con circa 250 aziende che hanno risposto a condizione che le rispettive risposte rimanessero coperte dal più assoluto anonimato.
Circa il 24% degli intervistati ha affermato di aver già introdotto l’IA nelle proprie attività e il 35% sta pianificando di farlo, mentre il restante 41% asserisce di non avere in programma di utilizzare questa tecnologia all’avanguardia. Il fatto che quasi un quarto delle aziende giapponesi abbia adottato l’intelligenza artificiale e le altre differenti posizioni del mercato industriale dimostrano la varietà dei gradi di adesione all’innovazione tecnologica.
Il questionario prevedeva tra l’altro una domanda sugli obiettivi correlati all’adozione dell’IA, quesito che consentiva risposte multiple. Il 60% degli intervistati ha affermato di cercare di far fronte a una carenza di lavoratori, mentre il 53% mirava a ridurre i costi del lavoro e il 36% ha citato l’accelerazione nella ricerca e sviluppo.
E’ interessante scoprire quali siano gli ostacoli che si sono frapposti all’introduzione dell’intelligenza artificiale. Un manager di un’azienda di trasporti, ad esempio, ha citato “l’ansia tra i dipendenti per una possibile riduzione del personale”. In realtà non sono in gioco solo le paure di esuberi e licenziamenti. Altri problemi includono la mancanza di competenza tecnologica, un aumento delle spese in conto capitale e la non trascurabile preoccupazione per l’affidabilità delle soluzioni maggiormente futuribili.
Il sondaggio ha anche permesso di venire a conoscenza di questioni inerenti la sicurezza, consentendo di far emergere che il 15% degli intervistati ha subito attacchi informatici nell’ultimo anno e il 9% aveva partner commerciali che sono stati vittima di aggressioni digitali nello stesso periodo.
Affrontando il doloroso tema dei danni conseguenti, il 23% di coloro che hanno ammesso attacchi hacker o hanno dato notizia di analoghe sfortunate esperienze vissute da partner commerciali ha dovuto riconoscere che in quelle occasioni la propria attività è stata temporaneamente interrotta e il 4% ha affermato di aver subito una fuga di informazioni.
Per quanto riguarda le misure per migliorare la sicurezza informatica, il 47% degli intervistati ha affermato di aver esternalizzato la difesa mentre il 38% ha affermato di affidarsi a specialisti interni.