Breve premessa, necessaria per parlare dei contenuti del documento Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026, dell’Agenzia per l’Italia Digitale.
Prima ancora di compiere i sei passi necessari per costruire una strategia di cui si è parlato nella puntata precedente (Visione, Missione, ovvero le persone che si hanno a disposizione, Obiettivi, Strategia, Tattiche e Risultati), è necessario sapere dove si è, da dove si parte. Difficile costruire un itinerario per raggiungere un determinato obiettivo se non si sa da dove si parte.
In altre parole, non si costruisce una strategia se non si accetta la realtà, per quanto spiacevole possa essere.
La visione, bene ricordarlo, risponde alla domanda “Per chi” e “Per cosa”, non “Cosa ci piacerebbe”. L’insuccesso è garantito quando si raccontano mezze verità, quando si manipola la realtà per farsi belli, o quando ci si contraddice.
Tanto per fare un esempio, quale delle due versioni che seguono è quella giusta?
Realtà 1 (pag. 9): “Nella sua forte e radicata tradizione industriale, l’Italia ha saputo sempre ben interpretare le opportunità offerte dalle nuove tecnologie, caratterizzandosi come una avanguardia nello sviluppo e nell’adozione di soluzioni per l’automazione di prodotti e processi.”
Realtà 2 (pag. 11): “In un paese come l’Italia, storicamente refrattario alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e lento, approcci timidi al perseguimento degli obiettivi strategici rischiano di risolversi in uno spreco di risorse e in una ulteriore perdita di competitività”.
Allora questa Italia è avanguardia nello sviluppo oppure è refrattaria e lenta?
Sapere da dove si parte e non immaginarlo implica sostituire a verbose analisi qualitative (non per nulla il documento è lungo 38 pagine) sintetiche ed efficaci considerazioni quantitative, ovvero numeri, percentuali. Dati reali e significativi.
Di numeri ce ne sono proprio pochi nel documento in esame, ma ben giocati: “L’intelligenza Artificiale può vantare in Italia una solida tradizione accademica, che affonda le proprie radici nei primi anni Settanta e che nel tempo ha saputo generare un vivace ecosistema distribuito sull’intero territorio nazionale.
L’Università italiana non ha quindi assistito da spettatrice alle frenetiche innovazioni tecnologiche e alla rivoluzione dell’IA nell’ultimo decennio. Oltre 160 curricula universitari, incardinati in 53 Atenei, erogano già insegnamenti collegati all’IA. Inoltre, dall’anno accademico 2020/2021, è attivo il Dottorato Nazionale in Intelligenza Artificiale, che si articola in cinque dottorati federati fra loro che raggruppano 61 università ed enti di ricerca”.
Se si va a cercare, si scopre che negli USA sono 9, solo 9 su 5mila 916, le università eccellenti nel campo dell’intelligenza artificiale. Sempre negli USA sono 310 i corsi di intelligenza artificiale offerti dalle università. In Italia le università sono 97, di cui 67 statali e 19 private, legalmente riconosciute. L’università italiana, nel confronto, che numeri!
Vero che non è chiaro cosa siano gli insegnamenti collegati all’IA, ma i dati presentati suggeriscono che la solida tradizione accademica italiana sia quella di parcheggiare il maggior numero possibile di soggetti offrendo tanti piccoli insegnamenti, disperdendo le poche risorse disponibili in tanti, troppi, piccoli rivoli.
Ancora: “Per quanto attiene alla qualità e consistenza delle attività di ricerca nell’IA, l’Italia ben si posiziona a livello internazionale. Per numero di pubblicazioni in IA prodotte nel 2022 l’Italia si pone settima con 3261 pubblicazioni, sebbene molto distanziata dalle prime tre nazioni ossia Cina, India ed USA. Sul fronte della progettazione della ricerca, è significativo poi osservare che il 12% del totale dei progetti europei sull’IA vede coinvolte unità di ricerca italiane”.
Nel 2022, l’Italia è settima nella graduatoria mondiale della ricerca in intelligenza artificiale con 3mila 261 pubblicazioni. Suona bene, vero?
Se invece si dicesse che il totale delle pubblicazioni a livello mondiale è pari a 242mila 290 e che la percentuale italiana è pari allo 0,74 per cento, ci sarebbe solo da vergognarsi. A titolo di informazione, queste le prestazioni dei primi tre: Cina ha all’attivo 43mila 717 pubblicazioni, India 23mila 140, USA 13mila 372. Da notare che nulla si dice sull’impatto delle pubblicazioni sopra menzionate…
Ancora più preoccupante è la totale mancanza, ma non se ne parla proprio da nessuna parte, dei soldi. Quanto investe l’Italia per attuare la Strategia proposta? Mistero.
Si dice di volere promuovere lo sviluppo di modelli di intelligenza artificiale generativa italiani. Con che soldi? GPT-2 del 2019, si basa su 1,5 miliardi di parametri ed è costato 50mila dollari USA. PaLM, del 2022, usa 540 miliardi di parametri ed è costato 8 milioni di dollari. GPT-4 è costato 78 milioni 352mila 034 dollari. Google Gemini-ultra, 191 milioni e 400 mila dollari.
Dove sono i soldi per i modelli italiani, generativi o altro che siano? Per farne cosa poi? L’addestramento dei modelli avviene in inglese e la rilevanza dell’addestramento in italiano è marginale. Vale per testi, immagini e musica.
La dotazione di 148 milioni di euro in due anni per il sostegno alle start up dell’intelligenza artificiale è un provvedimento quanto meno velleitario: la capacità dell’amministrazione pubblica in materia di Venture Capital (in italiano “capitale di rischio”) è inesistente. Sarà la Fondazione di cui parla la Strategia a cambiare le cose?
Altro discorso va fatto per Cassa Depositi e Prestiti, che nel Venture Capital ha qualche maggiore capacità e possibilità di intervento, tant’è che nel piano industriale 2024-2028 ha postato un miliardo di euro per questa voce. Sembra tanto, ma è il mercato che guida la corsa: nel 2023 gli investimenti globali sono quasi decuplicati rispetto al 2022. Nel 2023 il totale è pari a 142,3 miliardi di dollari.
L’investimento in intelligenza artificiale degli Stati Uniti ammonta oggi a 25,2 miliardi di dollari, 8 volte di più di quanto investito nel 2022 nello stesso paese. In Italia, di che cifra parliamo?
Il documento di strategia in esame o non lo dice, oppure non ne ha la minima idea. Secondo il rapporto “L’Intelligenza Artificiale in Italia – Mercato, Innovazione, Sviluppi”, realizzato dal Centro Studi Tim in collaborazione con Intesa Sanpaolo Innovation Center, nel 2023 il valore complessivo del mercato in Italia si attesta a 1,9 miliardi di euro. Trattasi di giro d’affari, non di investimenti. Il valore del mercato dell’IA negli USA, sempre nel 2023, è pari a 37,23 miliardi di dollari. La stima per il 2024 è di 50,17 miliardi di dollari.
L’Italia, che secondo il Comitato estensore della strategia “è un grande paese industriale, il cui sistema produttivo –saldamente ancorato a una visione di eccellenza nella produzione e nel prodotto– può sfruttare le nuove potenzialità offerte dall’Intelligenza Artificiale per abilitare nuove e più efficaci soluzioni a vantaggio della competitività del Paese”, forse può, di certo non fa.
Il rapporto definisce l’Italia: “Paese che inizia a giocare un ruolo da protagonista a livello internazionale”. Non è realtà, ma solida speranza.
L’Italia non appare nelle graduatorie dei primi dieci paesi che sviluppano IA. Siamo dietro Germania, Regno Unito, Francia e anche Olanda.
Non giochiamo o giocheremo nei prossimi anni, o decenni, ruoli da protagonista nel settore dell’IA.
Per cambiare le cose, per invogliare gli investimenti, serve un mercato dei capitali semplice, vivace, ampio e aperto per infondere risorse private nella ricerca e nella formazione.
Peccato che il rapporto non sia in grado di ammetterlo e dirlo in modo chiaro e semplice.
Riassumendo, la forma della strategia, come visto nella prima puntata, non è corretta ed è considerata insufficiente. Identica valutazione per i contenuti: verbosi, ripetitivi, contraddittori, ingannevoli e carenti di dati.
Peccato che gli estensori non abbiano fatto ricorso all’intelligenza artificiale nel redigere il loro rapporto. Se lo avessero fatto da 38 pagine avrebbero potuto scendere a 10, ben più leggibili e di facile comprensione. Forse la sufficienza la strappavano.
Vero che la sintesi è pericolosa. Si rischia di scoprire che non si è detto nulla e che non si ha nulla da dire. Nel caso in esame non potevano neanche scoprirlo: già lo sapevano.
Vi aspetto per la terza puntata, dove si analizzerà lo stile e il linguaggio del pregiato documento “Strategia Italiana per l’Intelligenza Artificiale 2024-2026”, dell’Agenzia per l’Italia Digitale. Si parlerà anche del Comitato che lo ha redatto e delle scaramanzie adottate.
Vi farò sorridere… o almeno proverò…