In Italia non si scherza. Non ci frega nulla se adesso gli mancheranno i gianduiotti o i ravioli al plin. Almasri è stato rimpatriato senza pietà.
Torino non poteva garantire la festosa residenza di un soggetto dai trascorsi insoliti, inadatta per clima ed eleganza alle più spartane località in cui “il comandante” era aduso soggiornare o dar sfogo diligentemente alla sua esuberante professionalità.
Noto indebitamente come il “torturatore di Mitiga”, in realtà era il gestore di una struttura residenziale in Libia dove accoglieva affettuosamente i migranti offrendo servizi simili a quelli di un nostrano Autogrill. I disperati non avevano nemmeno bisogno di chiedere ospitalità perché il cuore generoso di Almasri sentiva queste piccole necessità e innescava una opportunità indimenticabile a chi rifiutava animatamente – ma solo per complimento – i trattamenti riservati a chi veniva albergato.
E’ vero che il trattamento “all-inclusive” ha dato il via ad una serie di recensioni negative, ma chi parla di crimini contro l’umanità probabilmente esagera. La dependance delle confortevoli strutture penitenziarie di Tripoli alla “clientela” facevano vedere le stelle e ben più di cinque. Omicidi, violenze sessuali e torture sono “optional” che nessuna catena – nemmeno le più rinomate – è in grado di erogare agli avventori più esigenti.
Che ne può sapere più di Booking o di Trivago la Corte Penale Internazionale, al punto di far tesoro di qualche migliaio di recensioni negative da parte di soggetti che fanno sempre presto a lamentarsi?
Il fatto che Almasri fosse “ricercato” è stato interpretato dalle Autorità italiane nel suo significato più positivo, ovvero come persona attenta a ogni dettaglio nel vestire, nell’atteggiarsi o nel fare. Proprio in quest’ottica – ben interpretando la volontà collettiva di mantenere uno standard becero – l’Italia ha voluto allontanare un personaggio così raffinato e delicato.
Il ricorso ad un volo di Stato per il suo rimpatrio – criticato dalle solite opposizioni – è da considerarsi una oculata scelta. Fanno presto l’effervescente Renzi, l’inamidata Schlein e gli altri a parlare, sottovalutando lo sforzo delle nostre Istituzioni di resistere alla tentazione di trasferire il tizio con una nave militare con un centinaio di accompagnatori tra equipaggio e scorta fino al provvidenziale resort in terra d’Albania…
Le immancabili lingue biforcute parlano di un favore fatto alla Libia che, vedendosi restituire uno dei più famosi suoi protagonisti dell’intrattenimento della gente in transito, potrà ricambiare chissà come e chissà con cosa.
L’importante è che Almasri sia arrivato sano e salvo a casa, senza trasbordi stressanti, avendo tempo e modo di annunciare il suo rientro così da consentire ad amici, parenti e fan di giungere in aeroporto per accoglierlo gaudenti.
Deliziamoci con le immagini del suo sbarco dall’aereo tra la folla acclamante e immaginiamoci quali emozioni Almasri saprà regalare a donne e bambini che lo aspettano ansiosi nei centri di detenzione. Facciamo spallucce alle chiacchiere della Corte Penale Internazionale che – come ha detto qualcuno di importante – non è certo il Vangelo. Questa sì che è sovranità.