Punto zero (titolo originale Vanishing Point, Punto di fuga) è un film, meglio un road movie del 1971, diretto da Richard C. Sarafian. Il protagonista è Kowalski, un veterano del Vietnam, ex agente di polizia giudiziaria, ex pilota di auto da corsa, ex motociclista. La vera protagonista è, però, una Dodge Challenger bianca del 1970.
Kowalski, per un traffico di droga, ha perso il lavoro da poliziotto, ha dovuto rinunciare alle auto e alle moto da corsa, e ora lavora per una ditta di trasporti a Denver, in Colorado, consegnando autovetture su e giù per gli Stati Uniti.
Dopo l’ennesima consegna, si rifiuta di osservare il turno di riposo e insiste affinché gli venga assegnata un’altra autovettura. Così gli affidano una Dodge Challenger bianca da portare a San Francisco, in California.
Parte da Denver dopo essersi rifornito di benzedrina presso un bar frequentato da motociclisti. Un attimo dopo, è già inseguito a sirene spiegate dalla polizia, lungo gli scenari del sud-ovest statunitense e col sottofondo rockeggiante delle musiche di Woodstock.
Attraversa il Colorado, lo Utah e il Nevada, aiutato da Super Soul, il disc jockey di una radio locale che lo informa sui posti di blocco, di mano in mano attivati dalla polizia. Kowalski, in poche ore, diventa “l’ultimo eroe americano” per i motociclisti, i nudisti, gli hippie e persino per i contadini delle regioni che tocca lungo la corsa. La fuga finisce la mattina successiva a Cisco, in California, dove si suicida lanciandosi contro due bulldozer di un ennesimo posto di blocco.
Kowalski è una figura accomunata dallo stesso destino al Capitano Achab di Moby Dick, il monumentale romanzo di Herman Melville (New York 1819 – 1891) tradotto divinamente da Cesare Pavese (Santo Stefano Belbo 1908 – Torino 1950). Achab – nonostante dica di chiamarsi col nome biblico di Ismaele – rappresenta una magistrale sintesi tra l’etica protestante di stampo anglosassone e il positivismo, affermatosi in Europa nella seconda metà del XIX secolo.
La prima, l’etica protestante, secondo l’economista, sociologo, filosofo e storico tedesco Max Weber (Erfurt 1864 – Monaco di Baviera 1920) è all’origine del capitalismo moderno: il successo economico-finanziario assicura all’uomo che Dio è con lui, e che egli è l’eletto, il predestinato ma anche il padrone del proprio destino, secondo il principio di autoaffermazione dell’individuo grazie al lavoro e al profitto
Di conseguenza il povero, per i peccati commessi, è escluso dalla grazia di Dio. Il positivismo predilige, invece, il momento pratico e materiale esaltato dalla scienza, escludendo il misticismo e la spiritualità tipiche del Cattolicesimo.
La sintesi tra etica protestante e positivismo è rappresentata dal pragmatismo (dal greco pragma, “azione, fatto”): corrente filosofica che esalta la condotta pratica finalizzata al conseguimento di ogni utilità. Quel pragmatismo che fa degli americani gente “pratica”, così pratica, da sembrare spesso “terra-terra”. Lo stesso pragmatismo che mira a “finire il lavoro” – come piace dire alle élite statunitensi – anche in modo spregiudicato.
Il pazzo Achab è un esempio di pragmatismo, come lo è il tossico Kowalski. La lotta tra Achab e la balena bianca, come la fuga di Kowalski, rappresentano il leggendario “spirito pioneristico”, tanto celebrato dalla cinematografia hollywoodiana.
Sennonché l’odissea della nave baleniera Pequod è stata interrotta da Moby Dick e i bulldozer hanno fermato la folle corsa di Kowalski. La balena e i bulldozer sono perfette metafore della collera divina.
E il cieco pragmatismo offende la cultura e l’intelligenza europea, nonostante la sudditanza nei confronti degli USA che l’Europa si trascina dalla fine della seconda guerra mondiale.
Continuare a percorrere la stessa strada di Kowalski può non pagare più, esistono nel presente notevoli rischi che gli effetti negativi del cieco pragmatismo statunitense si ripercuotano in Europa.
E l’U.E. rischia di trovarsi nuda, proprio come la ragazza che correva in moto a fianco della Dodge Challenger bianca di Kowalski.