Molti Presidenti statunitensi hanno enunciato una loro dottrina coprendo un arco temporale di due secoli. La prima fu quella, nel 1823, del Presidente MONROE (1758-1831). Negli Stati Uniti la “dottrina politica” rappresenta qualcosa di più solenne rispetto ad una “politica”; è quasi una professione di fede, l’enunciazione di linee fondamentali, un messaggio lungamente maturato per toccare le intime coscienze collettive. Non è solo un documento, ma un coacervo di teorie sovrapposte l’una all’altra.
Tutte le dottrine sono state influenzate da un’impronta religiosa, una convinzione di superiorità, una fortissima autocoscienza; il “destino manifesto” percorre tutta la storia statunitense.
Quale è la dottrina di Trump? Per il momento non l’ha scritta, forse non lo farà, ma i primi atti firmati e quanto promesso, prima e dopo la sua elezione, non lasciano spazi a particolari dubbi. Una supremazia mondiale per fare l’America più grande, una nuova età dell’oro che la porterà su Marte dove piantare la bandiera a stelle e strisce. Un dirigismo mondiale dove vengono, di fatto, stracciati gli accordi internazionali come quello sul green deal. Vengono imposti dazi a livello planetario e preannunciate invasioni di Paesi stranieri. Ricordiamo che ha parlato di Canada, Groenlandia e Panama. I primi dazi incrementati sono quelli verso il Messico ed il Canada, per aggredirli economicamente. Per Panama non è escluso che stia pianificando un attacco. Una supremazia espansionista a livello economico e, speriamo di sbagliare, anche territoriale. Per i dazi sicuramente la partita non è finita con il primo giorno di presidenza, caratterizzata da firme di atti coram populo per dare spettacolarità ai suoi provvedimenti con tratti di penna giganteschi. Gli immigrati clandestini non verranno espulsi ma “deportati”, termine che evoca un tremendo passato segnato dall’olocausto. Ha però graziato gli assalitori di Capitol Hill, forse perché fomentati da lui? Si ritira dall’OMS e blocca la tassa per i Big Tech, tutti in prima fila alla cerimonia inaugurale. Un plateale ringraziamento?
Nel tempo, nelle posizioni degli USA vi è una costante impronta religiosa, una convinzione di superiorità, una fortissima autocoscienza; il “destino manifesto” caratterizza la loro storia sin dai pionieri alla conquista dei territori del far west. Gli USA reputavano che fosse una funzione necessaria, in virtù del “destino manifesto”, che li spingeva a portare la libertà ed a ristabilire l’ordine in altri Paesi; era un “manifesto dovere” per gli USA. Nel tempo, una costante impronta religiosa, una convinzione di superiorità, una fortissima autocoscienza ha pervaso la storia statunitense ponendo le basi del suo imperialismo.
Ora Donald Trump, riferendosi all’attentato che gli procurò una ferita all’orecchio, dichiara di essere stato salvato da Dio per salvare gli Stati Uniti dal declino e ricondurli alla grandezza. Si ritiene, probabilmente, un eletto da Dio, un unto da Dio. La sua vittoria sembra voglia considerarla una investitura divina salvo che, nel passato, era il Papa ad investire i Sovrani. Trump fa tutto da solo poiché Dio è con lui. La formazione presbiteriana emerge nel suo, presunto, rapporto diretto con Dio, si sente un predestinato, scelto per realizzare la grandezza degli Stati Uniti. Veramente Dio ci salvi.