Per decenni abbiamo sentito ripetere che “Quando c’era lui” i treni viaggiavano in perfetto orario. Chissà per quanto tempo (censure permettendo) sentiremo dire che “quando c’era lei” i convogli partivano addirittura con 50 minuti di anticipo.
L’episodio del Frecciargento 8556 Roma Termini – Genova Principe dell’8 novembre 2024 è la consacrazione della improbabilità del nostro futuro e della più sfacciata pornografia gestionale.
La volgarità di quanto è successo è degna di finire nelle pagine più perverse di un sito a luci rosse e lascia solo l’imbarazzo della scelta della dinamica estrema e della conseguente catalogazione della storia.
Cosa poteva far di peggio una azienda di trasporto pubblico che lasciare a terra i suoi passeggeri arrivati anche mezz’ora in anticipo rispetto l’avviso “Le porte del treno si chiudono 1 minuto prima della partenza”?
In un Paese dove un Ministro della Repubblica, rimasto presumibilmente impunito, ha utilizzato un treno come un “tassì” fermandolo in una stazione in cui non era prevista tappa e ancor meno la salita o la discesa di passeggeri ci si può aspettare di tutto.
Può persino capitare che un altro personaggio famoso o importante, che doveva arrivare a destinazione entro l’orario previsto e che sapeva di ritardi per lavori lungo la linea, chieda ed ottenga di far partire il “suo” Frecciargento oltre tre quarti d’ora prima del previsto.
Le domande da porsi sono tante e varrebbe la pena che quegli stessi quesiti animassero la fantasia dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti, il Garante Antitrust che disciplina i mercati e (perché no?) la polizia ferroviaria e qualche Procura della Repubblica là lungo l’itinerario dove il convoglio (come a Roma) sia partito “in anticipo” con danno ai passeggeri appiedati.
Non è questione di rimborso integrale del biglietto come sbrigativamente qualcuno ha pensato si potesse chiudere la querelle. Sarebbe bello sapere se l’episodio rientra nella previsione normativa – ad esempio – dell’articolo 340 del codice penale che punisce con la reclusione fino ad un anno chi turba la regolarità di un servizio pubblico o di un servizio di pubblica utilità.
E’ comprensibile curiosità quella di chi vorrebbe sapere chi ha deciso la variazione di programma di viaggio di quel vecchio elettrotreno ETR 485 che – anziano nipote del Pendolino – commuove per la sua vetustà e per il suo spartano comfort.
Chi ha premuto il grilletto che ha fucilato le velleità di spostamento dei passeggeri abbandonati lungo il binario triste e solitario? Qual era il livello decisionale? Ha ricevuto uno specifico input aziendale o politico oppure si è alzato la mattina con la premeditazione di creare un po’ di disagi in una giornata in cui non c’erano scioperi o catastrofi ad angosciare gli utenti delle linee ferrate?
La “sete di conoscenza” del quisque de populo si concentra però su chi doveva arrivare a Genova entro un certo orario anche a costo di non far salire chi aveva prenotato il posto e pagato regolarmente il biglietto. La gente potrebbe essere facilmente abbeverata senza dargliela a bere, perché i sistemi informatici non perdonano e, se non si bara, i nomi saltano fuori.
I biglietti dell’alta velocità sono strettamente personali e spesso sono caratterizzati da riduzioni per convenzioni con determinate categorie e dalla attribuzione di “punti premio” per fidelizzare chi sceglie Trenitalia. La prima cosa da fare è estrarre la lista di chi si era prenotato per partire da Roma con quel Frecciargento. Poi si depenna chi – come il giornalista de La Stampa Salvatore Settis – ha “rinunciato” perché, arrivato puntualmente in stazione, ha dovuto constatare che il treno, come a volte il reato, “non sussiste”. Si possono poi escludere le persone con destinazione Firenze Campo di Marte che potevano avere alternative senza appiedare nessuno. Con piccole limature si può arrivare a individuare il soggetto della pretesa a non fare tardi, qualunque ne fosse il prezzo sociale visto che per quello reputazionale l’azienda ferroviaria non ha bisogno di quest’ultimo scandalo…
La sepoltura di Tognazzi e dei suoi “bischeri” ha impedito gli schiaffi che stavolta sarebbero stati dati ai piani alti di Piazza della Croce Rossa e non lungo il binario come ai tempi delle “zingarate” di “Amici Miei”.