Laura Di Raimondo dal 2015 Direttore Generale di ASSTEL, Associazione di Confindustria che rappresenta l’ecosistema delle Telecomunicazioni italiane e dal 2019 collabora con la LUISS Business School per la progettazione, lo sviluppo, la docenza ed il coordinamento del Corso in “Nuove Relazioni Industriali” nell’ambito sia dell’Executive Programme “Organizzazione e Gestione delle Risorse Umane”, sia dell’Executive Master: “Gestione delle Risorse Umane, Organizzazione e Leadership” e del Custom Programme in “Relazioni Umane”; inoltre. E’ anche “Adjunct Professor e Faculty Member di Luiss Business School.
Oggi voglio riportare in questo mio articolo un recente intervento di mia figlia Laura alla Luiss sulla “Trasformazione digitale in atto” perché ritengo l’argomento trattato di valore generale e quindi anche interessante per i nostri lettori.
La trasformazione digitale sta investendo ogni aspetto della nostra società. L’intelligenza artificiale, l’internet delle cose, il cloud computing, il 5G e i big data stanno rivoluzionando il modo in cui le imprese operano, creando nuovi modelli di business e nuovi servizi. L’intelligenza artificiale è considerata uno dei principali fattori di cambiamento per il futuro, con un significativo aumento degli investimenti a livello globale. A tal proposto, da una survey condotta da NVIDIA, è emerso che il 66% dei professionisti del settore ITC prevede un aumento del budget destinato all’infrastruttura IA nel 2024, mentre il 42% prevede di investire nella GenAI. La competitività delle imprese e la capacità di generare valore dipendono strettamente dall’adozione di nuovi modelli di lavoro e dall’aggiornamento delle competenze professionali. In questo quadro, il ruolo delle competenze digitali diventa centrale. In Italia, il livello medio di competenze digitali è ancora inferiore rispetto alla media europea, e ciò rappresenta un ostacolo per la piena realizzazione della trasformazione digitale. Come rileva l’Istat in una ricerca sulle Competenze Digitali dei Cittadini, il nostro Paese è al 23° posto, circa 10 punti sotto la media europea. Le imprese italiane oggi attribuiscono grande importanza al concetto di formazione certificata e permanente, che avrà un ruolo cruciale per consentire alle persone di adattarsi ai cambiamenti anche in età adulta e alle aziende di abbracciare più agevolmente nuovi modelli organizzativi innovativi.
La trasformazione digitale ed in particolare l’impatto dell’IA non riguarda ovviamente solo i lavoratori di adesso ma interessa soprattutto le nuove generazioni. Per affrontare questa sfida sarà indispensabile una vasta collaborazione che parte dalla scuola, arriva dalle e nelle imprese, dotandosi di una “governance” tecnica e istituzionale di altissimo livello. Questa collaborazione deve tradursi sempre più in un impegno con una visione strategica a lungo termine nella scuola, negli Its Academy, nelle Università, soprattutto nelle materie STEM, promuovendo un modello virtuoso di partnership tra sistema educativo imprese e lavoro che funga da volano per l’innovazione e l’economia a vantaggio delle giovani generazioni, e soprattutto delle ragazze alle quali vanno offerte pari condizioni competitive. In questo contesto assume grande importanza il ruolo delle istituzioni nel semplificare le normative, promuovendo investimenti in ricerca e sviluppo e sostenendo la formazione nelle competenze digitali. La trasformazione digitale e l’approccio dei giovani al lavoro stanno anche cambiando i parametri che da sempre hanno connotato le organizzazioni del lavoro: da criteri oggettivi di carriera si stanno affermando criteri più soggettivi (reputazione, network relazionale, work-life balance, enjoyment e gratificazione personale). Questa progressiva transizione da modelli gerarchici/accentrati a modelli agili/decentrati deve essere accompagnata, attraverso l’adozione bilanciata di «modelli ibridi» di gestione che tengano conto delle caratteristiche e delle complessità delle aziende nelle quali convivono ormai ben 4 diverse generazioni. E’ necessario ripensare la «cassetta degli attrezzi» che – in prospettiva – andrà adeguata con strumenti nuovi capaci di rispondere ad esigenze di modelli organizzativi tendenzialmente sempre più liquidi.
Mi sembra che Laura abbia ben chiarito come ci si deve preparare con il personale, soprattutto nella scuola sulla formazione dei giovani, per meglio affrontare e supportare la trasformazione ormai in atto nel mondo della gestione delle imprese con l’ausilio dei nuovi sistemi tecnologici e degli algoritmi oggi disponibili. In questo è stata agevolata dal lavoro che sta sviluppando collaborando con la LUISS Business School attraverso i percorsi e i master post-laurea che hanno l’obiettivo di consolidare e ampliare le competenze e la visione strategica delle giovani generazioni che saranno i manager del prossimo futuro.
La conclusione di quanto finora scritto la voglio dedicare a dare un’occhiata ad alcuni dati relativi alla trasformazione digitale effettuata dalle nostre imprese negli ultimi quattro anni che risulta in costante crescita nelle previsioni fatte a fine dell’anno scorso. Restano le grandi imprese a fare da apripista nell’innovazione mentre le PMI fanno un po’ fatica ad adattarsi alla velocità dei mutamenti tecnologici e organizzativi. Infatti, risulta che gli investimenti programmati dalle aziende per la “digital trasformation” aumentano del:
– 45% nelle grandi imprese
– 23% nelle PMI.
Speriamo che questi dati migliorino in futuro se vogliamo allinearci a quelli delle aziende europee, perché questo processo permetterà alle aziende italiane di adattarsi e competere reagendo ai mercati in evoluzione e garantendo servizi migliori ai clienti.
Ciò potrà avvenire solo ed esclusivamente se sapremo attuare un piano straordinario sulle competenze sia delle nuove generazioni sia delle persone che oggi sono occupate nel tessuto produttivo italiano.