“Sento una vibrazione, allora sparo. Che ne so, come una vibrazione. Estraggo e sparo”, comincia così ABEL l’ultimo romanzo di Alessandro Baricco ambientato nel West (Feltrinelli, 2023). L’autore lo ha definito un western metafisico. “Sparare è un modo di esistere, un modo drammatico e raro”, dice il protagonista della storia, Abel Crow, giovane sceriffo di una cittadina immaginaria.
Abel, dalle mani d’avorio, è uno dei pochi pistoleri a saper fare Il Mistico: sparare contemporaneamente con due pistole contro due obiettivi diversi.
Lilith, la sorella di Abel, chiarisce crudelmente il senso metafisico del racconto, cioè quel che si trova “al di là” delle cose fisiche: “noi conosciamo quel che riposa sulla superficie del mondo, del resto non capiamo un cazzo”, dice la ragazza.
E la bruja – la strega che sapeva già tutto al punto da passare “molto tempo a dimenticare, per scivolare dall’altro lato delle cose” dove finalmente aveva qualcosa da imparare – aggiunge un ulteriore tassello al senso metafisico del romanzo quando dice: “…siamo segmenti di figure più ampie. Incapaci di leggerle, vediamo accadimenti casuali dove invece sfila il profilo di forme in cui sono scritti i nomi del mondo…”.
Nel romanzo non può mancare il padre della metafisica. Scrive Baricco: Aristotele fu “uno dei primi a immaginare che qualcosa di ultimo dimori in ogni cosa reale… – qualcosa di indivisibile e perfetto, un punto di necessità assoluta” che il sommo filosofo greco chiamò sostanza (hypokeimenon): “una parola che non c’era – ammettendo in qualche modo che quel punto non esisteva come esistono una mela, o i tuoni, o una mano, ma esisteva come mossa mentale, cioè era un luogo che non si poteva toccare ma si poteva pensare. Così organizzò l’intero mondo – salvandolo dal caos – intorno alla fragilità di un pensiero”: la sostanza.
Il giudice Macauley, come Aristotele, cercò di mettere ordine al caos. Parlando con la strega, spiegò che il mondo “in cui era nato dimorava in un profondo stato di disordine e sembrava che solo lui, lì intorno, avesse la sensibilità, o il talento, per rendersi conto di quante cose aspettavano da tempo che qualcuno le riportasse al loro posto…”.
La strega gli chiese di farle un esempio delle cose che andavano messe al loro posto. E il giudice rispose: “Colpevoli e innocenti. In genere se qualcuno non li mette in ordine stanno piuttosto mescolati”. E precisò che il suo compito era “dividere gli innocenti dai colpevoli… disporre gli innocenti da una parte e i colpevoli dall’altra… dividere l’ombra dalla luce…”.
Dal romanzo, Baricco ha tratto uno straordinario spettacolo teatrale, Abel Concerto, nel corso del quale il grande scrittore ha letto, e tre musicisti (Cesare Picco, Roberto Tarasco, Nicola Tescari) hanno “suonato”, alcune pagine del romanzo.
Uno dei brani più densi di significato è la descrizione della sella di “quell’uomo, un vecchio con gli speroni d’oro”.
“Non assomigliava a nulla che avessimo mai visto”, dice la voce narrante. Su di essa risplendevano “cuciture bassorilievi incisioni” e poi borchie, cinghie, anelli, staffe istoriate. E, mentre indicava col dito i ricami d’argento, “Sono con noi le stelle, aggiunse, le forze del mare, il canto dei primi uomini e lo spirito del lupo…” e disse che quella sella “era stata costruita nel tempo di una vita intera”.
Ma quella, non era una vita sola. Una sola vita non bastava. La sella tramandava nomi, luoghi, fiumi, monti, popoli, templi, eruzioni, terremoti, isole, pianeti, imprese, battaglie. Tramandava la Storia intera delle vite vissute da sempre dagli uomini alla continua ricerca dell’hypokeimenon, di ciò che sta sotto alla superficie del mondo.
Quella sostanza che l’uomo – come nei quadri di de Chirico – sembra aver perso a vantaggio della materia e del caos.