Nel primo pezzo di questa serie ho citato James T. Reason, lo psicologo britannico che ha ideato la “teoria del formaggio svizzero”, alla base di tutte le analisi di rischio.
Lo scienziato è venuto a mancare pochi giorni fa, il 5 febbraio scorso, e l’evento merita di anticipare (rispetto al piano di lavoro che mi ero prefissato) il ricordo delle sue teorie, ormai universalmente accettate nel campo della sicurezza in ogni comparto: dai cantieri edili, alla gestione di eventi e, appunto, all’aviazione.
Si, perché i suoi studi, incentrati sugli aspetti dell’errore umano e della gestione del rischio, hanno influenzato profondamente l’industria dell’aviazione, sottolineando in particolare l’importanza della comprensione del fattore umano negli incidenti.
Quella “sporca dozzina”
Reason, con felice rappresentazione, ha individuato dodici elementi di rischio ricorrenti legati al fattore umano come possibile minaccia alla sicurezza, tanto nell’industria dell’aviazione, quanto in ogni altro processo lavorativo o industriale complesso, e la necessità di doverli individuare e correggere quanto più in anticipo possibile per mitigare il tasso di rischio di ogni azione. Eccoli qui, tutti in fila (e sperando che non si allineino…), con gli elementi per mitigarli:
- Carenza di comunicazione: messaggi incompleti o poco chiari possono condurre a confusione. Assicurarsi che ogni dettaglio sia trasmesso dal mittente e ricevuto e compreso dal destinatario.
- Autostima, sicumera e compiacenza con se stessi: l’eccessiva confidenza nelle proprie capacità, o l’assunto che “nulla può andar male” sono pericolosi. È necessario stare sempre all’erta, anche (e soprattutto) nell’esecuzione di compiti ed azioni di routine.
- Carenza di conoscenza: lacune nella conoscenza (delle azioni che devi compiere) possono portare a decisioni deprecabili. L’addestramento costante per mantenere correnti le proprie abilità è fondamentale.
- Distrazione: distrarsi (o essere distratto esternamente) durante lo svolgimento di un compito è estremamente rischioso. Occorre focalizzare nuovamente l’attenzione prima di ricominciare, verificando di non aver tralasciato nulla.
- Mancanza di collaborazione: operare “in silos”, isolati dal contesto e dai colleghi (per esempio, l’equipaggio di condotta di un aeromobile) potrebbe portare a tralasciare dettagli anche importanti.
- Affaticamento: la stanchezza riduce efficienza ed acume. È fondamentale gestire con saggezza riposo, ore lavorative e livelli di energia individuali.
- Mancanza di risorse: non disporre dei materiali o delle attrezzature giuste porta alla scelta di percorrere “scorciatoie” inefficaci o pericolose. Assicurarsi che le dotazioni richieste per il lavoro da compiere siano disponibili, adeguate, aggiornate ed efficienti.
- Pressione: la spinta a raggiungere in fretta gli obiettivi (imposti o autodeterminati) compromentte sempre la sicurezza. Occorre sempre gestire le priorità per fare le cose “bene” e non “veloci”.
- Mancanza di assertività: l’esitazione nel parlare apertamente potrebbe far scivolar via questioni anche importanti. Essere fermi e sollevare dubbi quando si intravvedono potenziali problemi è fondamentale.
- Stress: alti livelli di stress impattano sulla concentrazione e sul modo con cui si assumono le decisioni. Saper gestire lo stress per mantenersi calmi e lucidi sotto pressione è fondamentale.
- Coscienza della situazione: la mancanza di “situational awareness” fa perdere la visione generale e i dettagli dei problemi da affrontare. È fondamentale porre attenzione all’evoluzione delle situazioni ed ai cambiamenti che avvengono intorno a noi.
- Prassi: fare le cose perché “si è sempre fatto così”, senza farsi domande, può perpetuare cattivi comportamenti. È opportuno rivedere regolarmente i processi, per cercare se possibile di migliorarli.
Insomma, una specie di “check list” del rischio (e vedremo in altre puntate l’importanza fondamentale di questo strumento…): ognuno di questi aspetti meriterebbe un articolo a parte: anche solo uno di essi potrebbe, se non mitigato dalle giuste e tempestive azioni correttive, causare un incidente. Il paradigma è valido in ogni campo d’azione, non solo in aviazione: pensiamo agli incidenti sul lavoro o agli infortuni stradali, per i quali, nella quasi totalità dei casi, uno o più di questi fattori (i “buchi del formaggio”) si sono allineati nelle varie fettine, che rappresentano le fasi o i soggetti variamente coinvolti o responsabili di un processo.
Insomma, tenendo a bada ”quella sporca dozzina”, possiamo assicurare la cosiddetta “cultura della coscienza” (non in accezione religiosa, quella va valutata se qualcosa va storto!), ovvero la “consapevolezza” di poter evitare o causare eventi di danno.
Nelle prossime edizioni, sempre ringraziando James T. Reason, torneremo ad occuparci di cosa può fare ognuno di noi, da normale cittadino, per aumentare la sicurezza dei nostri viaggi.