Peste. Non quella bubbonica raccontata dal Manzoni a Milano e da Albert Camus a Orano.
Peste Suina Africana, ovvero PSA in italiano. African Swine Fever, ovvero ASF, in inglese.
La peste suina africana è un virus altamente letale. Uccide nel 90 per cento dei casi. Il contagio si verifica per contatto diretto tra suino malato e suino sano, per il morso delle zecche, per contatto indiretto tramite attrezzature, indumenti, veicoli contaminati (degli allevatori o dei veterinari), tramite l’ingestione di carne o altri prodotti derivati infetti. Il virus rimane vitale nell’ambiente esterno per mesi, anche fino a due anni se le temperature sono molto basse. Di conseguenza, è molto difficile fermare l’epidemia. Non c’è vaccino.
Nel 2023 è presente in 14 stati membri dell’Unione Europea; ha infettato cinque volte più maiali domestici dell’anno precedente. In 12 mesi è quintuplicata.
La PSA non è trasmissibile all’uomo. Non rappresenta un rischio per la nostra salute, ma lo è per la nostra economia. Il comparto suinicolo, che comprende allevamenti, impianti di macellazione, salumifici, prosciuttifici rappresenta un giro di affari pari a 3mila 847 milioni di euro.
Per evitare la diffusione dell’infezione l’unica soluzione è l’abbattimento degli animali infetti o a rischio di infezione. Nel 2023 sono stati abbattuti, nella sola provincia di Pavia, 40mila maiali di allevamento. Nel 2024 il virus è stato segnalato in 17 allevamenti tra Pavia, Lodi e Milano, per un totale di 58 mila 656 capi coinvolti. Sono solo esempi.
In Italia non se ne parla, ma la situazione è preoccupante. La malattia non è sotto controllo. Sono otto le regioni dove non si è riusciti a prevenire o contenere la propagazione del virus: Piemonte, Lombardia, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Campania e Calabria.
Giovanni Filippini, dall’inizio di agosto direttore generale della Sanità animale del ministero della Salute, è il nuovo Commissario di Governo per la lotta alla peste suina africana. Obiettivo: cercare di arginare l’emergenza.
Perché di emergenza si tratta, basta leggere il testo della sua ordinanza del 29 agosto 2024 che contiene le “misure urgenti per la gestione dei focolai negli allevamenti nelle regioni Piemonte, Lombardia ed Emilia-Romagna”: viene bloccata la movimentazione di suini negli allevamenti delle zone di restrizione I, II e III (sono le aree identificate attorno ai focolai) tranne il trasporto verso il macello nei casi autorizzati; divieto di accesso agli automezzi, a eccezione di quelli per il trasporto di mangimi, carcasse e liquami; bloccato l’accesso alle strutture a veterinari e tecnici, per evitare che diventino inconsapevolmente veicoli di contagio; obbligo di dispositivi monouso (come calzari, tuta, guanti) per chi sposta gli animali; via libera agli abbattimenti diretti negli allevamenti che hanno avuto contatti con i focolai.
Sollecita risposta alle preoccupate osservazioni del gruppo di esperti europei di EU-VET che dal 2 al 4 luglio 2024 ha visitato le regioni Lombardia ed Emilia-Romagna. Le loro conclusioni e raccomandazioni finali parlano chiaro.
La strategia complessiva di controllo della malattia nell’Italia del nord deve essere migliorata. Ogni regione o provincia ha le proprie disposizioni e un coordinamento minimo con i vicini. Serve una strategia unica, coordinata e armonizzata per tutto il nord-Italia, definita da un gruppo di esperti, non di burocrati, che consideri la situazione epidemiologica indipendentemente dai confini delle amministrazioni.
La PSA infetta i suini. Quindi, oltre ai maiali di allevamento, colpisce anche i cinghiali. Nel periodo 2022-2023 è stata registrata una crescita di infezioni pari al 10 per cento.
I cinghiali sono troppi. In quarant’anni da 50 mila che erano sono oltre due milioni e sono un problema urgente. Non solo per i danni che arrecano alle colture, vedi l’abbandono di 800 mila ettari di terreni fertili e i 60 milioni di euro di danni all’anno, o per il pericolo che rappresentano alla sicurezza e alla circolazione dei veicoli, circa 10 mila incidenti con 200 fra morti e feriti all’anno, ma anche perché sono vettore di trasmissione dell’infezione.
Sono veramente troppi. Negli Stati Uniti ci sono 6 milioni di cinghiali. In Italia circa due milioni e 300 mila. Considerando la superficie dei due stati, negli USA la densità di cinghiali per chilometro quadrato è pari a 0,61. In Italia è pari a 7,6. Ovvero 12 volte più alta.
C’è chi dice che l’aumento della popolazione di cinghiali è la conseguenza dell’avere deciso, una quarantina di anni fa, da chi non importa, di importare cinghiali dai Balcani perché di cinghiali autoctoni, italiani, ce n’erano pochi. Peccato però che i nuovi arrivati fossero non solo di taglia più grande, ma anche molto più prolifici.
Altri affermano che la pessima abitudine di alcuni cacciatori di sfamare i cinghiali in inverno, sommata alla modifica delle condizioni climatiche con inverni meno freddi e al fatto che, mancando i lupi, i cinghiali non hanno nemici naturali, ha portato all’esplosione del loro numero.
Non importa di cosa e di chi sia la responsabilità. Rimane il fatto che sono un problema.
C’è chi propone di ucciderli. Non tutti, quanto serve per fermare l’onda di infezione. Il rapporto EU-VET afferma che l’obiettivo della strategia di caccia deve essere la prevenzione della diffusione epidemica della PSA, riducendo la popolazione dei cinghiali, così che non ci sia pericolo per l’allevamento domestico dei suini. C’è chi propone, in zone ristrette con un’alta densità di maiali domestici, di ridurre la densità dei cinghiali a zero, ma questo obiettivo è difficile, se non impossibile, da raggiungere. Quindi, la popolazione domestica dei maiali deve essere protetta mediante buone misure di biosicurezza.
Comunque, anche la strategia di caccia deve essere pianificata, sviluppata e coordinata centralmente da un gruppo di esperti per l’intera area endemica.
La caccia, dicono gli esperti EU-VET, è uno strumento, non la soluzione e raccomandano che venga fatta dove il virus non è ancora arrivato.
Serve anche migliorare la sorveglianza, ovvero la ricerca delle carcasse, nelle zone al confine dell’onda epidemica. Il 18 luglio scorso è stata rinvenuta la carcassa di un cinghiale infetto nel comune di Zeri (MS), al confine della Liguria. Primo caso in Toscana. Anche la sorveglianza deve essere sviluppata centralmente, pianificata e coordinata da un gruppo di esperti per tutta l’area endemica.
L’installazione di recinzioni e barriere può essere uno strumento effettivo per limitare il “traffico” e la numerosità delle popolazioni di cinghiali. Servono soldi e tempestività. Mancano entrambe. Risultato: il contenimento è in ritardo e non registra i risultati desiderati nel fermare la diffusione della PSA in aree non infette.
Insomma, siamo alle solite.
Da una parte agricoltori, allevatori, pastori, il settore suinicolo e cittadini preoccupati. Dall’altro associazioni ambientaliste più o meno radicali, animalisti convinti, ecologisti attivi. I cacciatori tacciono. Nessuno fa nulla.
Eppure si può intervenire con successo. Vedi il caso della Sardegna. Vero che sia un’isola. Vero che non ha dovuto coordinarsi con altre regioni. Però la Sardegna, che di malattie endemiche di esperienza ne ha tanta, è riuscita a eradicare la malattia. Ultimo riscontro Aprile 2019. Nel settembre 2023 ha bloccato un’incursione proveniente dal continente.
La politica intanto sta a guardare, imbarazzata ad agire dal terrore di inimicarsi l’una o l’altra parte. Senza rendersi conto che non si può aspettare quando si ha a che fare con sistemi complessi a crescita esponenziale. Un breve racconto per spiegare di che si parla.
Ridente paesino di montagna che si specchia nelle acque cristalline di un incantevole laghetto. 31 dicembre. Festa di fine anno dell’amministrazione comunale. Il sindaco approfitta dell’occasione per chiedere al suo Assessore all’Ambiente cosa stia capitando al lago.
“Abbiamo verificato la presenza di un’alga tossica, ma la situazione è sotto controllo. La cosa interessante è che quest’alga raddoppia la superficie che occupa ogni 24 ore.”
“Curioso…”, dice il sindaco.
Passano i mesi. Festa di capodanno dell’anno successivo. Il sindaco si ricorda del problema dell’alga e chiede all’assessore.
“Ah, sindaco, nessun problema, è passato un anno e solo metà del lago è coperta.”
Peccato che il giorno dopo il lago è definitivamente morto.
Questa è la dinamica dei sistemi esponenziali.
Peccato che i politici non ne sappiano abbastanza e non studino quanto serve per rendersi conto che non c’è più tempo.