Due episodi gravissimi. A fattor comune due cose.
La prima è l’imprevedibilità che – come il prezzemolo – non manca mai in queste circostanze.
Non esistono toccasana per gli attacchi inattesi per natura, data e località: il “sempre e ovunque” è il vero vantaggio competitivo di chi aggredisce o manda a segno una azione cruenta ben vedendo i meccanismi di sicurezza implementati, immaginando il monitoraggio di determinate aree, stimando con sufficiente approssimazione il tempo a disposizione per colpire prima che scatti la risposta…
L’attività informativa, anche la più profonda, non riesce a penetrare nella mente dei troppi quisque de populo normalmente inoffensivi. I software con capacità predittive dei comportamenti funzionano bene solo nelle sequenze cinematografiche. Spesso prendono cantonate epocali, attribuiscono intenzioni a chi non le ha mai avute oppure “non leggono” in anticipo il guizzo folle che sta per emergere dalla testa del criminale improvvisato.
I fatti di New Orleans e di Las Vegas ne sono la riprova e adesso è facile addebitare responsabilità su chi non avrebbe svolto il proprio ruolo con la dovuta professionalità e attenzione.
Chi ha colpito nella città della Louisiana è un emulo di Rambo che, non avendo modo di impugnare un fucile mitragliatore, ha utilizzato il volante dell’auto per indirizzare i propri colpi. Il sergente maggiore Shamsud-Din Bahar Jabbar, sottufficiale dell’US Army in congedo dal 2015 e rimasto nella “riserva” fino al 2020, non era un immigrato illegale come ha tuonato Trump immediatamente a ridosso della strage che ha totalizzato 15 morti e decine di feriti.
Reduce della campagna militare in Afghanistan aveva debiti e mille altri problemi che lo avevano portato a “postare” sui social tre video che illustravano la sua intenzione di uccidere la famiglia (e probabilmente chi gli capitava a tiro). Nessuno lo ha preso sul serio quando lamentava di esser assillato dalla carta di credito in profondo rosso e nemmeno quando annunciava di esser prossimo a fare una carneficina.
La seconda coincidenza è la società che ha noleggiato i due veicoli, azienda commerciale che utilizza una “app” particolarmente diffusa e utilizzata negli Stati Uniti. L’elemento informativo non contribuisce alle attività investigative, ma ribadisce quel che abbiamo purtroppo imparato con quel dannato 11 settembre 2001. Chi vuole colpire non ha bisogno di dotazioni paramilitari, ma arriva a bersaglio con strumenti fino all’ultimo istante innocui e destinati ad altro scopo.
Nel 2016 a Nizza e a Berlino due stermini sono stati realizzati lanciando camion sulla folla. L’anno successivo l’uso di veicoli per seminare morte lo si è visto a Stoccolma, a Londra, in Spagna a Cambrils e a Barcellona, in Canada a Edmonton…
L’elenco è fitto e arriva ad oggi con il mercatino di Magdeburgo il 20 dicembre scorso.
La tragica lista fa vacillare l’imprevedibilità, almeno per quel che riguarda il “come”. Resta la sfilza di interrogativi sul “dove” e “quando”. Il “chi”, purtroppo, è ancor più irrisolvibile perché chiunque può tramutarsi in terrorista o, semplicemente, passar per tale solo dando sfogo alla follia sottovalutata o non presa in considerazione da chi poteva fermarne l’evoluzione.
La sensibilità di tutti è la miglior sensoristica per rilevare i focolai destinati a tramutarsi in drammatici roghi. Il freno parte dal basso.
Non ci si aspetti nulla dai fornitori di miracoli tecnologici ed economici che tanto piacciono e vanno di moda.
Elon Musk, alla notizia che a Las Vegas era una Tesla l’auto fatta esplodere, si è affrettato a dire che all’origine del “botto” non c’era alcun guasto o problema imputabile al costruttore del veicolo, cioè lui. Niente di più.
Il 2025 ci riservi altra gente. Il destino sarà solo una piacevole conseguenza.