Leggevo ieri su una testata online asiatica (il vantaggio del fuso orario), che per l’imminente bando di TikTok da tutto lo spazio digitale statunitense, ci sono due ipotesi plausibili, la prima: la creazione o riutilizzo mirato, di un’app social che, in qualche modo, svolga lo stesso “mestiere” per i cinesi, e qui la candidata numero uno è la piattaforma Xiao Hong Shu (小红书), ne parliamo dopo, oppure, la seconda ipotesi: (boom!), che Elon Musk, ignorando la probabile imminente sentenza di bando della corte suprema statunitense, lanci una proposta d’acquisto entro il 19 gennaio e diventi il padrone di TikTok. Quest’ultima ipotesi mi ha lasciato alquanto interdetto, e men che meno dubbioso sulla fondatezza dell’informazione, finché il vantaggio del fuso orario non si è esaurito e, con mia sorpresa, ho letto persino sul Times: “Perché Musk, cowboy dello spazio, dovrebbe comprare TikTok”.
Dunque è tutto vero!? Il candidato Doge del Mondo, l’apoteosi del sogno americano, un Sudafricano che ha conquistato l’America, la versione 1.0 dell’Homo Deus di Yuval Noah Harari, si è davvero fatto avanti per conquistare l’Est!
Qual è stavolta il palcoscenico? Qual è stavolta il ruolo del primo ballerino del mondo, Musk? Salvatore della libertà di espressione americana, ponte perfetto per placare le tensioni tra le due superpotenze mondiali, o c’è dell’altro?
TikTok, non è solo video di balletti o politici italiani in campagna elettorale; è una vera e propria macchina da dati, e i dati, sono il petrolio del XXI secolo. La Cina detiene una “golden share” in ByteDance, la società madre di TikTok, che garantisce al governo cinese un controllo strategico sulla piattaforma e, soprattutto, sul suo preziosissimo algoritmo del feed. Questo tesoro tecnologico è il cuore della questione: Pechino non ha alcuna intenzione di cederlo, ma sa che il bando americano è una minaccia concreta.
Ecco allora che entra in gioco super Musk, l’iron man di Trump, l’imprenditore con un piede in ogni continente (e uno nello spazio). Ricordiamoci che Tesla ha una fabbrica mastodontica a Shanghai e dei buoni, fino ad adesso, rapporti con il governo cinese. Potrebbe essere lui l’Ambasciatore Universalis per un affare che potrebbe riequilibrare i rapporti tra le due superpotenze. Acquisire TikTok significherebbe non solo espandere la sua raccolta dati, ma anche trasformare la piattaforma X (ex Twitter) in una macchina da guerra pubblicitaria globale. Certo, restano ombre e critiche, con accuse di “bullismo economico” da parte della Cina e sospetti di conflitti d’interesse negli USA. Tuttavia, Musk sembra navigare questa partita con il suo consueto equilibrio tra affari, geopolitica e un pizzico di follia.
Insomma, mentre Trump ritarda il bando di Tik Tok e ByteDance combatte la sua battaglia legale, Musk potrebbe davvero mettere le mani su TikTok. Sarebbe un’operazione commerciale o l’apoteosi della libertà di espressione? Forse entrambe. Forse nessuna. Il nuovo balletto di Musk è inziato? Siamo sicuri che i Cinesi siano così facilmente “acquistabili”?
Negli ultimi tempi, Xiao Hong Shu si è fatta strada come un caterpillar digitale, quale degna elegibile sostituta di Tik Tok, che è “il tempio dei giovani pigri”, spasmodici nel mostrarsi e fieri di confrontarsi a suon di selfie, poi evoluti in brevi video divenuti il manifesto dell’ego di una nuova generazione i “Quilibet Digitales”
Sebbene alcuni la considerino una piattaforma di e-commerce, la vera essenza e forza del “piccolo libro rosso” risiedono nei contenuti generati dagli utenti che ospita, rendendola più una vasta piattaforma di scoperta per i brand che un semplice canale commerciale. Fondata nel 2013, Xiao hong shu nacque come applicazione dedicata ai viaggiatori, offrendo raccomandazioni sulle destinazioni internazionali. Nel tempo, ha subito una trasformazione significativa, diventando oggi una piattaforma che si potrebbe descrivere come un incrocio tra Pinterest e Instagram, ma specificamente pensata per il contesto culturale e sociale cinese.
Dal punto di vista demografico, Xiao Hong Shu è largamente dominata da un pubblico colto, di buone condizioni economiche e prevalentemente femminile anche se c’è un aumento progressivo anche di utenza maschile. Questo in considerazione fa si che il target principale rimanga chiaramente definito. Gli utenti hanno un’età compresa tra i 18 e i 35 anni e provengono principalmente da città di primo livello, caratterizzandosi per un alto livello di istruzione, una mentalità globale e una spiccata sensibilità verso le tendenze internazionali. Questo rende la piattaforma un ambiente ideale per i marchi orientati al consumo, in particolare nei settori della bellezza e del lusso, che considerano la Cina un bel gran “field” da colonizzare.
Un aspetto distintivo di Xiao Hong Shu è la forte enfasi su immagini e video con post che sembrano cataloghi patinati ma arricchiti da recensioni dove gli utenti condividono ogni minimo dettaglio, dai prodotti ai luoghi visitati, una peculiarità, che rende la piattaforma un unicorno del marketing digitale.
I contenuti generati dagli utenti, alimentano il feed principale che è algoritmico, quasi telepatico, capace di proporre esattamente ciò che stavi pensando (o cercando di comprare). Anche gli annunci pubblicitari seguono questa logica iper-personalizzata, rendendo spesso, difficile resistere a non metter mano alla carta di credito. Piccoli commercianti e rivenditori si ritagliano il loro spazio, presenti anche grandi marchi, come Zara. Eppure, sono sempre i contenuti degli utenti a rubare la scena, monopolizzando traffico e attenzione. In fondo, Xiao Hong Shu è un po’ il diario segreto del consumismo, ma scritto a colpi di foto e hashtag.
Il tesoretto di dati dei quilibet resterà a disposizione nei server cinesi o finirà nel caveau dell’Homo Deus del Sudafrica?