Le urne liguri si sono chiuse lunedì ed i risultati sono tristemente noti. Tristemente, non per commiserare le coalizioni perdenti o vincenti ma per analizzare alcuni dati oggettivi.
Non è la prima volta, e si deve ammettere che con buona probabilità non sarà l’ultima, che viene stigmatizzato il calo delle affluenze alle urne. I votanti sono un genere in progressiva estinzione. Calano vertiginosamente come le nascite in un Paese (l’Italia) dove la procreazione è un optional od un lusso, a seconda dei casi. Però gli animali domestici aumentano come surrogato delle figliolanze.
Torniamo al problema dell’affluenza, anzi della non affluenza. Secondo i dati ufficiali la percentuale dei votanti è stata del 45,97%. Per i calcoli elementari successivi arrotonderemo per comodità di lettura, anche perché qualche decimale non cambia la sostanza dei fatti. Il candidato eletto ha avuto, di fatto, circa il 23% dei voti degli aventi diritto e lo sconfitto il 22% circa. Tralasciamo gli altri che si sono attestati ben sotto l’1%.
Primo partito vincitore, con uno strepitoso 54%, è quello degli astenuti che avrebbero diritto alla maggioranza dei seggi. Una maggioranza schiacciante. Di fatto la minoranza del 46% siede sugli scranni liguri e governa a nome di pochi. A nessuno di costoro, eletti nella maggioranza e non, viene in mente di sentirsi isolati, non rappresentati dal popolo ligure? Certamente il così detto “ano a ventosa” li terrà inchiodati al governo della Regione ma sappiano che rappresentano una minoranza della cittadinanza. In merito ai motivi di cotanta disaffezione sono stati scritti fiumi di parole ma il loro esondare ha prodotto il nulla, mentre i fiumi geografici continuano a generare danni incalcolabili e vittime in un’Italia che ha dimenticato che esistono la geologia e l’ingegneria idraulica.
L’esito delle elezioni, oltre a quanto di demoralizzante esposto, ha evidenziato che nessun partito, per quanto votato da una grande numero di lettori, è in grado di affermarsi senza una robusta e coesa coalizione che lo supporti. Come ha detto un giornalista, la sinistra ha sbagliato un rigore a porta vuota. La coalizione di sinistra si è presentata in forma minimale per una serie di veti incrociati. Veti che solo apparentemente sono di natura politica. Scavando sotto vi sono motivazioni di natura personale. Vecchi e nuovi rancori tra i protagonisti. Hanno fatto come quel marito che per punire la moglie infedele si è privato di quanto la natura lo ha dotato. Sono stati l’un contro l’altro armati. Il Movimento 5 stelle, travagliato da profondi e radicati dissapori interni, ha adottato una tecnica suicida e lo hanno dimostrato i risultati. Lo stesso Beppe Grillo ha dichiarato di non aver votato. La dice lunga. Eppure Giuseppe Conte nei suoi due governi era stato piuttosto di “bocca buona” alleandosi una volta con la Lega ed un’altra con il Partito Democratico. Uscendo dalla coalizione, insieme ad altri, ha fatto cadere il Governo Draghi. Inutile discettare delle rivalità tra Renzi e Calenda e tra Conte e Renzi. Sono apparsi come i capponi di Renzo nei Promessi Sposi che litigavano tra loro ma sarebbero finiti comunque sulla tavola ben cucinati. I vari litiganti sono stati cucinati, figurativamente, dagli elettori. La grande parte dei cittadini è stanca di tante dispute di cui non comprende le motivazioni. Hanno ben altri problemi quali arrivare alla fine del mese, mangiare, pagare le utenze, curarsi e tanto altro.
La destra ha capito che uniti si vince, poi si litiga, ci si fanno reciproche concessioni, sempre avendo presente il famoso “ano a ventosa” oppure, parafrasando il grande Indro Montanelli, “turandosi il naso” per le pretese dell’alleato ed andando avanti.
A sinistra, se vorranno un giorno governare, dovranno capirlo oppure saranno destinati a soccombere prendendosela con le stelle od abbaiando alla luna.