Il 30 aprile 1969 viene pubblicato in Francia il romanzo autobiografico Papillon in cui l’autore Henri Charriere (Francia 1906 – Spagna 1973) racconta la crudele prigionia e i diversi tentativi di evasione di cui è stato protagonista dal 1931 al 1945, fino alla fuga definitiva dalla famigerata colonia penale francese dell’Isola del Diavolo.
Il venticinquenne Papillon – nomignolo che gli deriva dalla farfalla tatuata sul petto – dopo essere stato condannato all’ergastolo per un omicidio che non ha commesso, viene rinchiuso nella prigione della Conciergerie di Parigi, da dove è, dapprima, trasferito sull’isola francese di Saint Martin de Ré e, successivamente, mandato ai lavori forzati nella colonia penale della Guyana francese, tra Venezuela e Brasile.
Papillon non si oppone alla sentenza ma ripone testardamente ogni speranza di libertà in diversi tentativi di evasione, al termine dei quali viene puntualmente riacciuffato e rinchiuso in penitenziari con un regime via via sempre più duro. Conoscerà così la colonia penale situata sull’Isola di San Giuseppe, quella sull’Isola Reale, quella sull’Isola del Diavolo e, infine, il penitenziario di massima sicurezza El Dorado, in Venezuela.
Dal romanzo, nel 1973, fu tratto un omonimo film interpretato dai mitici Steve McQueen e Dustin Hoffman sotto la regia di Franklin Schaffner. Il grande successo riscosso dalla pellicola attirò, nei confronti di Henri Charriere, una buona dose di invidia nell’ambiente degli ex galeotti e dell’editoria.
Charriere fu accusato di aver riportato nel romanzo episodi in realtà vissuti da altri detenuti conosciuti in quelle carceri. Le attività di verifica sulla veridicità della storia hanno confermato che Charriere ha romanzato situazioni che hanno visto protagonista non solo Papillon ma anche altri reclusi. Esito alquanto immaginabile visto l’elevato numero di avventure alle quali molto improbabilmente avrebbe potuto partecipare e sopravvivere un solo detenuto, a meno che non avesse avuto le stesse vite di un gatto.
Alla fine della storia, Papillon riesce a fuggire dall’Isola del Diavolo gettandosi dalla scogliera e facendosi trascinare verso la libertà dalla corrente aggrappato a una zattera di fortuna.
La metafora della zattera o, meglio, della capacità di galleggiare degli italiani è stata utilizzata dal Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) per descrivere la situazione sociale del Paese nel suo 58° Rapporto, presentato lo scorso dicembre.
Di fronte a nuovi scenari mondiali e tecnologici, galleggiare abilmente non basta più. Lo scorrere della storia impone alla società italiana profonde trasformazioni. “La trasformazione del comparto industriale, condizionata dalla fragilità di molte filiere globali e dal rallentamento dei principali attori europei, in un quadro di crescente incertezza internazionale, apre a processi di innovazione e di investimento”, scrive il Censis. Il rischio è che “dopo la vigorosa ripresa post-pandemia, peraltro eccezionalmente sostenuta dall’indebitamento pubblico, le prospettive di crescita dell’Italia si vadano rapidamente annuvolando” e già si intravede “una progressiva marginalizzazione dell’Italia e dell’Europa… In questi mesi, le nazioni europee più grandi e avanzate hanno mostrato molte fragilità in campo economico e sociale, come nell’espressione di leadership finanziaria, industriale, amministrativa”.
Tornando alla metafora della zattera, il Censis dice: “Nell’acqua insipida è più difficile restare a galla: se il fluido nel quale siamo immersi cambia densità, o aumentiamo lo sforzo o andiamo giù”. “Il nodo di come sostenere il progresso della società italiana non può più essere rinviato”, prosegue il Censis affermando che “le abbiamo provate tutte: i governi tecnici, dei migliori o di transizione; i governi sovranisti o populisti; la devoluzione dei poteri e l’autonomia differenziata; l’antipolitica asfaltante” … e … “i governi di capipopolo che decidono per tutti battendo i pugni sul tavolo”.
Tutto questo non basta più. E il 2024 si è chiuso lasciando “l’amaro sapore di una politica tutta giocata sul gusto non di fare, ma di essere politici”.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti: il Paese non è più in corsa per lo sviluppo né lo è l’Unione Europea che resta intrappolata da se stessa; le élite non sono in grado di individuare una rotta che non sia dettata da forze esterne e, comunque, soffrono di scarsa immaginazione; la produzione industriale è in calo per il 22° mese e i risparmi degli italiani stanno subendo una continua, inarrestabile erosione.
Su quest’ultimo aspetto, per pudore, è preferibile non ricordare dove Papillon conservava i suoi risparmi. E’, però, preferibile tenerlo a mente. Tanto per essere pronti.
Con la classe politica che ci ritroviamo, non è da escludere che vada a finire così.
“La nostra condizione terrestre è un pellegrinaggio” era scritto nella “Piccola Guida di Roma per i pellegrini del venticinquesimo Giubileo” del 1950...
Leggi tutto