Bashar al-Assad dal padre ha preso solo il cognome. Se il genitore era largamente idolatrato, il giovanotto non ha saputo ereditare né carisma né simpatia. Soprattutto non è stato capace di dare il giusto peso al fermento sotterraneo che ribolliva da anni e che adesso è fulmineamente esploso sorprendendo solo lui e molto meno gli osservatori internazionali della “sismicità politica e sociale” di quell’area.
Il problema dell’offensiva ribelle guidata da un gruppo islamista capeggiata da Abu Mohammad al-Jolani, reduce della formazione di Al Qaeda, non è confinato nel perimetro mediorientale ma si riverbera nelle aree confinanti fino a preoccupare un Occidente che solo in apparenza sembra cosciente dell’esplosiva situazione mondiale.
L’avanzata fulminea nel nord del Paese ha portato alla rapida conquista di due città strategicamente rilevanti come Aleppo ed Hama e all’accerchiamento di Homs, a poco più di 100 miglia da Damasco.
Nessuno desidera che un regime islamista rovesci Assad. Non lo vogliono i governi occidentali e arabi, ma ne hanno paura anche la Russia (legata da storica alleanza) e l’Iran (che vedrebbe vacillare il proprio “Asse della Resistenza”).
C’è chi si compiace dell’indebolimento di Assad (status che ne ammorbidisce la gestione da remoto), ma gli stessi soggetti temono che una sostituzione sull’attuale campo di gioco possa profondamente alterare l’esito della complessa partita in corso.
Il regime di Assad è stato depotenziato a causa della guerra in Libano, della diminuzione delle forze di Hezbollah che fornivano un consistente sostegno, della riduzione delle milizie sorrette dall’Iran, della sempre meno imponente copertura aerea garantita in precedenza da una Russia che ora ha il fiato grosso per voler chiudere i conti con l’Ucraina…
Quel che ha spiazzato Assad è stata la rapidità con cui le truppe ribelli si sono mosse sul territorio, quasi la loro avanzata fosse talmente collaudata da procedere con velocità e precisione che non hanno dato tempo e modo di escogitare le necessarie contromosse.
Mentre in giro per la Siria vengono abbattute le gigantesche statue monumentali che celebravano la dinastia degli Assad, corrono voci che il giovane Bashar abbia dato ascolto a chi nelle ultime ore gli suggeriva di trovare riparo ben lontano da Damasco. Se la fuga ancora non c’è stata, tutti hanno l’impressione che sia già stata pianificata nei dettagli.
L’evoluzione di questa guerra in casa è destinata a culminare con la conquista della capitale siriana. Difficile lasciar spazio a capovolgimenti di fronte: le prossime ore saranno decisive. E non solo per la Siria, perché le ribellioni sono contagiose e mettono in movimento imponenti masse d’urto. In proposito Erdogan guarda ai curdi e teme un “contagio”…